La Bertone è fallita. La sentenza del Tribunale di Torino, con la nomina di Filiberto Ferrari Loranzi come curatore, ha messo fine al lungo capitolo dell’azienda italiana, che solo due anni fa aveva festeggiato il centenario.
Gli anni della crisi. Lilli Bertone e i soci avevano tentato in ogni modo di rivitalizzare il marchio, fin da quando, dopo la morte di Nuccio, la società era entrata in crisi. E dopo l'annullamento del contratto con la Fiat per la produzione dell'Alfa Romeo GT, era iniziato un valzer di trattative sulla cessione - mai andate a buon fine - che avevano minato anche l'unità della famiglia. In particolare, dopo il mancato accordo con la Di Risio, le figlie Barbara e Marie Jeanne si erano opposte alla vendita del 65% dell'azienda al Gruppo Keiber, di proprietà del finanziere Domenico Reviglio. Un'operazione sulla quale aveva indagato anche la Procura, ipotizzando il reato di bancarotta fraudolenta. Alla fine dell'indagine, la Bertone era stata dichiarata insolvente e posta in amministrazione straordinaria: il Ministero dello Sviluppo Economico aveva nominato tre commissari con il compito di mettere a punto un programma di cessione e pubblicare il relativo bando di gara. Nel 2009, infine, era stata decretata la cessione dello stabilimento di Grugliasco al Gruppo Fiat, mentre il marchio era rimasto di proprietà della famiglia.
Speranza per gli operai. Il futuro occupazionale dell’impresa è ora nelle mani di eventuali acquirenti italiani e stranieri, o almeno questa è la speranza dei sindacati: "Ci auguriamo che il fallimento, e la chiarezza che la sentenza porterà nei prossimi giorni, spinga gli interessati a comprare la Bertone a farsi avanti in tempi rapidi", hanno dichiarato Marinella Baltera, Fiom-Cgil, e Margot Calliero, Fim-Cisl. "Solo così si potrà scongiurare la mobilità per i quasi cento operai coinvolti nella vicenda". A.C.
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