La filiera italiana e l’ombra cinese: "Difendiamoci con la neutralità tecnologica"
La filiera italiana dell’auto si può salvare solo con la cosiddetta “neutralità tecnologica”, ovvero un approccio che non consideri solo l’elettrico nel disegnare la mobilità del futuro, ma che preveda uno spazio anche per alternative come l’idrogeno, i carburanti sintetici e i biocombustibili come il biometano. L’ennesimo avvertimento sui rischi della transizione ecologica ed energetica a senso unico (solo in Italia si perderanno 73 mila posti di lavoro in pochi anni, a fronte dei 6 mila generati dall’elettrico), nonché i suggerimenti sulle possibili soluzioni per rendere il passaggio tollerabile dal punto di vista industriale e sociale, arriva dall’assemblea annuale dell’Anfia, l’associazione della filiera automotive, riunitasi a Firenze il 31 maggio. Emblematico il titolo, “Muoversi nel XXI secolo: whatever it takes (a ogni costo, ndr) - L'automotive tra sviluppo sostenibile, transizione energetica e nuovi equilibri internazionali”: una sorta di manifesto da cui Paolo Scudieri, presidente di Anfia e di Adler Pelzer Group, estrapola “il trait d’union di tutto”, ovvero l’atteggiamento non ideologico che governi e legislatori dovrebbero tenere nell’affrontare le sfide del futuro, in particolare la minaccia industriale della Cina. Il riferimento ai policy maker non è causale: l’occhio dell’intero settore è infatti puntato al 7 e 8 giugno, giorni in cui si terranno le votazioni al Parlamento Europeo sul Regolamento per le emissioni di C02 per auto e veicoli commerciali. Un passaggio fondamentale per capire dove andrà a parare il pacchetto Fit for 55, ovvero il progetto della Commissione europea per lo stop alle vendite di auto endotermiche nel 2035. E proprio su questo punto, da Firenze arriva un appello agli europarlamentari italiani: “Votino pensando anche agli interessi del proprio Paese, affinché il governo prosegua la collaborazione con le rappresentanze della filiera industriale nella definizione di una roadmap di decarbonizzazione della mobilità secondo un approccio realistico, aperto a più tecnologie e impegnato a sostenere gli investimenti e lo sviluppo di competenze specializzate sul territorio”.
Risalire la china. “Il mercato italiano ha avuto un picco positivo nel 2017, con quasi 2,2 milioni di immatricolazioni di autoveicoli, per poi subire un rallentamento nel 2018 (-3,2%) e nel 2019 (+0,5%) e arrivare, nel 2020, a un crollo del 26,6% a seguito della pandemia”, ha esordito Scudieri. L’Italia, su questa base, deve tornare ad essere un produttore significativo di autovetture. Il confronto coi competitor europei è impietoso: 442.432 auto prodotte in Italia nel 2021, contro i 3.104.600 della Germania, 1.662.174 della Spagna e abbondantemente dietro a Repubblica Ceca, Slovacchia, Regno Unito, Francia, davanti di poco solo alla Romania. “Da quinto produttore nel 2000 siamo diventati il settimo”, fa notare l’Anfia. “Bisogna raggiungere almeno il milione di vetture prodotte per offrire alla componentistica italiana un’indispensabile opportunità nel mercato domestico, necessaria sponda alle operazioni di internazionalizzazione coraggiosamente intraprese negli anni dalle nostre aziende”. Nonostante il pieno impegno nella decarbonizzazione, per Scudieri il punto imprescindibile è proprio la neutralità tecnologica, richiamata anche dal ministro della Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti: “Rivendico la mancata sottoscrizione del Cop26 da parte del governo italiano”, ha spiegato il ministro, difendendo il principio per cui sul piatto non c’è solo l’elettrico. “Non possiamo dipendere troppo dalla Cina per quanto riguarda la produzione di batterie. Deve essere una transizione accompagnata, tenendo conto dell’interesse nazionale, della domanda, ma rivoluzionando anche l’offerta con imprenditori che facciano la loro parte e uno Stato che offra strumenti per la riconversione industriale”. E qui, secondo Giorgetti, entrano in campo misure come i contratti di sviluppo, il fondo trasformazione industriale, le risorse di Cassa Depositi e Prestiti per le filiere innovative, come quella dell’idrogeno.
Uniti contro il dominio del Dragone. “La guerra mostra come la filiera sia tuttora estremamente globalizzata”, ha proseguito Scudieri. “Dall’Ucraina e dalla Russia arriva il 50% del gas neon usato nei laser per incidere i circuiti microchip. La guerra ha un impatto anche sul polo industriale dei cablaggi, che in Ucraina impiegava 60 mila persone in 38 fabbriche. La carenza di componenti sta creando chiusure di stabilimenti, dato che un veicolo può arrivare a contenere oltre 5 chilometri di cavi. Le sanzioni alla Russia hanno poi creato carenza di materie prime come il nichel e il palladio. Ci sono comparti che stanno lavorando in perdita. C’è poi la decisione della Commissione europea di riformulare i limiti delle emissioni delle flotte auto e dei veicoli commerciali: la proposta non dà nessun contributo, ma colpisce la filiera italiana e già l’Italia sconta tempi più lunghi per la ripresa”. In particolare, per il presidente dell’Anfia “il legislatore europeo vuole 'dismettere' completamente tutti i prodotti della sua filiera più importante per abbracciare una sola tecnologia, a oggi di totale dominio asiatico, creando in questo modo pericolosi squilibri non solo nel mercato, ma soprattutto in ambito sociale: verranno messi a rischio migliaia di posti di lavoro. in Italia ne abbiamo stimati circa 73.000 nei prossimi anni, quelli di chi, ad oggi, lavora solo nella produzione di componenti per veicoli a combustione interna, posti che non saranno compensati dalle circa 6.000 nuove posizioni che creerà la mobilità elettrica". Ecco perché, per Scudieri, le politiche ambientali europee e quelle di Roma dovrebbero avere un approccio realistico, ambientalmente ambizioso, ma socialmente compatibile e industrialmente competitivo: “Insieme al governo supportiamo gli investimenti in ricerca e innovazione, quelli produttivi, le riconversioni degli impianti e la riqualificazione dei lavoratori, spingiamo le imprese a fare squadra, ad aggregarsi per essere dimensionalmente e finanziariamente più forti, acceleriamo la diffusione della mobilità elettrica incentivando le produzioni nazionali di autoveicoli elettrificati, sviluppando una filiera italiana specializzata anche a monte delle gigafactory e un ecosistema infrastrutturale pubblico e privato”. Spiragli di un fronte unito e che potrebbe funzionare, sempre che a Bruxelles non si decida di mettere la testa nella bocca del Dragone. O che la Banca centrale europea non decida di alzare i tassi: “La nostra inflazione, diversamente da quelli degli Usa, deriva dai prezzi dell’energia, non da un eccesso di domanda”, avverte Scudieri. “Alzare i tassi porterebbe a una stretta sul credito deleteria per le imprese".
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