Stop agli investimenti se non per le manutenzioni
Suona come una dichiarazione di guerra il comunicato emesso al termine della seduta straordinaria odierna del consiglio di amministrazione di Atlantia, la holding che controlla Autostrade per l’Italia. Il consiglio, preso atto che “non è ancora pervenuta alcuna risposta alla proposta formale inviata da Aspi al ministero delle Infrastrutture lo scorso 5 marzo, al fine di trovare una soluzione condivisa relativamente ai procedimenti di contestazione in corso ormai da quasi due anni” e della “situazione d’incertezza che continua purtroppo a protrarsi”, nonostante l’avvenuta conclusione dell’analisi del dossier da parte dell’esecutivo, rilevando come “tale contesto abbia determinato e continui a determinare gravi danni all’intero gruppo”, ha deciso di utilizzare le risorse destinate alla controllata per garantire solamente le manutenzione e gli investimenti per la sicurezza della rete, rinviando invece gli ulteriori investimenti che necessitano di dotazioni finanziarie. Il consiglio ha inoltre dato mandato ai propri legali di valutare tutte le iniziative necessarie per la tutela della società e del gruppo, visti i gravi danni subiti.
La questione del prestito. Sullo sfondo di questa decisione c’è, oltre all’impasse alla trattativa col governo per una soluzione alla revoca delle concessione avviata dopo il crollo del Ponte Morandi, la questione dell’erogazione del prestito concedibile alle imprese messe in difficoltà dalla pandemia da parte di alcuni istituti di credito con garanzia statale della Sace, previsto dal decreto Rilancio e richiesto, come già da FCA, anche da Aspi, sul quale un esponente del governo ha espresso di recente parere negativo. Affermazione, sostiene Atlantia, “basate su valutazione e criteri di natura ampiamente discrezionale e soggettiva verso chi sta dando un importante contributo allo sviluppo infrastrutturale del Paese, mediante un piano di investimenti di 14,5 miliardi di euro, dai rilevanti effetti sull’occupazione diretta e indiretta”. Il comunicato della società sottolinea come, durante il periodo del lockdown, il traffico sulla rete gestita abbia subito una flessione consistente, con punte dell’80%, che comporta perdite di ricavi stimate per il 2020 in oltre un miliardo di euro. Ciò induce la società, che conta 31 mila dipendenti (13.500 dei quali in Italia), a prendere in considerazione azione legali a difesa dei propri interessi, pur “continuando a confidare in una rapida e positiva soluzione della vicenda di Aspi”.
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