
Prove su strada
Jeep Grand Cherokee
Asfalto o sterrato, non fa differenza
Quinto atto per la Suv americana, per la prima volta disponibile nella sola (e inedita) versione ricaricabile. Opulenta e confortevole, viaggia pure forte. Ma, per evitare consumi elevati, ci si deve fermare spesso alla colonnina
Tra le svariate easter eggs che la Jeep è solita nascondere qua e là sui suoi modelli, la nuova Grand Cherokee ne ha una inedita e illuminante: sul cristallo posteriore destro, visibile soltanto dall'interno del vano bagagli, sono serigrafate le sagome di tutte le generazioni. Le linee s'ingentiliscono e si fanno via via più affusolate, è naturale, ma percepisci qualcosa che fa da collante fra quest'ultima edizione, la quinta, e la capostipite del 1992. Quella, per inciso, che fu protagonista di uno dei più memorabili unveiling del settore, con Bob Lutz, il ceo di allora, al volante, che si arrampicava su per la scalinata della Cobo Hall a Detroit e con il muso sfondava un'enorme parete di vetro sistemata all'entrata del Salone. Per la cronaca, non gli era scappato il freno, ma si trattava di una messa in scena, nel più tipico celodurismo a stelle e strisce, per mettere subito in chiaro che quella lussuosa fuoristrada, più altolocata della Cherokee standard, a dispetto del nuovo status era ancora capace di fare cose da Jeep.