La sfida alle tedesche inizia con l'ibrido plug-in
La CX-60 apre alla Mazda due porte in un colpo solo: quella del mercato delle auto ibride plug-in, che continua a crescere di peso in Europa, e quella del segmento delle grandi Suv (sfiora i 4,75 metri, la giapponese), terreno di gioco tipico dei marchi premium. Ma la Casa di Hiroshima non teme il confronto. Anzi l’ha compiuto di proposito, il salto di taglia, con l’intento – dichiarato – di proporsi alla clientela delle varie Audi Q5, BMW X3 e Mercedes GLC, a prezzi però molto più competitivi. Il listino della variante Phev (cui seguiranno una diesel a fine 2022 e una a benzina nel 2023, entrambe con motore a sei cilindri in linea elettrificato da un mild hybrid a 48 Volt) parte infatti da 49.950 euro. La differenza con le rivali è dunque consistente, con una potenza in gioco (327 cavalli) in certi casi superiore. Chi acquista l’auto in prevendita - fino al 31 agosto – ha incluso nel prezzo il pacchetto Convenience & Sound (del valore 2.900 euro) con lo stereo Bose e i primi tre tagliandi di manutenzione programmata.
Una calda accoglienza. In Portogallo ho avuto modo di guidare, anche se solo per pochi chilometri, uno dei primissimi esemplari della Suv nell’allestimento Homura (da 54.350 euro): un abito che non ruba l’occhio quanto il Takumi (vedi il nostro primo contatto statico con la CX-60), più ricco di dettagli ricercati, ma permette comunque di apprezzare la qualità costruttiva degli interni, evidente sia nella scelta dei materiali, piacevoli al tatto, sia nella precisione dei montaggi. Anche l’abitabilità appare soddisfacente: seduto sul divanetto, una persona di statura media, come il sottoscritto, trova spazio in abbondanza sia all’altezza delle ginocchia sia sopra la testa; meno per i piedi, che spesso incrociano le guide dei sedili. Il bagagliaio (compreso il vano nel doppiofondo) ha una capacità dichiarata di 570 litri, che per una plug-in di questo tipo non è male: andrà verificata dal Centro prove, ovviamente, ma resta il vantaggio di non avere restrizioni a causa del pacco batterie (da 17,8 kWh), che è sotto il pavimento, tra le due file di sedili.

Posto guida su misura. Inizio il mio (breve) turno testando la personalizzazione automatica del posto guida, che la Mazda propone per la prima volta proprio sulla CX-60. In sostanza, basta che inserisca nell’infotainment il dato relativo alla mia altezza (1,80 metri) e il sistema, sfruttando una telecamera che rileva la posizione dei miei occhi, regola volante, sedile, head-up display e retrovisori su quella che ritiene la posizione ideale per me. Il risultato, a essere sinceri, non mi soddisfa del tutto: mi ritrovo un po’ troppo “sdraiato” e in basso, per i miei gusti, ma intervenire per correggere il tiro è questione di un attimo. Solo a questo punto l’auto memorizza le mie preferenze in un profilo (se ne possono salvare fino a sei) che viene ripristinato ogniqualvolta ritorno al volante, grazie al riconoscimento facciale. Sulla CX-60, comunque, la triangolazione sedile-pedaliera-volante è indovinata, la visibilità è ampia e ci si ritrova a guidare con un buon controllo sulla strada. L’esperienza multimediale, anche per filosofia della Casa, non è così immersiva come su alcune rivali. L'infotainment rimane sul tradizionale e, per non distrarre alla guida, si gestisce prevalentemente sfruttando i comandi fisici presenti sul tunnel centrale, a partire dalla grande rotella HMI Controller, e i contenuti si visualizzano su uno schermo dalla superficie non troppo estesa, malgrado la diagonale misuri 12 pollici.

Il powertrain. Le ambizioni di questa sport utility passano però soprattutto dalla dinamica. La CX-60 Phev (integrale) mette in gioco, tra il contributo dell’elettrico (129 kW) e quello del termico (un quattro cilindri benzina 2.5 Skyactiv G da 191 CV), una dote complessiva di cavalli (327) e coppia (500 Nm) che fa di questa plug-in il modello stradale più potente che la Mazda abbia mai prodotto, accreditato di uno 0-100 km/h da 5,8 secondi. Complice un peso in ordine di marcia intorno alle due tonnellate, sul quale i soli accumulatori incidono per 176 chili, a volte si ha l’impressione di non avere tutto quello sprint promesso dai freddi numeri, benché la spinta non appaia mai deficitaria, nemmeno quando si richiama il potenziale tutto e subito, per esempio in un sorpasso.

Si punta al confort. In tutto si possono selezionare cinque modalità di guida: EV, Normal, Off-Road, Towing e Sport. Quest’ultima rende il powertrain più reattivo e regola ad hoc la trazione integrale i-Activ AWD, ma non agisce sull'assetto. Al capitolo sospensioni, la Mazda ha puntato su una scelta “analogica”: gli ammortizzatori, infatti, non sono a controllo elettronico (nemmeno in opzione). All'anteriore c'è un doppio braccio oscillante, mentre al posteriore un multilink: la CX-60 ripropone anche il Kinematic Posture Control già introdotto sulla MX-5, un sistema che in curva frena leggermente la ruota posteriore interna per contenere il rollio. In generale, più che la sportività l'assetto punta al confort. Sulle strade portoghesi – non proprio tavole da biliardo – la CX-60 digerisce tutto quello che potrebbe “andare di traverso” ai suoi occupanti, trasmettendo sensazioni piacevoli e rassicuranti, anche grazie a uno sterzo piuttosto omogeneo, benché non molto diretto. Piace pure il nuovo cambio automatico, un otto rapporti capace di garantire passaggi di marcia fluidi per avvicinare la giapponese agli standard delle solite tedesche, a cui la sfida è ufficialmente lanciata. Ma per capire se c’è partita occorre guidare ancora. Passando ovviamente per Vairano.
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