Un grido di aiuto. Non si può definire altrimenti quello che si leva da un sondaggio svolto tra i nostri lettori sul tema dell'utilizzo del telefono in auto. Il 75% dei partecipanti, infatti, si dice a favore dell'installazione di sistemi che inibiscano l'uso di alcune funzioni del nostro smartphone quando guidiamo. Il sondaggio nasce da una di quelle battaglie a sfondo sociale che periodicamente Quattroruote imbraccia: è ora di prendere sul serio l'abuso dei dispositivi mobili mentre siamo al volante. Perciò sotto lo slogan "Stop cellular", oltre al questionario online, a cui hanno risposto più di 5 mila persone, abbiamo organizzato una serie di iniziative di sensibilizzazione: da manifestazioni per i giovani come GenZ a vari talk show, con lo scopo di liberarci da questa schiavitù e tornare padroni della situazione. Perché il 75% emerso dal sondaggio è un numero che denuncia una dipendenza: siamo tutti così distratti da quel rettangolo nero che è ormai un'appendice del nostro corpo e della nostra mente da necessitare di un aiuto esterno per "smettere". Almeno quando guidiamo. Siamo eroinomani che chiedono la reclusione nella comunità di recupero, maniaci sessuali che invocano per sé la castrazione chimica.

Paragoni esagerati? Al di là della provocazione, non così tanto, visto che qui non parliamo di telefonate, ché, quando l'89% dei partecipanti al sondaggio dice di connettere il telefono al vivavoce dell'auto appena sale a bordo, ci crediamo. Il problema ormai non sono più tanto le conversazioni – intendiamoci, in giro c'è ancora gente che parla tenendo il cellulare all'orecchio o in mano –, ma un nemico più subdolo, quella fetta della vita personale racchiusa nel perimetro dello schermo di vetro del nostro device: messaggi in chat, notifiche, Instagram, TikTok, Facebook e via così. E qui utilizzare l'espressione "dipendenza" non è così assurdo. Le statistiche parlano di circa due ore al giorno spese mediamente da ogni italiano sui social. E se il dato può essere indice di un'abitudine poco sana di suo, assume risvolti potenzialmente tragici quando interessa pure il tempo speso alla guida. In autostrada, a 130 km/h, in un secondo percorriamo 36,1 metri. Se diamo un'occhiata a una notifica o, peggio, se componiamo a mano un messaggio, distogliamo lo sguardo dalla strada per un tempo superiore. Pensate a quel che potrebbe succedere. E purtroppo succede, se in Italia, ogni anno, oltre 33 mila incidenti avvengono in media per distrazione, dove l'impiego improprio dello smartphone fa la parte del leone, contribuendo a un bilancio pesante di morti e feriti: rispettivamente, 1.429 e 107.643 nel primo semestre del 2024 (ultimi dati Istat). Una strage da fermare.

37% 11% 75% 40%
Di chi manda messaggi... Non si connette... Dei nostri lettori... Col telefono fa altro...
Non utilizza i sistemi di dettatura in vivavoce dell'assistente vocale al dispositivo vivavoce dell'auto, ma usa direttamente il telefono Accetterebbe l'inibizione di alcune funzioni del cellulare quando si guida Cioè al volante non lo impiega per le chiamate, ma per social & Co.

 

Ridiamo la parola ai lettori per definire meglio i contorni della faccenda. Anche le semplici telefonate inducono a distrazioni: pur facendo tutto a norma di legge e di buon senso, cioè chiedendo all'assistente vocale di chiamare un contatto e poi parlando con l'impianto vivavoce, le mani sul volante e lo sguardo sulla strada, la conversazione assorbe parte della nostra attenzione ed è facile mancare un'uscita dall'autostrada, sbagliare una svolta, non leggere un cartello o non accorgersi dell'arrivo di un ciclista. Il 37% dei partecipanti al sondaggio, però, fa peggio: compone manualmente il numero di telefono, sull'apparecchio stesso o sulla tastiera touch dell'auto.
Il 40%, poi, ammette di usare il cellulare in auto per funzioni diverse dalla chiamata. Tra cui la messaggistica. Il 37% di chi lo fa si distrae per comporre un testo direttamente sul telefono (28%) oppure sulla tastiera del display touch della vettura (9%). Alle notifiche  WhatsApp o Telegram, si sa, è difficile resistere. E poi ci sono i feed social: qualcuno ha messo un like alla tua ultima storia, come fai a non buttarci l'occhio? Quasi tutti, infatti, lo fanno o lo hanno fatto, almeno una volta. Per alcuni è proprio un'abitudine. E uscirne non è facile, perché quell'abitudine si replica in tante altre situazioni della quotidianità, anche nei casi in cui la buona educazione suggerirebbe di lasciar perdere: lo si fa quando si parla con gli altri, quando si è al ristorante, durante i meeting di lavoro e persino mentre si guarda la tivù. Cioè un altro schermo.

Così veniamo irretiti dai social

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Abbiamo raccontato i risultati più eclatanti del nostro sondaggio a Paolo Crepet, psicologo e sociologo molto noto al grande pubblico, per mettere a fuoco i meccanismi che rendono complesso liberarci dalla schiavitù della "valanga social"  persino quando guidiamo....

Tutti innocenti? Abbiamo chiesto l'aiuto di uno studioso che è psicologo e sociologo, Paolo Crepet, per comprendere i contorni di un comportamento con tutte le caratteristiche della dipendenza. Qui invece vale la pena chiedersi se siamo tutti innocenti. Noi giornalisti, le case automobilistiche, i produttori di telefoni, i provider di rete, le aziende di social media. Che domanda, certo che sì: il colpevole è chi usa male un dispositivo. La Beretta o la Smith&Wesson non hanno responsabilità se utilizzo un'arma per fare una rapina. E siamo d'accordo. Ma non è che ci nascondiamo un po' tutti dietro quest'ovvia verità? È casuale che i social siano costruiti – come dice Crepet – per creare dipendenza? Che i sistemi di infotainment delle auto abbiano concentrato le funzioni in schermi che mimano i comandi touch e swipe degli smartphone e che costituiscono di per sé una distrazione? Che mentre invochiamo la limitazione dell'utilizzo dei cellulari nell'abitacolo abbiamo concepito un sistema che – nel quadro di una progressiva diffusione della guida semiautonoma – fonda i suoi presupposti economici proprio sulle attività di e-commerce a bordo?
Ugualmente ci si dovrebbe chiedere  perché una tecnologia di così larga diffusione non sia impugnata dalla politica per definire un perimetro d'impiego in sicurezza che vada al di là del solo inasprimento delle sanzioni, di cui, per inciso, la gente è poco consapevole (il 58% degli intervistati). In altri termini, dovremmo forse domandarci – di fronte alle difficoltà all'autodisciplina e in considerazione del costo sociale degli incidenti – se un sistema regolatorio sia del tutto da escludere. Del resto, se la politica mi proibisce di utilizzare una Euro 5, perché non potrebbe bloccare (il come è altra questione, tecnica) l'utilizzo di alcune funzioni del telefono mentre guido? In fondo la vita val bene una notifica.