Al volante della concept a batteria - VIDEO
Il destino, a volte, è davvero bizzarro. E può cambiarti la vita dal giorno alla notte. Come è successo per esempio a una vecchia Opel Manta del 1974, acquistata da una signora tedesca che l’ha custodita per diciotto anni, per poi sbarazzarsene perché non faceva più per lei. La povera Manta è rimasta abbandonata fino all’anno scorso in un concessionario di Rüsselsheim, finché non è arrivato un manipolo di uomini della Opel che l’ha presa e l’ha trasformata in questo elettrizzante oggetto: la Manta GSe Elektromod.
Opel Manta GSe ElektroMOD: ritorno al futuro
Elettrica manuale. Quella che ho avuto modo di guidare, è quindi la stessa identica Manta che mezzo secolo fa circa portava a spasso la signora tedesca, ma rivista in chiave green: motore elettrico, batteria e un po’ di digital dentro e fuori. Si tratta insomma di una straordinaria operazione di restomod, che fa di tutto per preservare l’originalità e il fascino vintage della coupé tedesca, aggiungendo alcuni mirati tocchi futuristici. Se vi state già interrogando sulle sue sorti, sappiate che la GSe, con ogni probabilità, non avrà mai un seguito in termini di produzione. Diciamo che è una maniera per tastare il polso del pubblico, specie delle future generazioni che con l’elettrico dovranno conviverci, e per dimostrare che sostenibilità e tradizione possono viaggiare sullo stesso binario. L’aspetto più affascinante della Manta GSe, infatti, è come riescano a convivere armoniosamente un motore elettrico con la stessa trasmissione manuale a quattro marce, completa di frizione, della Manta del '74; oppure la plancia e le bocchette d’aerazione d’antan, con il pannello digitale della Opel Mokka, su cui campeggia l’esatto chilometraggio dell’epoca: 55.143 chilometri, come mi fa notare fiero il project leader della GSe prima di darmi le chiavi (quelle originali, ovviamente) per andare a fare un giro.
La calandra parla, letteralmente. Ma prima un’occhiata fuori. Il muso, innanzitutto, è ricco di significato: il taglio e gli ingombri della calandra sono gli stessi della Manta prima serie ed è proprio da qui che la Opel ha preso spunto per ridisegnare il volto dei suoi modelli, Mokka per prima e nuova Astra a brevissimo. Sulla GSe, però, la cosiddetta calandra Vizor parla. Letteralmente, perché fra i proiettori a Led e le luci diurne c’è un pannello digitale su cui si possono scrivere messaggi di ogni tipo tramite smartphone, soltanto a vettura ferma però.
147 cavalli elettrici. Poi ci sono le ruote, specifiche da 17 pollici, che però non alterano il diametro di rotolamento del modello originale che montava i 13”; qui, grazie alla spalla bassa (barra 50, larghe 185 davanti e 205 dietro), si è preservata l’altezza da terra. Ancora, cambiano i freni (dischi anche dietro) e le sospensioni (molle e ammortizzatori). Ma quel che muta radicalmente è il powertrain: dentro il cofano, via il quattro cilindri 1.6 e dentro un’unità elettrica da 147 cavalli, accoppiata al cambio manuale e alla frizione; da qui, l’albero di trasmissione porta i 255 Nm di coppia alle ruote posteriori e il tutto è alimentato da una batteria da 31 kWh che garantisce circa 200 km di autonomia. L’elettrificazione comporta 175 kg di peso in più, ma la massa totale non supera i 1.140 kg, poco più del solo pacco batterie di una Suv elettrica alto di gamma.

Dotazioni ridotte al minimo. Leggera, quindi, perché la Manta GSe è spoglia di tutto. Salgo a bordo, mi siedo sui nuovi Recaro avvolgenti e con la manovella abbasso il finestrino, perché il clima non c’è. Noto, alla destra del bel volante a tre razze (senza airbag e senza servo), le tre levette del riscaldamento, una delle quali serve per regolare il regen in rilascio (le altre sono solo di bellezza). L’unico elemento futuristico, insomma, è il pannello digitale avvolgente della Mokka, dove però manca l’impianto audio, rimpiazzato da un altoparlante bluetooth portatile. Giù la frizione, dentro la prima e posso partire. A differenza di una vettura normale, non bisogna modulare il pedale sinistro; basta rilasciarlo del tutto e poi dare gas, perché qui la frizione serve soltanto per i cambi marcia ma una volta che si è fermi se ne può fare anche a meno.
Farà strada. Trovo comunque che il cambio sia la vera chiave di volta per rendere più piacevole un’auto elettrica, almeno una con velleità sportive e ludiche come questa Opel. Questo componente meccanico ormai vetusto rende meno monotona la guida e in un certo senso sopperisce all’assenza di suono, perché l’unica piacevole fonte di rumore è il fischio della trasmissione che dà sapore all’insieme. Il motore spinge bene, non è brutale anche alla luce della modesta potenza, ma il fatto di avere i rapporti consente di godersi spunti davvero interessanti. Apprezzabile anche il fatto che, pur trattandosi di una concept car, la Manta GSe viaggi molte bene: le sospensioni assorbono con efficacia, lo sterzo è preciso e comunicativo e i freni adeguatamente potenti. Sì, perché l’intenzione di Opel è quella di usare la Manta GSe il più possibile, in occasione di eventi, raduni, manifestazioni storiche. Quei 55 mila km sul contachilometri digitale, insomma, sono soltanto l’inizio della nuova vita di quella fortunata Manta del 1974.
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