Senza autisti (e cisterne) la benzina scarseggia: chiusi i primi distributori
A breve, il Regno Unito dovrà affrontare un altro problema direttamente legato alla Brexit e alla pandemia di coronavirus: la carenza di carburanti. Diverse stazioni della Bp e alcune pompe gestite dalla Esso presso punti vendita Tesco, infatti, sono state chiuse a causa della mancanza di camionisti in grado di condurre le cisterne necessarie al loro rifornimento. Il governo di Londra ha cercato di ridimensionare gli allarmi su un possibile razionamento di benzina o diesel a pochi mesi dall’arrivo dell’inverno, ma intanto non ha escluso il ricorso alle forze armate in caso di peggioramento della situazione. Per ora, il problema rimane confinato ad alcune aree intorno alla capitale e nell’Inghilterra sud-orientale e il numero delle stazioni interessate è ancora esiguo: si parla poco più di un centinaio di strutture sulle 8.380 presenti sull’intero territorio nazionale. La situazione è però in divenire e rappresenta, in ogni caso, l’ennesima dimostrazione degli effetti negativi della Brexit su un'economia già costretta ad affrontare un rincaro dei prezzi dei carburanti ormai comune a tutta l’Europa.
Mancano gli autisti. I problemi logistici degli ultimi mesi non sembrano di rapida soluzione e si vanno ad aggiungere a ulteriori difficoltà affrontate dal tessuto economico britannico, a partire dal fortissimo rincaro dell’energia. Eppure, quando il Regno Unito è uscito dall’Unione Europea qualcuno pensava che le conseguenze non sarebbero state disastrose come paventato dai fautori del "Remain": del resto, l’economia ha continuato a correre anche dopo il referendum e nel bel mezzo delle trattative con Bruxelles sui futuri accordi commerciali. Purtroppo, la pandemia ha accelerato gli effetti della Brexit, soprattutto sul mercato del lavoro: nelle scorse settimane hanno fatto scalpore le immagini dei supermercati britannici vuoti, o la decisione di diverse catene di fast food di tagliare i menù a causa della mancanza di forniture stabili e regolari, determinata, a sua volta, dalla carenza di camionisti. In sostanza, l’intero sistema della logistica del Regno Unito è stato messo ko, perché migliaia di lavoratori stranieri hanno lasciato il Paese in seguito alla pandemia e non sono riusciti a rientrare per colpa delle nuove disposizioni su assunzioni e impieghi. Secondo le associazioni di categoria, mancherebbero circa 100 mila conducenti di mezzi pesanti su una forza lavoro totale di quasi 600 mila persone. Per la filiera della distribuzione di carburanti il problema è ancor più paradossale, perché le raffinerie funzionano a pieno ritmo ma non trovano i camionisti necessari per portare le autocisterne ferme sui piazzali fino alle stazioni.
Interviene l’esercito? Ora il governo sta valutando se ricorrere ai militari fino a quando non si sarà risolta la carenza di camionisti. Da Londra assicurano che si sta assistendo a una "graduale aumento" di nuovi conducenti grazie al miglioramento dei salari e delle condizioni lavorative proposti dalle imprese di trasporto. Intanto, però, la Road Haulage Association ha esortato l'esecutivo ad allentare le restrizioni sui visti per i lavoratori stranieri per alleviare la carenza di autisti. Anche perchè l’età media dei camionisti britannici è elevata e molti stanno approfittando della possibilità di anticipare la pensione. Dunque, le mancanze di personale sono destinate a perdurare nel tempo senza i lavoratori stranieri che hanno sopperito alla scarsa disponibilità dei cittadini britannici ad accettare lavori duri, faticosi e spesso sottopagati. Analoghe problematiche le stanno riscontrando i proprietari delle stazioni di servizio nel reclutamento di benzinai.
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