"La Formula Sae fa bene ai nostri studenti e al futuro dell’auto"
La Formula Sae è un avvincente campionato, dove una serie di aspiranti ingegneri, provenienti da diverse università sparse in giro per il mondo, si sfidano costruendo vere e proprie monoposto artigianali. Ed è proprio grazie a questa sana competizione che gli studenti hanno la possibilità di passare per la prima volta dalla teoria dei manuali di studio alla pratica dell’officina. Per questo motivo la Formula Sae rappresenta una bellissima “palestra”, dove nascono gli ingegneri che un domani saranno chiamati a contribuire al rinnovamento dell’industria automobilistica. In occasione delle gare finali, andate in scena sulla pista di Varano de Melegari, abbiamo avuto l’occasione di intervistare l’Ingegner Gian Paolo Dallara, una vera e propria colonna portante della Motor Valley italiana. I progetti della sua azienda, famosi in tutto il mondo, sono diventati una delle maggiori fonti di ispirazione per i ragazzi che prendono parte a questo particolare campionato.
Perché avete deciso di diventare main sponsor della Formula Sae?
Siamo orgogliosi di sostenere la Formula Sae perché è una categoria che permette prima di tutto un confronto tra culture diverse. Quest’anno per la prima volta c’era un team africano, che veniva dall’Egitto. Ed è bellissimo vedere come anche le squadre che erano partite con meno mezzi e poche risorse, come per esempio i team indiani o greci, oggi siano state capaci di raggiungere grandissimi risultati.
Ma non è tutto qui…
Certamente. Quello che mi rende più soddisfatto della Formula Sae non è soltanto la continua crescita dei ragazzi, ma anche l’incredibile entusiasmo che riesco ancora a sentire per l’automobile. La mobilità individuale è stata la più grande conquista del secolo scorso e questi ragazzi se la vogliono tenere stretta. Per farlo sanno benissimo che dovranno studiare auto sempre più sicure, connesse ed efficienti.
Oltre alla competizione c’è spazio anche per crearsi delle opportunità di lavoro reali?
Assolutamente sì. Almeno il 50% dei ragazzi che entrano in Dallara provengono proprio dalla Formula Sae.
Nella Formula Sae si sperimenta anche la mobilità elettrica, eppure c’è chi dice che le auto a batterie appiattiranno la progettazione. C’è ancora spazio per distinguersi e fare la differenza in questo campo?
L’auto elettrica non sarà una specie di cellulare, dove basta attaccare la spina per ricaricare la batteria. Progettare questo tipo di veicoli sarà ancora più complesso, perché diventerà sempre più importante abbattere i consumi di energia, in modo da aumentare l'autonomia. E questo si otterrà soprattutto attraverso la ricerca aerodinamica e la riduzione del peso, due campi a cui la Dallara dedica già gran parte delle proprie risorse. La ricerca ingegneristica diventerà ancora più necessaria e sarà sempre più raffinata.
Gli ingegneri dell’auto sono un po’ diversi dagli altri. Nel loro caso, solitamente, la componente della passione è fortissima, non è vero?
La passione c’è ed è davvero sconfinata. A tutti questi ragazzi piace occuparsi dell’automobile e questa è una molla importantissima. Anche perché oggi c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare, non è più come una volta quando si rimaneva fedeli solo alla meccanica. Il mondo dell’auto sta cambiando alla velocità della luce e proprio per questo la Formula Sae presto inizierà a coinvolgere anche progetti per la guida autonoma.
Qual è il consiglio che si sentirebbe di dare a uno studente che sogna di lavorare nell’industria automobilistica?
Il mio consiglio è di buttarsi nella Formula Sae, ma solo se si ha davvero tanta passione. È una strada che implicherà tanti sacrifici, perché l’impegno è veramente importante e si rischia quasi sempre di saltare qualche esame. Chi vive la Formula Sae però arriva ad avere la consapevolezza che la propria passione può essere realmente apprezzata. Queste gare fanno bene ai nostri studenti e al futuro dell’automobile.
Dallara sta per presentare il suo primo modello. Anche lei, in un certo senso, è tornato “studente” per realizzare questo progetto?
L’evoluzione tecnica degli ultimi anni è talmente travolgente che il mio tasso di apprendimento è più vivace ora, a 80 anni, rispetto a quando andavo all’università. Ma, prima che fosse troppo tardi, volevo fare una vettura in grado di dimostrare tutto quello che abbiamo imparato in questi anni alla Dallara. Chiamarla vettura forse è esagerato, visto che non avrà nemmeno le portiere. Però quest’auto nasconde un grandissimo studio aerodinamico.
Non è che poi ci prendente gusto a presentare modelli stradali?
No, non corriamo questo rischio, perché non vogliamo diventare dei costruttori di auto stradali e porteremo avanti solo una piccola produzione di questa vettura (non più di 100 esemplari all’anno, ndr). Questo progetto è prezioso perché ci ha permesso di capire quanto siano cambiati i veicoli dal punto di vista della dinamica, dell’elettronica e della sicurezza. È stata un’altra bella lezione per me e per tutti coloro che ci hanno lavorato. È stato proprio un bel “compito a casa” per tutti gli uomini e le donne della Dallara.
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