Addio alla Twingo e al segmento A
La Renault esce dal segmento A e dice addio alla Twingo, uno dei suoi modelli più popolari e longevi. La decisione è stata annunciata dall'amministratore delegato Luca De Meo alla rivista economica francese Challenges.
Standard troppo restrittivi. "La Renault abbandonerà il segmento A. È un peccato lasciare questo tipo di veicoli, ma le piccole auto a combustione interna spariranno a causa delle regole del gioco europee", ha spiegato il manager italiano, sottolineando come "l'inasprimento degli standard sulle emissioni di CO2 faccia risultare piuttosto difficile rendere redditizio un modello a benzina lungo 3,6 metri". E questo è, per l'appunto, il caso della Twingo. Si tratta, a detta di De Meo, di una situazione "un po' assurda", perché esiste ancora una domanda di mercato per le citycar.
Stop all'alleanza con la Daimler. Dunque, per la Twingo, da pochi mesi disponibile anche nella variante elettrica, non ci sarà una quarta generazione. Del resto, negli ultimi anni è venuto a mancare il sostegno garantito dalla collaborazione industriale con la Daimler. La terza serie della piccola Renault, lanciata nel 2014, è stata sviluppata assieme alle Smart forfour e fortwo sulla base di un accordo per la condivisione degli investimenti e dei costi di produzione, che non ha mai, però, soddisfatto gli auspici iniziali sul fronte della redditività a causa del calo costante dei volumi. Twingo e fortwo sono prodotte su una sola catena di montaggio presso lo stabilimento sloveno di Novo Mesto, che nel 2019 ha assemblato 123 mila vetture (meno di 90 mila per la piccola francese). Alle difficoltà del mercato si è aggiunta la decisione dell'azienda di Stoccarda di rivedere il proprio impegno sulla Smart e di cercare un partner in grado di sviluppare il marchio all'insegna dell'elettrificazione. La Daimler e la Geely hanno quindi creato una joint venture paritetica per la gestione del brand fondato nel 1996 e per la produzione, esclusivamente in Cina, dei nuovi modelli alla spina. La scelta strategica dei tedeschi ha determinato delle ovvie implicazioni sulla Renault. "Non siamo in grado di fare da soli un modello del genere", ha ammesso De Meo.
Segmento in contrazione. Le difficoltà della Losanga nel sostenere i costi di sviluppo e produzione di veicoli per il segmento A sono simili a quelle affrontate da altri costruttori, che hanno progressivamente abbandonato i loro modelli entry level. Basti qualche esempio: nel 2019 la Ford e la Opel hanno smesso di commercializzare la Ka e la Karl, mentre la Peugeot e la Citroën hanno di recente messo la parola fine alla storia delle 108 e C1. Non mancano, d'altra parte, motivazioni prettamente di mercato. La domanda, come ha dichiarato De Meo, è ancora di rilievo, ma la sua consistenza è ormai in calo da anni, soprattutto per la preferenza dei consumatori per veicoli di maggiori dimensioni. La quota di mercato delle citycar, secondo i dati della società di ricerche Ihs, è scesa dal 10% circa del 2010 a meno del 7% nel 2019. La stessa Twingo è andata incontro a una progressiva perdita di appeal sul mercato. La prima generazione, al debutto nel 1993, è stata prodotta fino al 2006 in circa 2,6 milioni di esemplari, quasi il triplo rispetto alla seconda generazione lanciata nel 2007: nonostante l'arrivo in gamma delle motorizzazioni diesel, infatti, è stata assemblata in 900 mila unità.
L'erede in gamma. La Twingo non avrà dunque un'erede, ma il gruppo Renault potrà comunque contare su un modello entry level in offerta. A sostituirla potrebbe essere la R5 elettrica svelata pochi giorni fa e prevista per il 2023, soprattutto se il prezzo sarà inferiore ai 20 mila euro come auspicato da De Meo. La candidata principale è, però, probabilmente un'altra. Si tratta della Dacia Spring, la crossover urbana in arrivo sul mercato il prossimo 20 marzo. Derivata dalla Renault K/ZE e prodotta in Cina, dovrebbe costare meno di 20 mila euro.
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