Club tre secondi, missili terra-terra - VIDEO
Tre secondi, ovvero il tempo che le Audi R8, Ferrari 488 GTB, McLaren 675LT, Nissan GT-R e Porsche 911 Turbo S impiegano per scattare da 0 a 100 km/h. Da qui deriva il nome del nostro elitario Club, riservato alle vetture dalle prestazioni più elevate: le abbiamo portate in pista nel 2016, mettendole a confronto tra i cordoli di Vairano. Oggi, per la nostra rassegna "Le più belle guidate" vi riproponiamo questa prova davvero speciale, che si va a unire a quelle delle Porsche 911 R, Alfa Romeo Stelvio Quadrifoglio, Lamborghini Huracán Performante, Ford Mustang Shelby GT350R, Porsche 911 GT2 RS, Ferrari 812 Superfast, Tesla Model 3, Ferrari 488 Pista, Alpine A110, Aston Martin DB11, Jeep Wrangler, Lexus LC 500h, Honda NSX, BMW Serie 8, Bentley Bentayga, McLaren 720S, Lamborghini Urus, Porsche 911 Carrera S, Tesla Model X, Audi RS4, Jaguar I-Pace, Ferrari 488 GTB e al confronto tra le super berline. Il test è completo del video, della pagella e dei dati rilevati dal Centro Prove, che in questa occasione sono scaricabili gratuitamente.
Ebbene sì, erano quattro. Nel nome del Club, in effetti, c'era un secondo in più. E non era il secolo scorso, perché in fondo stiamo parlando di appena cinque anni fa. Ma la tecnica avanza e, ormai, arrivare a 100 orari in tre secondi è possibile. Straordinario, speciale, inconsueto, ma appunto possibile. E, allora, niente di meglio che riunire a Vairano cinque oggetti strepitosi come quelli che vedete in queste pagine. Supercar che, a guardarle con l'entusiasmo della passione, sembrano rivali perfette l'una dell'altra. Ma, se ci si affida a un occhio scientifico, si vede che sono assai diverse. E, soprattutto, pensate per pubblici diversi. Completezza avrebbe voluto che ci fosse anche una Lamborghini, ma a Sant'Agata hanno ritenuto di non avere l'arma giusta. Anche se noi, per la verità, una Aventador SV ce l'avremmo vista benissimo, qui in mezzo.
Esclusivo: il Club 3 secondi scende in pista!
Le contendenti si presentano. La più track oriented del gruppo è senza dubbio la McLaren 675 LT, che già con le due lettere del nome evoca il mondo delle corse. Stanno, infatti, per Long Tail, ovvero coda lunga, una caratteristica tipica delle endurance dei tempi che furono: allungare la zona posteriore significava guadagnare qualcosa nella velocità massima. E questa, in effetti, è la stradale più estrema mai immaginata a Woking: regala sensazioni da vera macchina da corsa e lo fa da subito. Il sedile a guscio si regola solo in lunghezza, ma la posizione di guida è perfetta, straordinaria. Ti senti quasi al centro della vettura e il merito è anche della visibilità. Non per far manovra, ché oggi non è giornata per miserie del genere, ma per guidare davvero, perché i montanti sottili e il parabrezza che “scende" molto danno sensazioni al limite del fisico: sembra quasi di sentire l'asfalto che scorre sotto i piedi. Ed è anche con minuzie del genere che macchine come queste si staccano dal resto del creato. La sua anima racing è chiara fin dall'inizio, perché la Long Tail non ti regala nulla: l'estrema leggerezza e la precisione di guida sono al top e conquistano al volo. Ma non è tutto semplice. Meglio: non è tutto alla portata di chiunque, perché la contiguità con il mondo delle corse impone che al volante ci sia un pilota più che un guidatore. Insomma qualcuno in grado di parlare alla pari, capace di stare dietro a prestazioni fuori del comune e, soprattutto, a un assetto che non dà confidenza. Lei non parla, sei tu a doverla interpretare. E, a stringere, è la differenza tra un pilota e un automobilista. In effetti, quando sali sulla Ferrari 488 GTB, hai l'impressione di avere a che fare con una logorroica: è meno ermetica, più aperta al dialogo. E il bello è che non c'è contropartita: non si perde quasi nulla in efficacia. Anzi, togliete il quasi, se non siete piloti, perché con la Ferrari andrete più veloci che con la McLaren. A sostanziale parità di cavalli, il V8 italiano sembra ancora più vorace nel prendere i giri: il turbolag non sa neppure cosa sia e le risposte alle richieste del piede sono di un'immediatezza che giustifica tutto il mito che, da settant'anni, aleggia nel cielo sopra Maranello.

Sei, otto o dieci cilindri. Se si parla del motore, con la Audi R8 non sembra di essere poi molto lontani dall'Emilia: il suo V10 è uno dei pochi sopravvissuti dell'antica schiatta degli aspirati e questo lo rende davvero unico. Gira sul filo dei 9.000 con una spontaneità e una cattiveria che rischiano di dare dipendenza. Più giri prende, più sembra volerne prendere ed è questo il suo segreto più riposto, ciò che lo rende coinvolgente come nessun altro. Dal punto di vista del telaio, invece, somiglia semmai alla sua conterranea, la Porsche 911 Turbo S: oggetti con i quali andare forte, anzi fortissimo, ma che nell'intimo rimangono legati alla loro primaria natura di gran turismo. In pratica: non temono i cordoli, ma sanno benissimo che la loro vita si svolge soprattutto su strada. E se nel mondo reale anche loro danno soddisfazioni enormi, qui in pista, quando si guida danzando intorno ai limiti (propri e della macchina), si rivelano meno affilate e perfette rispetto alla McLaren e alla Ferrari. Fin qui, soltanto vetture con il motore piazzato dove sportività impone, ovvero alle spalle dei passeggeri, con la 911 Turbo S che insiste a metterlo dietro le ruote posteriori, anziché al centro della vettura: uno dei rari casi in cui gli ingegneri teutonici lasciano prevalere il sentimentalismo di una sessantennale tradizione sulla fredda razionalità. La Nissan GT-R, invece, il V6 biturbo ce l'ha ben saldo nel cofano anteriore, dettaglio che le regala quattro posti e una qualche venatura di normalità (della quale oggi, però ci interessa nulla, per essere sinceri). Un motore fantastico, che, con 570 cavalli, la rende velocissima. Peccato, semmai, che l'handling, anche su questo Model Year 17, inizi a sentire il peso degli anni.
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