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Tecniche di risanamento
Per capire quali interventi tecnici siano necessari sui tunnel della nostra rete, ne abbiamo visitato uno dell'A26 Voltri-Gravellona Toce, chiamato Olimpia e lungo 870 metri
Per capire quali interventi tecnici siano necessari sui tunnel della nostra rete, abbiamo visitato una delle gallerie dell'A26 Voltri-Gravellona Toce, chiamata Olimpia e lunga 870 metri (tra gli svincoli di Casale Monferrato e Alessandria, in direzione sud), dov'è possibile vedere in atto le diverse tipologie di operazioni oggi in corso su gran parte dei 285 fornici liguri gestiti da Autostrade per l'Italia. «La prima fase», spiega Marita Giordano, responsabile del piano di "assessment", cioè di valutazione dello stato delle gallerie di tutta la rete della società, «è stata appunto quella di verifica delle condizioni di degrado delle infrastrutture, attuata con l'utilizzo di strumenti come georadar e laserscanner, ma anche con videoendoscopie, tomografie soniche, l'uso di martinetti piatti e carotaggi di campioni di calcestruzzo». Le indagini hanno permesso di tracciare un quadro delle priorità degli interventi, che privilegia i tunnel privi, fin dalla loro costruzione, dell'impermeabilizzazione, realizzata invece nelle opere più recenti.
Quali sono i problemi più ricorrenti emersi dalle indagini? «In genere, i sottospessori dei rivestimenti del calcestruzzo», spiega l'ingegner Giordano, «la cui calotta dovrebbe avere, nella volta e lungo le pareti (i cosiddetti piedritti), uno spessore tra 70 e 120 cm; durante la costruzione, le pompe dell'epoca non avevano capacità sufficiente a garantire, in particolare negli archi, lo spessore previsto dal progetto. In alcune zone abbiamo trovato rivestimenti di soli 20-30 cm, sovente associati a vuoti soprastanti: il calcestruzzo non è a contatto con la roccia, ma lascia ampi spazi, in cui s'infiltra l'acqua. Nei cicli di gelo e disgelo, può quindi capitare che porzioni di roccia stacchino pezzi di ammasso che battono sul calcestruzzo, determinandone il distacco». A questo si aggiungono spesso lesioni, longitudinali, trasversali e ramificate, visibili nei rivestimenti e originate dalla non corretta maturazione del calcestruzzo nella fase di getto. Le infiltrazioni attraverso le lesioni passanti e più profonde creano difetti che, se non sanati, comportano distacchi di porzioni del rivestimento. Finita la radiografia di una galleria, si decide il piano d'interventi.
«Dove ci sono vuoti e sottospessori importanti, viene demolito e ricostruito interamente il rivestimento nella porzione interessata dalla criticità: nella galleria Olimpia, per esempio, ci sono quindici conci dov'è stata effettuata questa operazione, arrivando fino alla roccia nuda, impermeabilizzando e ricostituendo il rivestimento con conci prefabbricati di calcestruzzo, appoggiati su nuove travi laterali; i fori dei conci permettono di gettare altro calcestruzzo, riempiendo i vuoti e ricostruendo completamente l'arco della calotta». Quando, invece, il rivestimento non è insufficiente, spiega Giordano, «se ne migliora la prestazione statica ancorando le porzioni alla roccia soprastante con "chiodi" di acciaio inox – lunghi da tre metri a sei e mezzo – e bulloni, che rendono stabile il rivestimento». Se, infine, la roccia non offre una consistenza tale da reggere l'ancoraggio, s'installano delle centine metalliche, rivestite con calcestruzzo proiettato a pressione (detto spritz). Nella galleria Olimpia sono state attuate tutte queste tipologie d'interventi: i lavori richiedono un investimento di 12 milioni di euro e sei-sette mesi di tempo. Trascorsi i quali e conclusa l'opera, si ricomincerà a operare nel fornice in direzione di Gravellona. Più che di manutenzione, come si vede, si tratta di ammodernamenti, per allungare la vita utile delle opere.
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