In un mondo che corre veloce, che sta affrontando trasformazioni enormi e anche drammatiche, dobbiamo abituarci al cambiamento. Le due sfide più grandi che il comparto dell'auto sta fronteggiando sono l'elettrificazione e la guida autonoma. E Guido Calabresi da tempo si occupa delle conseguenze giuridiche dell'automazione delle vetture. Esperto di analisi economica nel diritto, 89 anni, è giudice della Corte d'appello degli Stati Uniti. Con lui abbiamo voluto esplorare le implicazioni della transizione tecnologica che stiamo vivendo e che proseguirà a ritmo serrato nei prossimi anni.

Guido Calabresi

Giurista e docente. Guido Calabresi, nato a Milano nel 1932, e si è stabilito negli Stati Uniti da giovane. Docente alla Yale Law School, è uno dei padri dell'analisi economica del diritto ed è giudice della Corte d'appello federale. Ha pubblicato diversi libri e ricevuto numerose lauree honoris causa.

Q 800: l'intervista a Guido Calabresi

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Professore, l'automobile sta attraversando una rivoluzione epocale. Come cambierà il rapporto tra uomo e macchina?
Passeremo dalla situazione in cui l'automobilista controlla e quindi è responsabile di ciò che avviene a quella in cui è il mezzo che gestisce ogni cosa. La responsabilità civile e quella delle decisioni si sposteranno sul produttore. C'è ancora molto da fare per arrivare a questo livello e il periodo di transizione comporterà grande confusione: ci saranno auto in cui il guidatore farà quasi tutto, altre che faranno da sole quasi tutto e altre che faranno proprio tutto. 

Questo porrà questioni etiche delicate: esiste una scelta condivisibile?
Il tema morale sarà drammatico. I filosofi lo chiamano il problema del carrello ferroviario: che cosa si fa se un carrello può travolgere e uccidere una persona o un'altra? Oggi chi si trova in una situazione difficile fa il meglio che può. Ma l'auto che si guida da sé va programmata ex ante. È giusto salvare se stessi e i propri passeggeri o chi è in mezzo alla strada? Quasi tutti pensano che si abbia il diritto di tutelare se stessi in primis. La difficoltà arriva quando l'auto va programmata per scegliere se colpire un vecchio o un bambino. È la stessa situazione in cui ci siamo trovati durante la pandemia: decidere chi aveva diritto alla cura in terapia intensiva o al vaccino quando non ce n'erano abbastanza. Queste scelte le hanno fatte i medici, che si sono comportati come meglio potevano. Decidere prima è un problema etico e politico drammatico. Se si sapesse che cosa è giusto fare, sarebbe facile, anche se le conseguenze delle scelte sono tragiche. Per esempio, proteggere se stessi, anche uccidendo una persona, è una decisione abbastanza condivisibile. Ma tutte le altre non lo sono. Si farà una scelta, che verrà criticata e la volta dopo se ne farà un'altra. Il cambio continuo di scelte tragiche è frequente, perché l'uomo cerca di preservare tutti i valori, sacrificandone una volta uno, una volta l'altro. Ma ciò è inapplicabile a un'auto che va programmata. Bisognerà trovare un modo per rendere meno visibili questi meccanismi, perché non siano così drammaticamente distruttivi. È un tema che non ho risolto e che non credo si risolverà. 

Bisognerà trovare un modo per rendere meno visibili questi meccanismi, perché non siano così drammaticamente distruttivi. È un tema che non ho risolto e che non credo si risolverà

Se potesse, userebbe l'auto autonoma?
Sarei contentissimo di farlo, perché ho quasi 90 anni, anche se guido ancora abbastanza bene. Questa tecnologia porterà tanti vantaggi agli anziani, ai giovani, ai disabili. Qui in America, poi, se un guidatore commette un'infrazione è subito fermato dalla polizia e a volte, quando esce dall'auto, viene investito. Con le autonome non accadrà, perché con la responsabilità del produttore non sarà necessario contestare le violazioni a chi è in macchina. E, grazie ai big data, ci saranno molti meno contenziosi, con un risparmio anche sulle assicurazioni.

L'intelligenza artificiale va accettata dai consumatori, che si devono fidare. Ma questo potrà accadere davvero?
L'inerzia c'è, ma quando ci sono cambiamenti così potenti, che portano benefici tanto grandi, alla fine vengono accettati. Ci sarà una certa riluttanza all'inizio ad affidarsi alle vetture autonome. Molti diranno «non le voglio, perché mi piace guidare», ma quando queste auto saranno diffuse, la convivenza sarà caotica e spingerà verso l'automazione totale. A quel punto, ci si abituerà. 

Che cosa ne sarà del piacere di guida?
Tutto questo non vuol dire che l'auto come oggetto bello e personale non ci sarà più. I cavalli continuano a esserci. Non si viaggia più in carrozza, ma si continua ad andare a cavallo, ad averlo e a divertirsi a cavalcare. Per i produttori resterà una grande opportunità: avranno interesse a realizzare vetture che portino le persone al lavoro oppure in viaggio, ma anche per guidare per puro piacere o per le competizioni.

Si abbandonerà il possesso in favore del solo utilizzo?
Immagino un mondo in cui le auto non siano proprietà del singolo, tranne quelle per divertirsi, ma del produttore o di una società con cui questo ha accordi: così io premerò un pulsante e richiederò una macchina secondo ciò che mi serve. Questo avrà ricadute importanti per i centri cittadini. Oggi si utilizzano le vetture per circa il 5% del tempo. Il resto lo passano stando ferme a occupare spazio, che ha un valore enorme. Al posto dei parcheggi in superficie si possono fare parchi, caffè, aree da dedicare alla vita pubblica. L'auto ci porterà dove dobbiamo andare, andrà altrove e, quando ne avremo bisogno di nuovo, la chiameremo. Quando queste possibilità s'inizieranno a vedere, renderanno le persone più contente e ciò permetterà di superare i pregiudizi. 

La tecnologia pone spesso un problema di aggiornamento del quadro normativo. È accaduto con Uber e Amazon, che hanno rivoluzionato il mondo del trasporto, sta accadendo ora con le auto a guida autonoma, tecnicamente già disponibili prima ancora che esistano leggi che le regolino. È una rincorsa destinata a finire o la tecnologia sarà sempre la prima ad arrivare?
La legge si dovrà adattare a questi progressi e dovrà farlo sul fronte dei trasporti, dei taxi, della guida autonoma. In un certo senso sarà più semplice per il legislatore, perché la situazione sarà sempre la stessa: quando sarà la macchina a determinare le azioni, non ci saranno più differenze tra automobilisti, tassisti, camionisti.

Lei è uno dei pionieri dell’analisi economica del diritto. La congiuntura attuale sta rendendo le auto sempre più care. Il loro possesso rischia di diventare un privilegio per pochi?
Non credo che avere l'automobile per andare da un punto a un altro oppure al lavoro diventerà un privilegio. La macchina come utility, magari in affitto, resterà per tutti, benestanti e no, perché ciascuno potrà prendere quella di cui ha bisogno. E allora, come oggi, le persone più ricche potranno avere accesso a vetture più costose, che saranno invece precluse ai meno abbienti.

La mobilità privata, con la libertà di spostamento che garantisce, non dovrebbe essere un bene per tutti?
Lo spostamento è un diritto e questa nuova modalità di spostarsi renderà anche più facile decidere dove si abita. Una delle cose che l’automobile ha portato negli anni è stata la creazione di tutti questi sobborghi, dove si perde un po’ la dimensione di connessione tra le persone. Quando ci sarà la possibilità di spostarsi con le vetture autonome, ci sarà anche un cambiamento nel modo in cui la gente vive.

L'automobile oggi gode di una pessima reputazione. C'è un modo per riabilitarla?
Da sessant'anni tengo corsi sulla responsabilità civile. Ci sono stati momenti in cui la guida e le automobili erano viste dai giovani come alcuni tra i diritti più importanti, come quello di espressione, altri in cui erano il diavolo. Il giudizio cambia spesso perché, come in tutte le cose umane, anche nell'auto c'è del bene e anche qualche possibilità di male. E così sarà anche con le vetture autonome. Io spero che si potrà puntare sugli aspetti positivi che ci porteranno, che si tornerà a considerare la macchina come qualcosa che aiuta a migliorare la vita, soprattutto se è più sicura e danneggia meno l'ambiente. La diffusione delle self driving renderà alcuni aspetti delle vetture elettriche più facili. La ricarica, per esempio, verrà gestita completamente dall'auto.

L'automazione non toglierà il piacere  della guida. I cavalli, del resto, ci sono ancora. Solamente, non li utilizziamo più per andare al lavoro

Con il dieselgate, l'industria automotive ha perso un po’ di credibilità. Quanto ha inciso questo nel processo che ha portato a puntare sulle EV?
Gli scandali possono essere un'occasione per spingere l'industria in una direzione buona. Non sempre, certo, ma pensiamo a Ralph Nader: quando ci sono stati gli scandali sulla sicurezza delle auto, lui è riuscito a portare cambiamenti importanti per la tutela dei consumatori. La stessa cosa è successa con il dieselgate, che ci sta spingendo verso l'auto elettrica. E credo che succederà anche per quella autonoma.

La pandemia ci ha costretti a limitare le nostre libertà di spostamento. Pensa che questi limiti resteranno in futuro?
L'emergenza Covid ci ha insegnato molto. Per esempio, ci ha spinto a imparare a utilizzare la tecnologia per comunicare. Se avessimo avuto le auto autonome, molte cose sarebbero state più facili. Se ci saranno altre emergenze, faremo uso di tutta la tecnologia disponibile e la spingeremo un passo più avanti per renderla più accessibile.

Lei ha grande fiducia nella tecnologia. Non la spaventa?
No, sono un ottimista: a quasi novant'anni bisogna esserlo, per augurarsi che certe buone possibilità si realizzino presto. Uno sbaglio che si fa spesso è considerare l'auto soltanto come lo strumento più efficiente per andare da A a B. Invece, è anche un elemento di passione. Bisogna trovare una condizione in cui si possano fare entrambe le cose. E io credo che ci riusciremo.

 

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Q 800 - Guido Calabresi - La tecnologia ci aiuterà

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