Il dado è tratto: la berlina del Biscione ha lanciato la sfida alle regine tedesche. Ecco com'è andata.
«La soluzione più semplice sarebbe scegliere la solita berlina tedesca»: così recita un passo della pubblicità televisiva della Giulia. In questa frase sono raccolti il senso e il significato della nuova berlina dell'Alfa Romeo: una Casa che per tanto tempo ha lasciato spazio alle concorrenti made in Germany e che oggi, verrebbe da dire finalmente, torna in campo con un modello progettato ex novo proprio per incrinare la leadership renana. La Giulia l'abbiamo provata due mesi fa e il risultato è stato più che lusinghiero. Ma era inevitabile arrivare al test definitivo: il confronto con Audi A4, BMW Serie 3 e Mercedes-Benz Classe C, che del segmento sono regine da anni e che, ognuna per un campo specifico, rappresentano il benchmark a cui riferirsi. Del resto, all'Alfa non negano come i progettisti si siano mossi avendo bene a mente le tre teutoniche di riferimento. Il primo indizio, in questo senso, arriva quando ti siedi: all'Alfa hanno ricalcato le misure tipiche delle rivali, con seduta bassa sul pavimento e un'impostazione che porta naturalmente a guidare con gambe e braccia distese. Insomma, un posto di guida comme il faut, senza dubbio. E la sfida si chiude in sostanziale parità pure quando si passa a considerare l'abitabilità: per tutte il quinto posto è una realtà che va cercata più che altro sulla carta di circolazione. Anche per la Audi, che in questo senso dovrebbe essere favorita dall'impostazione con motore trasversale e trazione anteriore. Dove invece non teme confronti, la A4, è nella finitura. Ciò per cui a Ingolstadt sono famosi da molti decenni è più vero che mai: la scelta dei materiali, la cura nella realizzazione, la predisposizione ad applicarsi con ostinata capacità anche a minuzie che pochi vedono e pochissimi soppesano la pongono un gradino sopra le altre. E, per quanto sia l'Alfa meglio rifinita di sempre, alla fine la Giulia riesce a tenere testa al massimo alla BMW. Un risultato peraltro più che onorevole, innanzitutto perché anche la Serie 3 è ben fatta e poi perché bisogna tenere conto di un aspetto non trascurabile: gli italiani si sono infilati in un comparto dal quale erano assenti da molto tempo, mentre i tedeschi lavorano da decenni (e senza soluzione di continuità) intorno al tema della berlina premium…
Molte applicazioni per smartphone promettono di rendere la vita facile all'automobilista, consentendogli di sfuggire agli ingorghi. Ne abbiamo testate otto. Con risultati molto diversi.
Noi italiani passiamo mediamente 19 ore all'anno imbottigliati nel traffico. Tempo veramente perso, sottratto ad altro, tempo che non riavremo indietro in nessun modo. Va ancora peggio a chi abita nelle metropoli: i romani buttano via 24 ore in coda, i milanesi addirittura 52, più del doppio. Eppure, sostiene Inrix, l'istituto di ricerca sui dati del traffico che ha pubblicato il suo report all'inizio di quest'anno, la congestione sulle nostre strade è in calo: sarebbe l'effetto, tra l'altro, di un miglioramento del trasporto pubblico, della ridotta necessità di spostarsi. Ma anche della tecnologia: oggi, utilizzando uno smartphone, la connessione dati e un'app gratuita, chiunque è in grado di anticipare, schivare o quantomeno tenere conto di code, ingorghi, rallentamenti. Vediamo come.
Quel parallelepipedo sottile di metallo, plastica e vetro che ci portiamo sempre addosso, lo smartphone, è la chiave di tutto. Non solo perché ci permette di ricevere informazioni, ma soprattutto perché è in grado di inviarle. Per esempio, semplificando, un cellulare sa dove si trova, sa in che direzione sta andando e sa a quale velocità si sta spostando. Questa impressionante mole di dati, moltiplicata per il numero di telefonini in circolazione, viene aggregata ed elaborata automaticamente nei centri di controllo delle società informatiche e quindi restituita agli utenti sotto forma d'informazioni in tempo reale sulla situazione delle strade: se la velocità media dei telefonini in uno specifico tratto è ritenuta normale, significa che il traffico è scorrevole; se è più bassa, vuol dire che ci sono rallentamenti; se è ancora inferiore, con buona probabilità c'è una coda. Il dato sul traffico è pertanto tempestivo, accurato e affidabile…

C’è sempre una prima volta. Quella della Seat si chiama Ateca ed è una Suv. Anzi, precisiamo subito, una bella Suv. Un’auto molto importante per la Casa spagnola, perché va a inserirsi in un segmento di mercato quanto mai ricco e combattuto, quello delle sport utility di categoria media, dove, appunto, la Seat vuole ritagliarsi un proprio spazio. Ci riuscirà? Le premesse, come vedremo, ci sono tutte. Ma andiamo per ordine. Con una lunghezza di 4 metri e 36 centimetri, l’Ateca ripropone, centimetro più, centimetro meno, le dimensioni della Nissan Qashqai. Quindi è nettamente più lunga della Fiat 500X e della Jeep Renegade, due modelli che, al momento, stanno spopolando, e un po’ più corta della Hyundai Tucson e della cugina Kia Sportage, le quali, a loro volta, hanno quasi altrettanto successo tra le Suv un po' più grandi. L'Ateca, in sostanza, si colloca a metà strada, in quella che potremmo definire una giusta via di mezzo. Su strada la Suv spagnola si fa notare subito. Il frontale richiama non poco quello della Leon, ma è come se fosse stato ridisegnato in un’altra dimensione. C'è poi la classica griglia trapezoidale, mentre i fari full Led (optional) e le luci diurne a triangolo conferiscono un'aria di famiglia. La fiancata è caratterizzata da due nervature: la prima, a tutta lunghezza, isola, per cosi dire, l’abitacolo dal resto della vettura, mentre la seconda, molto più ampia e profonda, ricavata appena sopra i brancardi, dà tono e personalità all'insieme e, con i grandi passaruota un po’ squadrati, conferisce all’Ateca una fisionomia del tutto particolare. Le quattro porte danno accesso a un abitacolo molto ampio. Se è scontato lo spazio per chi siede davanti, sorprende trovare tanto agio per chi si deve accomodare dietro. Insomma, anche se il guidatore è più alto della media, dietro si viaggia bene, senza correre il rischio di urtare lo schienale anteriore con le gambe o il soffitto con la testa...
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