Umberto Palermo: "Vi svelo in anteprima la versione nata dal confronto con gli automobilisti"
Quando Umberto Palermo, designer indipendente e imprenditore piemontese (in realtà è siciliano, ma il Piemonte è stato la sua casa da quando era ragazzo), ha presentato per la prima volta la Mole Urbana, una macchinina omologata come quadriciclo, le reazioni del pubblico sono state le più diverse: stupore, condiscendenza, simpatia, scherno… Quattroruote è stata, nei media, tra i primi a intuirne la razionalità e l’intelligenza: comunque la si pensasse sull’estetica di quel parallelepipedo appoggiato su grandi ruote che rievocava le automobili degli anni 10 del secolo scorso, esso era frutto di un progetto pensato. Era il 2020, l’Europa in pieno lockdown, e qualcuno cominciava a chiedersi se e come quel che stava accadendo avrebbe avuto riflessi duraturi sul modo in cui ci muoviamo all’interno delle città. “Era chiaro che ci sarebbe stato un prima e un dopo pandemia e che l’impatto sulle abitudini di vita, in primis sulle modalità di spostamento delle persone, sarebbe stato radicale. Ho fatto la Mole Urbana con un sogno in testa, che un giorno si possa dire: guarda come il design ha dato una risposta concreta a quella che è un’esigenza, la nuova mobilità”, dice l’imprenditore. La sua risposta è un veicolo semplice, economico da costruire (e da acquistare) e versatile nei suoi impieghi.
Palermo, solo un dubbio: è proprio sicuro che ci sia mercato?
Vi darò qualche semplice dato. Durante la pandemia il settore dei quadricicli si è contratto solamente del 4% contro una flessione del 90% delle vendite di automobili. Le ultime previsioni di crescita per il segmento erano del 30% annuo. Sbagliate. Se nel 2020 il mercato è stato di seimila unità, nel 2021 la sola Citroën Ami ha fatto settemila pezzi, cioè ha raddoppiato il peso della categoria, facendo registrare così una crescita del 100%. Adesso stanno per arrivare la Renault, con un grosso progetto annunciato da De Meo, e la Seat, un vecchio progetto sempre di De Meo… Insomma, le Case ci si stanno infilando.
Beh, sicuramente l’Ami rappresenta un buon viatico per un ambito, quello della mobilità urbana, destinato a diventare sempre più importante…
L’Ami sta andando benissimo. Del resto è carina, simpatica, personale. Certo, difetti ne ha, eh… Pensate che si trovano, anche sui social, post tipo il tutorial per come sbrinare il parabrezza. Ma per una cosa del genere, una volta avresti sputato in un occhio a una casa automobilistica… Oggi non è più così. Alle nuove generazioni non gliene frega nulla di tutto quello che gli abbiamo raccontato. Oggi c’è il tutorial su come sbrinarsi il vetro… è cambiato tutto.
Ma se le grandi Case entrano in forza, magari anche senza la qualità associata ai loro prodotti più maturi, che spazio può esserci per un progetto come il vostro?
Sul piano dei numeri, non ci mettiamo in concorrenza con le Case. I nostri obiettivi sono assai più modesti: riuscire a vendere 500 vetture il primo anno, mille il secondo e arrivare al quinto anno a venderne 4.500 tra Europa e Canada, perché abbiamo un contatto in Canada. Sul piano dell’originalità e della qualità penso che potremo dire la nostra.

Beh, non si può certo negare che il vostro progetto sia originale. Ha forme piuttosto inusuali, che di certo catturano l’attenzione.
Quando è nato il progetto molti hanno scritto “Ah, una carrozza”. Sì, assomiglia a una carrozza, ma non perché si sia preso quel mezzo a modello, ma semplicemente come risultato di una ricerca ossessiva di riduzione dei costi. Sappiamo che ci vuole un miliardo per fare un’automobile vera, ma anche un quadriciclo non scherza, e quindi bisognava rivedere tutti i processi produttivi per realizzare un oggetto destinato a muovere cose e persone. Ho lavorato per molti anni (e continuo a farlo) nell’ambito del design degli elettrodomestici. Ebbene, l’elettrodomestico mi ha insegnato la razionalità e processi produttivi commisurati al prodotto finale. Quindi al posto dei costosi stampi, noi lavoriamo per estrusione l’alluminio, ricavando dei profilati simili a quegli dei serramenti, che costituiscono l’ossatura della cabina. Superfici lisce e squadrate fanno il resto.
Però adesso arrivate con una variante inedita, dalle forme un po’ diverse, o sbaglio?
In teoria sarebbe ancora top secret, ma a Quattroruote la racconto. Anzi, ve la mostro pure. Ma lasciatemi fare una premessa per spiegare come ci siamo arrivati. Dopo quattro appuntamenti con il pubblico, Torino, Venezia, Milano e Roma, mi sono potuto fare un’idea di quel che vuole il consumatore. Perché io ho fatto così, ho costruito i prototipi e poi li ho buttati in mezzo alla gente, per capirne le reazioni. Bene, che cosa abbiamo scoperto? Primo, che rivogliono la Smart, la serie originaria. Secondo, che vogliono oggetti ergonomici: il quadriciclo non può essere un’automobile messa in lavatrice e ristretta. Urbana non aveva certo questo problema. Però mi sono presto reso conto che con i primi prototipi avevamo sbagliato gli ingombri esterni. In molti mi dicevano: “Che carina, ma è un po’ grande…”, “Bella idea, però… in foto sembrava più piccola”, insomma me lo hanno detto un sacco di persone. Allora, fermi tutti: allarme rosso. La gente vuole qualcos’altro. Perciò abbiamo rivisto completamente le misure, cosa che la semplicità del progetto ci ha permesso di fare in fretta. Quindi, la larghezza, in metri, si è ridotta da 1,50 a 1,30, la lunghezza della due posti è scesa da circa 2,80 a 2,50, quella della quattro posti da quasi quattro metri a 3 metri e 20 cm. Per tutte poi l’altezza è passata da un metro e ottanta a 1,60. Senza intaccare l’abitabilità, perché i centimetri perduti sono andati a detrimento dei volumi cosiddetti “morti”. Infine, visto che il richiamo alla vecchia Smart era ricorrente, e qui arrivo al punto, abbiamo anche introdotto questa variante completamente nuova. Perché è vero che il nostro progetto si basa su presupposti di totale razionalità, un cubo su ruote, tuttavia c’è un mondo, in prevalenza fatto di giovani, che amano ancora l’auto sportiva, dinamica…
Beh, non ci dica che è riuscito a fare della Urbana un’auto sportiva…
Dinamica sì. Dinamica e sbarazzina. Tenendo buona tutta la ciclistica, abbiamo tagliato la linea di cintura e modificato l’intera sezione superiore: parabrezza curvo, linguaggio meno filosofico, omologazione specifica. Sarà la variante più potente. L’abbiamo chiamata Style, e prevede anche una declinazione aperta. Avevo bisogno di fare una Smart, senza copiare la Smart.

Certo che qui, con queste superfici curve, dove va a finire il discorso sulla semplicità costruttiva dei profilati d’alluminio?
La risposta c’è: termoformatura di pannelli di Abs, in granuli riciclati. Comunque con l’aggiunta di questa versione, la gamma ora si articola su tre linee: le altre due sono la Confort, che è la Urbana dalle forme a parallelepipedo già note, nelle declinazioni a due e a quattro posti e poi pick-up, e Work, dedicata ovviamente alle esigenze commerciali, anche qui con diverse taglie.
Adesso a che punto è il programma?
L’attività che è stata fatta in questi mesi è: primo, azzeccare l’architettura di prodotto, che tanto non abbiamo fretta; secondo, individuare un sito produttivo e, infine, iniziare il processo omologativo. In verità, già dopo la presentazione delle macchine al Salone nautico di Venezia, la scorsa estate, avremmo potuto raccogliere i primi ordini, ma non l’ho voluto fare perché sapevo che il progetto aveva ancora bisogno di maturare e infatti a Roma, quando le ho portate lì, mi hanno praticamente cacciato: vogliamo la Smart, diceva la gente, e intendevano quella della prima generazione. È stato un appuntamento strategico per mettere a punto l’architettura di prodotto.
Impostazione della gamma a parte, ci sono stati altri cambiamenti rispetto al progetto originario?
Abbiamo adottato le batterie al litio, più capaci, e in una configurazione sostituibile: sono contenute nel bauletto esterno, quello che in origine era destinato a bagagliaio supplementare, una soluzione che, in attesa di un’infrastruttura adeguata, consentirà di risolvere in parte le problematiche relative ai tempi di ricarica. Poi, abbiamo cambiato la misura dei cerchi, da 18” previsti in origine a 14. Sì, lo so, è un bel salto, ma l’estetica e salva e in ogni caso bisognava far si che quando i signori Rossi di turno devono sostituire una ruota spendano una cifra ragionevole. Nel contempo, va avanti anche l’evoluzione tecnica sulla sicurezza: adesso in caso di ribaltamento, la cellula abitativa di alluminio fa da rollbar e ti protegge…
Ma questo lo affermate in base ai calcoli fatti oppure avete preso delle Mole Urbana e le avete ribaltate?
Al momento sui calcoli. Ma l’intenzione sarebbe quella di fare anche dei test fisici. Del resto, la sicurezza sarà un punto pesante della nostra comunicazione, nel dire che, se uno dei talloni d’Achille dei quadricicli, generalizzando, è che sono piuttosto fragili, l’Urbana ha due longheroni ottanta per ottanta che attraversano tutto il veicolo, a collassamento programmato, come sulle auto vere, barre anti-intrusione nelle portiere e, appunto, questa cella d’alluminio che è di una certa portata e che in caso di ribaltamento ti ripara. A livello di telaio, abbiamo l’avantreno che deriva da quello della Fiat Panda, quindi supercollaudato. Dietro c’è un assale rigido con le balestre, che mi servono in funzione del carico della linea commerciale. Il confort sarà raggiunto lavorando sugli ammortizzatori. Oggi le fornisce un’azienda cinese, ma per le vetture definitive lo faremo produrre da un’azienda di Bergamo. L’idea è di avere l’intera filiera italiana o comunque europea.

Quindi le batterie non le acquistate in Cina?
No. Le celle sono cinesi. Ma il pacco batteria è realizzato da un’azienda lombarda. Il mio sogno poi sarebbe di avere un super-fornitore per tutta la parte di gestione elettrica, tipo Bosch, tanto per dire un nome di alto profilo. Per ora è un sogno, perché per poter bussare a quelle porte devi avere una logica di numeri che noi non abbiamo. Vai a proporgli mille pezzi? Ti ridono dietro.
Accennava prima al sito produttivo: l’avete individuato?
Sì, abbiamo individuato nel Torinese un’area di 13 mila metri quadri tra interni ed esterni, dove, parallelamente a Urbana, facciamo gli allestimenti dei furgoni per il delivery con un meccanismo brevettato di apertura delle porte ad ante scorrevoli tipo armadio, senza cioè il costoso meccanismo di roto-traslazione della porta. Abbiamo nove avvitatori che ci permettono di assemblare un veicolo in una manciata di ore, perché quel che si fa lì è l’assemblaggio. Le parti di carrozzeria ci arrivano da aziende specializzate nell’area di Fabriano, nelle Marche. Comunque, a ben pensarci, è successa un po’ una cosa magica, siamo ritornati alla manifattura anni Sessanta. Questo cambiamento portato dalla pandemia ci ha proiettati nuovamente a costruire degli oggetti. E a farlo con una particolare attenzione alla sostenibilità.
In concreto?
In concreto la Urbana è una risposta reale alla necessità della transizione ecologica. Non semplicemente perché è elettrica, ma per l’impostazione dei processi produttivi. Un esempio? Per produrre un’automobile tradizionale sono necessari mediamente 450 mila litri di acqua, per la Mole Urbana ne bastano 2.500. Perché non abbiamo stampi e quindi non abbiamo tutte le esigenze di raffreddamento che il processo di stampaggio comporta. Ancora, il mondo parla di gigafactory. Che cosa fai per realizzare una gigafactory? Disboschi. Con la nanofactory invece recuperi. E poi la CO2 la contrasti anche nel non produrre cose inutili: perché devi produrre un navigatore e il cruscotto che lo contiene, quando la navigazione l’hai già sullo smartphone?
Quando arriva? E chi saranno i vostri clienti?
Le prime consegne saranno verso la fine del 2022. Quanto ai clienti, sul piano dei privati risponderanno sostanzialmente a due categorie: i giovanissimi e poi chi deve andare a lavorare, in centro città, e non vuole prendersi i mezzi, ma neppure l’automobile né - tantomeno - il monopattino. E quindi si prende il quadriciclo.
Si prende nel senso che se lo compra?
Allora, le modalità di acquisto o, meglio, di possesso. È normale che passeremo dal mondo del noleggio a lungo, breve e brevissimo termine. E posso dire che le società di noleggio stanno facendo a gara per averla in esclusiva, cosa che noi non possiamo fare. Del resto in quella categoria, che rappresenta un po’ una nuova era, non c’è ancora molta offerta…
Prezzi di listino?
Si parte da 12 mila circa per la versione base della Confort. Tanti? Teniamo conto che si tratta di una macchina elettrica, e lì solo la batteria costa più di 3.000 euro. E consideriamo anche che è un listino che non considera gli incentivi. In ogni caso, tra tutte le manifestazioni di interesse che mi sono arrivate, non ce n’è stata neppure una che abbia posto una questione di prezzo.
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