Con la Tesla Model X, il family feeling c’è tutto, perché la prima crossover by Elon Musk ha molti punti di contatto con la Model S, la berlina cinque porte che per la gran parte del pubblico incarna l’idea stessa della Tesla. Qui, però, le linee non sono così tese e filanti. D’altra parte è una sport utility, quindi ci sta che sia un po’ più alta e, in definitiva, meno slanciata. Come dire una Model S prima della cura dimagrante, se l’immagine non sembrasse vagamente offensiva. E comunque il fascino non le manca, soprattutto quando si accede ai posti posteriori, perché le porte dietro celano un vero e proprio colpo di teatro: per aprirle bisogna sollevarle. Sì, avete letto bene: sollevarle. Sono infatti incernierate al centro del tetto e si muovono esattamente come quelle di una Mercedes SLS. O di una SL degli anni 50, l'Ali di gabbiano. Anche se qui il nome è più bellicoso, perché alla Tesla le hanno battezzate facendo riferimento alle Falcon Wing.
Ali di falco. Al di là del momento estetico, la Casa sostiene di averle scelte (anche) per motivi strettamente funzionali: pure nel parcheggio più angusto, permettono infatti di accedere agevolmente alla terza fila di sedili, richiedendo molto meno spazio di quanto potrebbero lasciar sospettare. Nel movimento di salita, infatti, le due parti di cui è composto lo sportello (diciamo la zona che di solito rappresenta il tetto e quella che solitamente è la porta stessa) si piegano una verso l'altra. E poi non va sottovalutata la comodità di salire e scendere senza dover fare i conti con il bordo del tetto.
Spazio a bordo. L'assenza della meccanica, intesa in senso tradizionale, libera un sacco di spazio che viene devoluto a passeggeri e bagagli. Con le batterie "spalmate" sotto il pavimento (esattamente come sulla Model S), la Suv californiana arriva ad ospitare fino a sette persone, mentre le valigie possono essere suddivise tra il classico vano posteriore e quello anteriore, piazzato dove le automobili tradizionali hanno i pistoni, ovvero nel cofano. Ovvio, anzi scontato, che dietro è questione di scelte: se si utilizzano anche i sedili della terza fila, per i bagagli non rimane granché.
Interni in stile S. Per il resto, gli interni ricalcano lo stile e l'impostazione già visti sulla Model S, con l'enorme schermo da 17 pollici che troneggia al centro delle plancia e raduna in sé quasi tutti i comandi. Ma non è tutto un déjà vu, perché per esempio c'è un enorme parabrezza panoramico che "sale" fin quasi sopra la testa. Qualcosa che peraltro non è del tutto inedito, visto che alla Citroën lo offrono già da molti anni. In ogni caso, fa un figurone e contribuisce a rendere peculiare un'esperienza di guida che già di suo non ha granché di scontato.
Anima sportiva. Le forme tutto sommato paciose della Model X nascondono prestazioni stupefacenti: da un'auto del genere nessuno si aspetterebbe di arrivare a 100 all'ora in poco più di tre secondi, per esempio. O di poter raggiungere una velocità massima di 250 km/h. Numeri che però non bastano per calarsi nell'empireo della sportività, perché l'assetto e lo sterzo rimangono quelli di una crossover. Di gran livello, è vero, ma pur sempre pensati per portare in giro persone e bagagli piuttosto che per cercare la prestazione assoluta. Oltretutto, per quanto posizionati in maniera saggia (in basso e all’interno del passo) e poco evidenti quando si guida, i chili ci sono tutti, perché la Model X pesa comunque un paio di tonnellate abbondanti. La trazione integrale rende semplice la gestione di questa valanga di cavalli (539, nel caso della P90D che ho guidato) i quali, oltretutto, hanno quell'immediatezza nell'andare a terra che, a tratti, confina quasi con la violenza.
500 km dichiarati. Infine, l’autonomia, punto debole di quasi tutte le elettriche. Sulle Tesla, di solito, viene tenuto a bada a botta di kWh, espediente che è stato puntualmente utilizzato anche sulla Model X: nella configurazione più costosa ne sono previsti addirittura 90, che, uniti a un ottimo coefficiente di penetrazione aerodinamica (si parla di un Cx di appena 0,24), permettono alla Casa californiana di dichiarare percorrenze di quasi 500 chilometri con un pieno di elettroni. Nella nostra breve presa di contatto non ci è stato possibile capire quali possano essere le reali potenzialità nella vita di tutti i giorni, ma di sicuro ce n'è abbastanza per mettere da parte l'ansia da autonomia.
da Monaco di Baviera, Alessio Viola
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