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Auto e... bionde
Quando a fumare erano le macchine

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Quando a fumare erano le macchine
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Ci sono stati anni in cui i dottori dicevano che facesse persino bene, fumare. Anzi, che alcuni marchi (leggi Camel), fossero addirittura più salubri di altri. Era un periodo di esagerazioni, iperboli, cantonate mediche. Boom più o meno economici e demografici. Tempi in cui macchine e moto da corsa si riconoscevano per il colore delle livree, più che per la casa costruttrice. Ecco la Rothmans di Wayne Gardner (Honda), la John Player Special di Senna (Lotus) o le invincibili Marlboro (Honda, Ferrari). Al tempo, l’industria del tabacco era una fabbrica per far soldi. Facili. Fumavano tutti, e dappertutto. Macchine comprese.

Bastava piazzare in bella mostra un marchio di un produttore di tabacco e vincevi sempre. Se non altro, nella comunicazione. In pista c’erano appunto le Formula 1 di prima, ma anche in fuoristrada questo marketing non perdeva mai aderenza. Prendi il successo del Camel Trophy o la bellezza delle Elefant Lucky Explorer di Orioli alla Dakar. Poi i tempi sono cambiati e il vento è girato. E tutto quell’impero che sembrava incrollabile è andato, verrebbe da dire prevedibilmente, in fumo.

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Ma oggi, anno del Signore 2023, questa Giornata mondiale senza tabacco dovrebbe stimolare una pausa di riflessione. Perché se chi può ricordare cose successe all’inizio del secolo scorso è ormai merce rara, Covid e lockdown dovrebbero averci insegnato qualcos’altro. E cioè che le crociate, un po’ come gli esami, non finiscono mai. L’ordine del giorno, quindi, non dovrebbe essere cosa si è perso con il tramonto (almeno pubblicitario) dell’impero del tabacco, ma come sia arrivato al potere un manipolo di venditori di fumo come quello... Per evitare che ci sia, come dire, l’ennesimo ritorno di fiamma.

Allora, com’è successo? La risposta è semplice: il business. I dané, gli schei, la pecunia. Insomma i soldi, i dividendi, le azioni (e intendo quelle buone da incassare, non quelle che ci si ripromette di fare). Per il tabacco, i faciloni danno ancora la colpa a Cristoforo Colombo, alle sue Indie e alla mania di aver riportato a casa tutte le stranezze del nuovo mondo. In realtà, quello che è stato il tabacco nella seconda metà del 900, la religione lo è stato per un bel po' di secoli. Quando le tute del tempo erano ancora le armature dei cavalieri, e sulle mantelle comparivano croci e non cammelli o gitane(s). Poi sono arrivate le ideologie. Le armature diventano camicie, rigorosamente nere, e gli stendardi fazzoletti. Rossi. Altri sponsor, altra corsa! A questo punto, sarebbe bello vedere, tra 40 anni, quale giornata mondiale sostituirà quella contro il tabacco. Quale fede contemporanea avrà segnato il passo? Chi vivrà, vedrà. E forse riderà.

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