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Toyota GR Yaris
Dal Mondiale rally alla strada: è instant classic

Toyota GR Yaris
Dal Mondiale rally alla strada: è instant classic
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Quando ero un aitante giovanotto (si parla dei primi anni 90, non del secondo dopoguerra), gli appassionati della mia età sbavavano per le versioni stradali delle 4x4 che correvano nel Mondiale rally. La Delta 4WD e Integrale, ovviamente. Ma anche la Celica. L’Escort RS Cosworth. L’Impreza. La 323 4WD e GT-R (di cui in Francia provai addirittura il modello da gara, in uno stint su sterrato assieme a Hannu Mikkola di cui potrei raccontare ogni singolo metro, a distanza di 30 anni). C’era da capirla, questa pazzia collettiva dei petrolhead, su cui peraltro le Case facevano un sacco di soldi. Fino a quel momento, il concetto di sportività era declinato dalle tradizionali coupé, magari pure eleganti e belle da guidare, ma dall’immagine troppo commendatoriale per chi navigava sotto i 30 anni. Questi oggetti, invece, discendendo in maniera diretta da una stirpe abituata a darsi battaglia in gara, conferivano una diversa accezione all’intera nozione di automobile veloce: corpo vettura derivato da un modello mass market epperò clamorosamente tormentato dalle appendici corsaiole, motore turbo, una valanga e mezza di cavalli, trazione integrale, e – non ultimo – l’indefinibile piacere di contribuire alla missione agonistica del marchio prescelto, ché l’acquisto sconsiderato (per le tasche di molti, intendo) serviva a raggiungere i volumi minimi imposti dalle omologazioni per partecipare al Mondiale. Purtroppo quella delle piccole bombe 4x4 è stata una stagione relativamente corta (non è un caso che oggi siano ricercatissime dai collezionisti), lasciando dolorose nostalgie in chi per loro delirava. Il lungo preambolo per dire che quando ho appreso che la Toyota avrebbe organizzato a Vairano – cioè casa nostra, che è anche comodo – il lancio della Yaris GR non ho perso tempo nel far valere sulla redazione lo ius primae noctis automobilistico che spetta per diritto divino al direttore. Ho avuto ragione. Dopo un pomeriggio di ruote fumanti tra pista e fuori posso dire che la piccoletta giapponese è la degna erede delle illustri progenitrici.

Sapore di Wrc. Dimostrando come sempre un approccio al problema quantomeno singolare, i giapponesi – volendo correre nel Wrc – invece di adattare un modello esistente come è consuetudine, con i compromessi che ciò comporta, hanno ribaltato l’idea, realizzando un modello apparentato alla lontana con quello di serie, ma che avesse già in sé gli elementi per trasformarsi in una versione da corsa. E lo si capisce da una serie di dettagli. Il tempo di produzione, per esempio: la Casa giura che per costruire una GR ci si impiega 10 volte di più rispetto a una normale. Poi le dimensioni: la GR è di 55 mm più lunga della Yaris da famiglia, 60 mm più larga, 45 mm più bassa (che diventano 100 al posteriore). E il pianale non è il GA-B che ha debuttato nella serie attuale della Yaris, ma un ibrido (principio che a Tokyo piace assai, è evidente) che unisce la GA-B (davanti) con la GA-C di Corolla e C-HR (dietro). Pure il tetto è diverso: sulla GR (che sta per Gazoo Racing, a proposito) è stato disegnato più basso perché sulla macchina da gara l’aria fluisca meglio sullo spoiler. Per qualche ragione che i tecnici non mi hanno voluto o saputo spiegare, anche la posizione di guida non è la stessa: si sta seduti più in alto, e per chi – come me – unisce un po’ di centimetri sopra i 180 a una stazza non da silfide lo spazio manca e la leva del cambio sembra lontana.

2020-Toyota-GR-Yaris-04

Instant classic. Per fortuna, queste triviali considerazioni assumono importanza relativa quando si inizia a spingere il tre cilindri turbo da 261 cavalli. Come mi diceva Gordon Murray in una recente intervista, la sportività non dipende dalla potenza, ma dal rapporto peso/potenza. E qui la GR fa faville. Avendo tolto il grasso superfluo (tetto di fibra di carbonio -3,5 kg, porte/cofano/portellone di alluminio -24 kg e cosi via), la giapponesina ferma la bilancia a 1.285 kg. Significa che ogni cavallo vapore deve portarsi dietro meno di 5 chilogrammi di macchina. Significa che a questo livello di prezzo (un filo sotto i 40 mila euro) è probabilmente impossibile trovare una macchina così agile e facile da portare al limite. Merito, in buona sostanza, di una trasmissione integrale che, per quanto leggera, non è affatto basica - c’è un differenziale centrale che in Normal ripartisce la coppia 40:60 tra davanti e dietro, in Sport 30:70 (il mio preferito) e Track 50:50 – e della Toyota Italia, che ha deciso di importare soltanto l’allestimento più driver oriented, battezzato Circuit: prevede cerchi da 18 pollici, un assetto più rigido, Michelin Pilot 4S e, soprattutto, un differenziale davanti e uno dietro. La dotazione tecnica consente non soltanto di mettere a terra la cavalleria senza indecisioni (ho un’idiosincrasia verso le trazioni anteriori esagerate, con le loro continue reazioni al volante: la Mini GP provata di recente, per dire, è un bellissimo oggetto, però chi ama la guida pulita troverà sempre eccessiva la cavalleria), ma soprattutto di gestire i trasferimenti di carico giocando sull’agilità. Difetti: un po’ troppo sottosterzo in Track se si anticipa l’apertura del gas, freno un po’ "morto" all’attacco, manovrabilità del cambio manuale a sei marce migliorabile quando si va giù brutali (in compenso c’è il tastino per allineare automaticamente il regime del motore a quello del cambio in scalata). Tocchi da rally: c’è un freno a mano come Dio comanda, con il quale puoi divertirti a fare i tornanti à la Loeb (tra l’altro, sgancia la trazione al bloccaggio delle ruote) e pure una placca che recita "Developed for the Fia World Rally Championship". Curiosità: la GR viene prodotta in uno stabilimento giapponese dedicato, a Motomachi. A mio modesto avviso, una instant classic.

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