Viabilità

Limiti di velocità
Salvini pensa di alzare i 130 in autostrada

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C’era una volta il ministro Pietro Lunardi, imperante il governo Berlusconi. Primi anni del nuovo millennio, l’economia tira, l’Italia va di fretta, il titolare del dicastero delle Infrastrutture, amante delle grandi opere e inauguratore seriale di cantieri, ritiene che viaggiare a 130 all’ora in autostrada sia troppo poco. Chiede e ottiene che la soglia sia portata a 150. Sulla carta, però, ché un ventennio dopo il provvedimento, teoricamente in vigore, è rimasto lettera morta. Dall’estate del 2003, quella della grande riforma del Codice (patente a punti, luci accese di giorno, giubbino riflettente, soprattutto introduzione della patente a punti), i gestori delle autostrade hanno la facoltà d’innalzare il limite a 150 km/h qualora sussistano precise condizioni: tre corsie per senso di marcia, intensità del traffico adeguata, condizioni meteo ottimali e incidentalità nell’ultimo quinquennio in ribasso. Nel 2008 ai suddetti requisiti si aggiunge la presenza del tutor, ma nulla cambia: nessuna società di gestione si azzarda a compiere il grande passo. Motivo? Paura di assumersi la responsabilità, qualora il tasso d’incidenti dovesse crescere. E timore d’incassare di meno, ché la formula da noi battezzata “inghippo”, che regola al tempo gli incrementi annuali del pedaggio, tiene conto, tra l’altro, anche del parametro della sinistrosità. Morale: sulle autostrade italiane si potrebbe andare a 150, ma, di fatto, non si può. E adesso? C’è chi rilancia l’idea…

Parola di ministro. A tornare sul tema è un altro titolare del dicastero delle Infrastrutture, Matteo Salvini, nel corso di un programma radiofonico. Parlando della revisione del Codice della strada, tema che sta molto a cuore al ministro, ha annunciato che il governo “ragionerà anche sui limiti di velocità nei tratti autostradali” e “farà tutte le valutazioni, perché ci sono tratte ampie, dove sul modello tedesco si potrebbe pensare anche di aumentare i limiti di velocità, visto il basso tasso d’incidentalità”. Questo anche perché “purtroppo la stragrande maggioranza dei morti non si verifica più in autostrada, ma sulle strade extraurbane”; una decisione sulla quale il ministro sta lavorando con i tecnici, “perché la velocità non è una scelta politica”. Dunque, alle citate condizioni i 150 saranno leciti? Il compito del ministro, in verità, è arduo, per diversi motivi. Innanzitutto, perché il clima (inteso come mood del Paese, ma forse anche come meteo, stanti le preoccupazioni diffuse per il riscaldamento globale del pianeta e le accuse costantemente mosse ai trasporti privati) va in senso esattamente contrario. Poi, perché ci sarà sempre da convincere le società di gestione delle autostrade, piuttosto riottose in materia. A meno di non obbligarle, come la Lega aveva pensato di fare, senza successo, intorno al 2009…

Le candidate. Quali potrebbero, comunque, essere le tratte "papabili" per passare da un limite di 130 km/h (110, in caso di pioggia, ma lo ricordano in pochi) a uno di 150? Basandosi sui requisiti essenziali previsti dalla normativa (tre corsie per senso di marcia, asfalto drenante e Tutor), si arrivano a definire poco meno di 1.900 chilometri di rete: l'A8 Milano-Varese, l'A4 tra Milano e Bergamo, l'Autostrada del Sole in alcune sue porzioni (tra Modena e Bologna e in parte tra Roma e Napoli), sezioni dell'A26 Voltri-Gravellona Toce, l'A27 Venezia-Belluno, l'A14 tra Faenza e Forlì e l'A30 Caserta-Salerno.

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