Nelson Piquet
Nelson Piquet non è solo un ottimo pilota ma anche un personaggio schietto e dal carattere un po' spigoloso, capace di far parlare di sé non solo per le belle vittorie conquistate in pista ma anche per le sue dichiarazioni al vetriolo su personalità varie della Formula 1.
Talento e tensioni. Nasce a Rio de Janeiro il 17 agosto del 1952 ed è l’ultimo dei figli di Clotilde Piquet ed Estácio Gonçalves Souto Maior, medico e personaggio politico. Una famiglia agiata quella di Nelson che eredita dal padre la passione per il tennis, tanto che – appena dodicenne – viene considerato come uno dei tennisti brasiliani più promettenti. Peccato che, appena un paio anni dopo, Nelson Piquet s’innamora dell’automobilismo e di nascosto dal padre, contrario a questa sua passione, inizia a correre con un kart comprato in società con altri tre amici. Corre con lo pseudonimo di Piket per non farsi scoprire dal padre, ma quando vince il campionato brasiliano del 1971 e del 1972, non può più nascondersi. Il padre tenta di dissuaderlo spedendolo a studiare in California, ma Nelson torna a casa appena un anno dopo. Le tensioni tra i due rimangono fino alla morte del padre, nel 1974, e Nelson decide di continuare a correre prendendo parte alla Formula Super Vee. Su consiglio di Emerson Fittipaldi, lascia il Brasile e si trasferisce in Italia, a Novara. Correre in Europa è il giusto passo avanti per la sua carriera e Piquet debutta nell’europeo di Formula 3 vincendo due gare e ottenendo il terzo posto assoluto, per poi vincere nel 1978 due campionati di F3 inglese.
Subito vincente. Con la Ensign debutta al Gran Premio di Germania del 1978, mentre parte ad altri tre Gran Premi a bordo di una McLaren M23 privata. Riesce però ad accordarsi con Bernie Ecclestone per prendere parte all'ultima gara stagionale a bordo di una terza Brabham appositamente schierata per lui, conquistandosi al contempo l'ingaggio da pilota titolare per la stagione seguente, prendendo il posto di Elio De Angelis. Piquet non delude le aspettative e alla guida della Brabham Alfa Romeo mette in mostra le sue doti, seppur la scarsa competitività della monoposto gli permette di ottenere solamente un quarto posto al GP d’Olanda. Le cose migliorano notevolmente nel 1980, anno in cui sale sul podio alla gara inaugurale in Argentina, mentre ottiene la prima vittoria in Formula 1 al Gran Premio degli Stati Uniti Ovest, sul circuito di Long Beach. Ingaggia una bella battaglia con Alan Jones, ma alla fine dell’anno chiude proprio alle sue spalle. Il 1982 inizia però alla grande: alla guida della Brabham BT49, Nelson Piquet si impone nei GP di Argentina e San Marina, ripetendosi poi in Germania. Ed è proprio da qui che riparte la sua rimonta per il campionato e trascina il suo rivale a giocarsi tutto all’ultima gara, sul circuito di Las Vegas. Piquet ottiene il secondo posto e scavalca così Carlos Reutemann, solo ottavo per problemi alle gomme. Nelson Piquet si laurea così campione del mondo.
Ancora campione, tra alti e bassi. Il 1982 è un anno di transizione per la Brabham alle prese con il nuovo motore turbo BMW. La scarsa affidabilità della vettura pesa come un macigno sui risultati di Piquet e il campione del mondo in carica chiude l’anno solamente undicesimo. Ma l’anno seguente, il brasiliano si riscatta: torna subito alla vittoria al volante della nuova BT52, la vettura “a forma di freccia” che va a segno fin dalla prima gara della stagione ‘83. Anche se nella fase centrale del campionato sono Prost e Arnoux a fare il bello e cattivo tempo, Piquet torna in lotta per il titolo vincendo sia il GP d’Italia che quello d’Europa. Si presenta all’ultima gara in Sudafrica con un chiaro obiettivo: vincere la gara per conquistare il titolo. Parte bene e domina la prima parte del Gran Premio, imponendo il proprio ritmo. Poi Arnoux e Prost escono di scena e al brasiliano basterebbe anche il quarto posto per mettere le mani sul titolo. Alza il piede, risparmia la vettura e lascia vincere il suo compagno di squadra Patrese, mentre lui taglia il traguardo terzo, tanto basta per laurearsi campione del mondo di Formula 1 per la seconda volta in carriera. Nel 1984, il brasiliano ottiene ben nove pole position, ma la stagione è dominata dalla McLaren Tag-Porsche e Piquet deve accontentarsi di qualche sporadica apparizione sul gradino più alto del podio, come in Canada e Stati Uniti, mentre nel 1985 lo fa solamente in Francia. Il suo tempo in Brabham si chiude così, è tempo di una nuova avventura alla Williams.
Il terzo titolo con la Williams. Il 1986 vede Nelson Piquet accordarsi con Frank Williams per correre con la sua squadra. L’inglese però ha un grave incidente e rimane lontano dalla pista per diverso tempo, così il team viene diretto da Patrick Head che favorisce una parità tra Nelson e l’inglese Nigel Mansell, scatenando una sorta di lotta intestina che impedisce al team di capitalizzare il proprio potenziale. Alla fine di quell’anno Piquet chiude terzo in campionato, nonostante le quattro vittorie conquistate nel corso dell’anno. Le cose vanno decisamente meglio nel 1987: la Williams FW11B è dominatrice del campionato e Piquet deve vedersela solamente con il suo compagno di squadra Mansell. Il brasiliano inizia l’anno con un secondo posto in Brasile, poi nelle prove del GP di San Marino è autore di un grave incidente che lo vede schiantarsi alla curva del Tamburello. Esce illeso dalla vettura, ma i medici gli sconsigliano di prendere parte alla gara. Quel botto gli lascia degli strascichi a livello psicologico, causandogli spesso insonnia. Le sue prestazioni ne risentono, ma è ancora in lotta per il titolo. Con Mansell fuori dai giochi per un incidente a Suzuka, costretto a saltare così le ultime due gare, Piquet riesce comunque a portarsi a casa il suo terzo titolo iridato.
Il declino. Il tre volte campione del mondo passa alla Lotus nel 1988 dove rimane per due stagioni. La vettura non è competitiva e Piquet resta lontano dalla vittoria, decidendo così di cedere alla corte della Benetton nel 1990. Nelson non si dà per vinto e alla fine dell’anno ottiene due successi consecutivi, in Giappone e in Australia, chiudendo terzo nel Mondiale. Meno positiva la stagione 1991 dove Nelson Piquet s’impone solo al GP del Canada, approfittando del ritiro di Mansell a sole due curve dalla fine. Alla fine di quell’anno incontra sulla sua strada Michael Schumacher, entrato nel team al posto di Moreno. Con il team di Enstone pienamente concentrato sul giovane tedesco e senza proposte allettanti da parte di altre squadre, Nelson Piquet annuncia il suo ritiro dalla Formula 1 e si lancia oltreoceano verso la 500 Miglia di Indianapolis. Nelle prove della grande classica americana, Piquet sbatte violentemente contro il muro e riporta ferite gravi alle gambe che gli fanno dire addio al sogno di gloria. Ci riproverà un anno dopo, ma senza fortuna: tredicesimo in prova e ritirato in gara dopo una ventina di giri, a causa di un problema tecnico.
Le ultime gare. Quando c’è da tenere giù il gas lui non si tira indietro e così Piquet prende parte a due edizioni della 24 Ore di Le Mans a bordo di una McLaren F1 GTR, oltre che a diverse altre gare di durata brasiliane, fino alla 24 Ore del Nurburgring e alla 24 Ore di Spa-Francorchamps. La sua ultima gara nel 2006, quando scende in pista al fianco del figlio Nelson Piquet Junior a bordo di una Aston Martin DBR9: quella è l’ultima vittoria in carriera per il brasiliano che, una volta sceso dalla vettura, annuncia il definitivo ritiro affermando: “Le corse non fanno più per me”.