Industria e Finanza

Bando delle endotermiche
Fit for 55, il disastro della politica e un settore in allarme

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Il bando alle endotermiche diventa l'argomento centrale delle discussioni politiche ed economiche in tutta Europa, con la notizia del via libera al divieto proposto dalla Commissione europea ripresa dalle prime pagine di tutte le principali testate italiane e continentali. Ieri l'Europarlamento ha votato a favore dello stop alla vendita di veicoli a combustione per il 2035, ma la lunga giornata di votazioni ha dimostrato una forte spaccatura tra i gruppi parlamentari, al loro interno e, soprattutto, in seno alla maggioranza che sostiene l'attuale presidente della stessa commissione, Ursula Von der Leyen.

Allarmi inascoltati. Se il bando è un argomento politico di primo piano, è l'industria dell'auto a rinnovare gli allarmi che vengono lanciati da mesi sulle conseguenze della fine di una delle tecnologie chiave dell'industria italiana ed europea: ieri, il primo rappresentante del mondo dell'auto a commentare il via libera è stato Giorgio Marsiaj, presidente dell'Unione Industriali di Torino, una delle città simbolo della produzione automobilistica mondiale. Per Marsiaj, il voto parlamentare rappresenta "un durissimo colpo per il settore automotive", "ribadisce un'impostazione ideologica a favore dell'elettrico e pone in serio rischio la filiera dell'auto italiana e continentale". Infatti, la scelta dei parlamentari europei "non prende in considerazione un comparto produttivo fondamentale e strategico per le economie europee" e "mette in serio pericolo, come evidenzia Anfia e come ribadiamo da tempo, 70 mila posti di lavoro". "Il doveroso e condivisibile rispetto per l'ambiente - osserva ancora l'imprenditore piemontese - non può e non deve compromettere il futuro dell'automotive: la totale e troppo affrettata eliminazione dei motori endotermici, anche con carburanti alternativi, è un modo preconcetto di affrontare la questione, come ha recentemente ribadito anche il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti. Ci uniamo all'appello del comparto affinchè gli altri organismi comunitari che devono ancora esprimersi si rendano conto che non è questa la strada della ragionevolezza".

La reazione dell'Acea. Nuovi timori sono stati espressi anche dall'Acea, che già da tempo sta rivolgendo alle istituzioni chiari avvertimenti sulle conseguenze di una svolta impostata sui divieti, sull'assenza di un approccio improntato alla neutralità tecnologica e su una strategia chiara sul fronte dell'infrastrutturazione al servizio della mobilità elettrica. Da una parte l'associazione accoglie con favore la decisione dell'Europarlamento di confermare gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2025 e al 2030 e quindi di fornire "certezze" a un settore che deve programmare investimenti multimiliardari, dall'altra si evidenziano una serie di problematiche: "Gli obiettivi sono già estremamente impegnativi e raggiungibili solo con un massiccio aumento delle infrastrutture di ricarica", avverte l'associazione, sottolineando inoltre che la trasformazione del settore "dipende da molti fattori esterni”. A preoccupare è soprattutto il fatto che i legislatori abbiano "votato per scolpire nella pietra” il target delle zero emissioni al 2035. “L'industria automobilistica contribuirà pienamente” agli obiettivi europei, ha affermato il presidente Oliver Zipse. Tuttavia, osserva il manager tedesco, "data la volatilità e l'incertezza che stiamo vivendo ogni giorno a livello globale, qualsiasi regolamentazione a lungo termine che vada oltre questo decennio è prematura in questa fase. Al contrario, è necessaria una revisione trasparente a metà strada per definire gli obiettivi post-2030: tale revisione dovrà prima di tutto valutare se l'implementazione dell'infrastruttura di ricarica e la disponibilità di materie prime per la produzione di batterie saranno in grado di tenere il passo del continuo e rapido aumento della produzione di auto a batteria”. 

Concessionari preoccupati. Anche i concessionari di Federauto, pur sostenendo "in linea di principio", il pacchetto 'Fit for 55', hanno espresso tutta la loro perplessità, ritenendo "sia necessario un approccio più realistico, che tenga conto degli interessi di tutti gli stakeholder e dei consumatori, basato su di un mix tecnologico che abbracci tutte le soluzioni tecnologicamente compatibili" e chidendo che la decarbonizzazione dei trasporti non sia "socialmente ed economicamente dirompente". L'associazione evidenzia quindi i "rischi critici per l'intera filiera" legati ai recenti sviluppi geopolitici o macro-economici e la minaccia di "creare nuove dipendenze da materie prime e batterie, mantenendo la creazione di valore al di fuori dell'Europa". Ecco perchè si chiede "un periodo di transizione adeguato" per preparare le attività "alle sfide imminenti e garantire così manutenzione e riparazione altamente qualificate per le auto di domani". Infine, viene rivolto un appello al governo per sostenere "una revisione della decisione secondo un approccio più realistico e concreto, che tenga anche conto della posizione delicata della filiera automotive e delle gravi conseguenze che essa arrecherà al mercato interno e a tutta l'economia italiana".

Parlamento spaccato. In questo contesto non può passare in secondo piano quanto avvenuto ieri a Strasburgo. I deputati europei hanno sì approvato un emendamento bipartisan per concedere delle deroghe ai produttivi di nicchia, come quelli della Motor Valley, nonché la richiesta di includere il criterio del life cycle assessment nella verifica delle emissioni, ma hanno anche respinto diverse altre proposte, come la riduzione dal 100% al 90% dell’obbligo al 2035 per le vendite di auto a zero emissioni, così come è stata bocciata la proposta di prendere in considerazione i biocarburanti. Non è questo, però, che dimostra la spaccatura del parlamento, bensì l'esito di altre votazioni. L'assemblea ha, infatti, votato contro la riforma del mercato delle quote di emissioni Ets e quindi di due norme collegate di vitale importanza, soprattutto per perseguire i propositi della Commissione europea per un transizione più equa e per rendere il Vecchio Continente il punto di riferimento per gli standard ecologici. Non sono stati approvati i testi sul Fondo sociale per il clima, destinato alle fasce di popolazione più vulnerabili ai cambiamenti climatici e alle conseguenze della stessa transizione, e il Cbam, il meccanismo per imporre dei dazi sull'importazione di prodotti non conformi ai parametri europei. Le posizioni e le contrapposizioni dei vari schieramenti hanno, quindi, dimostrato la spaccatura all'interno della maggioranza Ursula, composta da Popolari, Socialisti e Renew Europe. Se ne dovrà tenere conto nelle prossime settimane, quando, ai sensi dei trattati sul funzionamento dell'Unione, la proposta della Commissione diventerà argomento di discussioni del cosiddetto trilogo, il processo di trattative formali e informali tra Strasburgo, Bruxelles e i vari Paesi membri. E questo senza considerare un'altra spaccatura, quella tra i vari schieramenti politici che in Italia sostengono il governo Draghi.  

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