Diario di bordo

Mazda CX-5
Una settimana con la 2.2L Skyactiv-D 184 CV AWD Signature

Mazda CX-5
Una settimana con la 2.2L Skyactiv-D 184 CV AWD Signature
Chiudi

La protagonista del Diario di bordo di questa settimana è la Mazda CX-5 model year 2020, nella versione top di gamma Signature, equipaggiata con motore 2.2L Skyactiv-D da 184 CV e 445 Nm di coppia a 2.000 giri, in vendita a partire da 44.750 euro. Le novità di questo aggiornamento, che non ha introdotto modifiche estetiche fatta eccezione per i badge ridisegnati, riguardano l'introduzione del nuovo display da 8" per il sistema d'infotainment Mazda Connect, la nuova chiave d'avviamento, l'illuminazione interna a Led e i paddle al volante per i modelli con cambio automatico. Per quanto riguarda gli Adas, invece, la frenata automatica d'emergenza è ora dotata del sistema di riconoscimento notturno dei pedoni, mentre per le varianti con trazione integrale i-Activ Awd è stata introdotta la modalità di guida Off-Road. Fra gli optional (2.000 euro) dell'esemplare in prova c'è il cambio automatico Skyactiv-Drive a sei rapporti. Lunga 4 metri e 55, dispone di un bagagliaio con una capacità compresa fra 506 e 1.620 litri. La Casa dichiara una velocità massima di 211 km/h, un'accelerazione da 0-100 km/h in 9,3 secondi e consumi medi pari a 5,2 l/100 km nel ciclo combinato. Ricca la dotazione di serie, con climatizzatore automatico bi-zona con bocchette posteriori e sensore umidità, impianto Stereo Bose Surround Sound System con 10 altoparlanti, Mazda Connect con display centrale da 8", Hmi Commander, connettività Bluetooth, compatibilità con gli standard Apple CarPlay e Android Auto, navigatore satellitare, radio Dab con comandi al volante, presa Aux-in e quattro Usb (2 anteriori e 2 posteriori). Per quanto riguarda gli Adas, infine, sono inclusi i sensori anteriori e posteriori con videocamera, visuale a 360° e sistema di rilevazione del pericolo in uscita dal parcheggio, l'head-up display, il Cruise control adattivo, l'assistenza alla partenza in salita, il mantenimento attivo della carreggiata, il riconoscimento della segnaletica stradale e il sistema di monitoraggio angoli ciechi.

2020-mazda-cx-5-skyactiv-d-awd-14

Tutto al posto al giusto [Day 1]. La sensazione più netta al termine del mio breve test drive con la Mazda CX-5 è quella di un’auto completa, di quelle in grado di soddisfare tutte le esigenze di mobilità e di mettere a proprio agio chi la guida, fin dai primi chilometri. Dalle finiture ai rivestimenti, alla disposizione dei comandi non ho trovato nulla fuori posto. Il display dell’infotainment montato al centro della plancia, per esempio, è touch, ma si gestisce molto facilmente, e con meno distrazioni, dalla manopola (simil iDrive BMW) e dai tasti fisici posti sul tunnel, immediatamente sotto l’ampio bracciolo centrale. Una volta in marcia, al cruscotto a tre elementi circolari, che mostrano in maniera chiara tutte le informazioni che servono, si aggiunge l'head-up display; il sedile è confortevole e abbastanza ben profilato e le sospensioni assorbono bene la stragrande maggioranza delle sconnessioni stradali. Dietro, anche i più alti hanno aria sopra la testa e spazio per le ginocchia, ma è comunque meglio viaggiare in quattro, perché il tunnel in mezzo ai piedi ingombra e, soprattutto, la conformazione del quinto schienale è ridotta: una volta ripiegato si trasforma in un bracciolo porta bevande, con tanto di piccolo contenitore, tasti per il riscaldamento dei sedili e doppia presa Usb. Comodo anche il portellone elettrico, che dà accesso a un vano ampio, con un pratico sistema di sgancio che consente di ribaltare gli schienali del divano anche da dietro e ampliare il piano di carico. Davvero utile, infine, il sistema di assistenza al parcheggio, con lo schermo che si splitta in automatico: da un lato la vista anteriore o posteriore in base alla marcia inserita, dall’altro quella dall’alto a 360°, che restituisce un’impressione ancora più precisa degli ingombri, rendendo quasi superfluo il "bip" dei sensori anteriori e posteriori. Alessandro Carcano, redazione Mercato

2020-mazda-cx-5-skyactiv-d-awd-29

Digital detox [Day 2]. Il marketing si diverte a coniare termini di cui non sempre abbiamo bisogno ma che hanno una particolare efficacia, tanto da entrarci in testa, volenti o nolenti. Cito un esempio personale: “digital detox” (letteralmente “disintossicazione digitale”). Ho sentito questa espressione qualche giorno fa riferita a un’auto tedesca e mi è tornata in mente guidando la Mazda CX-5 del diario, che una volta seduto al volante non tenta di sorprenderti con effetti speciali, schermate fluorescenti e soluzioni digitali dominanti: una tendenza sempre più in voga, specialmente tra le Suv. La giapponese preferisce piuttosto incanalare la fruizione della strumentazione e dell’infotainment in un’esperienza analogica che in movimento impone, nonostante l’8 pollici sulla plancia sia un touchscreen, di utilizzare soltanto i comandi del controller sul tunnel, contribuendo a tenere alta l’attenzione sulla strada di chi guida, fattore decisivo per la sicurezza. Così, nell’abitacolo manca un po’ di effetto-wow, che non farebbe male per coerenza con la sempre maggiore presenza scenica degli esterni plasmati dal design Kodo, ma nulla complica le mie operazioni di routine, che coinvolgono le app (Waze in primis) che ho sul cellulare, la cui integrazione è affatto problematica. Fortunatamente anche l’interazione con i comandi della CX-5 è sempre facile e intuitiva e la pulsantiera non somiglia a un mixer degli anni 90. L’atmosfera che si respira al volante di questa Suv, insomma, è rilassante anche quando ci si cala nei percorsi del casa-ufficio. E pace se non proprio tutto, a bordo, rappresenta lo stato dell’arte della tecnologia. A partire dal cambio automatico a sei rapporti: pochini al giorno d’oggi. Più morbido che reattivo, si sposa a un 2.2 litri turbodiesel rotondo e sempre pronto, che non esagera nell’alzare la voce e nemmeno “il gomito”, anche se i miei viaggi terminano con una media di 7,5 l/100 km, e certamente si potrebbe fare di meglio. Luca Cereda, redazione Online

2020-Mazda

Peccato quel rumore [Day 3]. Cent'anni e li dimostra tutti. Nel senso che la Casa di Hiroshima ha da poco festeggiato il secolo di vita e questa cospicua dose di esperienza - da un po' di tempo - sembra tradursi in prodotti più maturi ed equilibrati, senza conseguenze per quei tocchi di originalità che da sempre caratterizzano il brand. Il discorso vale anche per questo model year 2020 della CX-5, oggetto di leggere modifiche rispetto all’edizione precedente, che conserva la bella "presenza" fisica propria del modello, abbinata al rosso intrigante della carrozzeria, diventato ormai un segno distintivo (mi viene difficile immaginare di comprare una Mazda delle ultime generazioni che non sfoggi questa riuscita verniciatura). Infilatomi al posto di comando, ho modo di apprezzare tutto quello che mi circonda, che trovo facilmente al posto giusto: mi sento un guidatore coccolato da innumerevoli gadget, ed è bene che sia così trattandosi dell’allestimento Signature, al vertice della gamma. Tuttavia, quando spingo il tasto della messa in moto, avverto una nota stonata. Che la Skyactiv-D fosse diesel lo sapevo, ma sentirlo così chiaramente all’interno dell’abitacolo è un po' sorprendente. La situazione non migliora quando spingo sul pedale dell’acceleratore e il propulsore sale di giri. Un moderato disturbo - si badi bene - che svanisce non appena si raggiungono andature autostradali: ma da questo punto di vista, oggi si finisce per pretendere un po' più di attenzione. Sarà forse che, oggi, al diesel ci stiamo abituando a non perdonare niente… Emilio Deleidi, redazione Inchieste

2020-mazda-cx-5-skyactiv-d-awd-20

Tra cavallo e cavaliere [Day 4]. Punto primo: il colore. Io vengo dalla finanza e quindi per me il Soul Red Crystal è un benchmark assoluto. E su questo sono tetragono. Anche perché trattasi di nuance ottenuta via robot con una tecnica speciale e simil-artigianale che si chiama Takuminuri, espressione che già a pronunciarla suona come qualcosa di sinfonico in pentasillaba. Possiamo quindi discuterne quanto vi pare, ma nessuno riuscirà a convincermi che tra le automobili riservate alle tasche dell’umana gente ci sia una tonalità più bella. Cosa che peraltro non è ovviamente appannaggio della CX-5, visto che a cotanto splendore replicano a tono anche le altre vetture acquartierate a Hiroshima. Resta il fatto che più sono ampie le volumetrie, come nel nostro caso, e più il Soul Red diventa una categoria dell’anima. Almeno per me. Punto secondo: il progetto. Qui non siamo alla freschezza dell’appena colto. Secondo filosofie espresse e inespresse, sarebbe il forse il caso di aggiornare una piattaforma non più arzilla. C’è però il rischio che sia proprio la forma a diventare piatta I sacerdoti del Jinba Ittai, sanno che il legame tra equino e fantino (questo significa il motto giap) è una simbiosi inscindibile. È armonia, parola corposa che, nel mondo delle quattro ruote, trova un sinonimo scialbo nel termine confort. Chiamatela come volete, ma quella sensazione di abitare l’abitacolo e di guidare la guida, immedesimandosene, io la ritrovo ogni volta che salgo a bordo. E così anche i difetti, compresa la ruvidità ai bassi regimi del motore oppure il sistema di infotainment non proprio all’ultimo grido, diventano elementi familiari. Circostanze dissonanti, certo. Epperò, in fin dei conti, del tutto incapaci di farti perdere le staffe. Tra cavallo e cavaliere. Fabio De Rossi, vicedirettore

2020-MAzda

Un confort da premium [Day 5]. Di fronte a quel rosso così intenso e profondo non si rimane indifferenti. Sotto il pallido sole d'autunno, il Soul Red Crystal (questo il nome preciso) rimanda dei riflessi color rubino difficili da trovare su altre auto. Un colore, ormai, iconico per la Mazda che, più degli altri disponibili a catalogo, enfatizza le forme della CX-5 con giochi di chiaroscuro. Della Suv giapponese, però, c’è molto altro, come le sue gentilezze per gli occupanti. Una su tutte? Il confort di marcia, da vera premium. L'abitacolo è molto ben isolato dall’esterno, a qualsiasi velocità (ci sono i doppi cristalli su tutti gli sportelli, bisogna dirlo). Gli specchietti generano pochissimi fruscii e anche il rumore di rotolamento degli pneumatici si percepisce appena. Bene pure il cambio automatico a sei rapporti che entra in partita nel rendere la guida rilassante e fluida. Sul MY 2020 sono arrivati i paddle al volante, è vero, ma la sportività proprio non è il suo forte. Solo il motore, il diesel 2.2 da 184 CV, alza la voce quando gli si chiede il massimo, entro limiti più che accettabili, sia chiaro. A coccolare i padiglioni auricolari pensa un impianto della Bose che appaga gli audiofili, con bassi profondi e un suono pulito anche in alto. Se è vero che anche l’occhio vuole la sua parte, come si dice, la CX-5 non delude alla voce arredamento: materiali di pregio e assemblaggi curati alzano l’asticella della qualità percepita. A fare il pignolo, ho trovato un po' corta la seduta (che non si può allungare come su modelli della concorrenza) e la grafica del sistema infotainment, ormai, sembra un po’ datata. Marco Rocca, redazione WebTv

COMMENTI([NUM]) NESSUN COMMENTO

ultimo commento
ultimo intervento

Mazda CX-5 - Una settimana con la 2.2L Skyactiv-D 184 CV AWD Signature

Siamo spiacenti ma questo utente non è più abilitato all'invio di commenti.
Per eventuali chiarimenti la preghiamo di contattarci all'indirizzo web@edidomus.it