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Alfa Romeo Giulia
In Alfa Veritas

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Sono a Balocco, ritrovata casa dell’Alfa, e il clima è a dir poco effervescente. La Giulia Quadrifoglio è arrivata in tutti i suoi 510, fragorosi, cavalli. Vi parlerò tra un attimo di lei, prima voglio dirvi una cosa: dopo essere sceso dai suoi sedili sportivissimi di carbonio firmati Sparco (e ancor di più, se possibile, dall’altra Giulia che ho provato oggi, la Diesel da 180 cv), la sensazione è quella di trovarsi di fronte a un’invenzione, più che a un nuovo modello. Per vocazione, la Giulia tende verso quel mondo popolato di Mercedes Classe C, BMW Serie 3 e Audi A4 e sfida le rivali ridisegnando il paradigma della guidabilità: per sovvertire le regole e ridefinire gli standard del ‘piacere di guida’ in Alfa Romeo hanno aperto mente e cuore.

Recupera terreno. Perché non è facile colmare in soli tre anni il gap coi tedeschi e riuscire a dire la propria. Per la prima volta dopo tanti anni, infatti, un’Alfa Romeo non è salvata da una ‘messa a punto’ (leggi Mito e Giulietta, per restare ai nostri tempi) o da un gadget elettronico di guida, ma da un comparto tecnico degno della sua storia. Acciai altoresistenziali e alluminio sono alla base, per esempio, di un telaio leggero e robustissimo; sospensioni, anche qui d’allumino (e di cui già saprete tutto immagino), mai viste su una berlina del genere sono il fiore all’occhiello di un’elastocinematica da incorniciare che, assieme al differenziale elettronico posteriore (a doppia frizione; ma nelle versioni non Quadrifoglio sarà disponibile anche un meccanico classico), all’albero di trasmissione di carbonio e all’elettronica di guida integrata (Chassis Domain Control), rendono agile e sensibile alle azioni di guida la Giulia come solo una supercar potrebbe esserlo. E so bene dove ho puntato il dito, visto che questo sistema ricorda da vicino quelli già visti su Ferrari e Lamborghini. 

Piacere unico. Le tedesche, cui accennavo, continueranno ad avere il loro fascino e, sotto molti aspetti, continueranno a dettare trend in fatto di gadgettistica e di un certo tipo di immagine. Giusto che ciascun giocatore della partita proietti il suo film, però se si parla di piacere di guida, gusto nel possesso di un oggetto particolare e piacere d’interfacciarsi con un marchio antico e ricco di heritage, per molti non ci sarà che la Giulia. Almeno per ora. E sapete perché? Il telaio della Giulia è stato progettato per soddisfare le esigenze della Quadrifoglio e, a cascata, viene poi messo a disposizione del resto della gamma. Quindi che guidiate la ‘base’ Diesel o l’esagerata Quadrifoglio, le sensazioni che restituisce la Giulia a chi la guida sono le stesse.

Come va. Dico la verità: va talmente bene che, dopo averla provata, te ne freghi di finiture (peraltro molto buone), infotainment (piacevole nella grafica, semplice nell’utilizzo) e di tutto il resto. Vuoi risalirci e tornare a guidare. Ecco perché so che non c’è spocchia in Sergio Marchionne quando afferma “Non ci sono concorrenti, neanche le tedesche. Qualcuno ha detto la BMW. Portatela qui, la guidiamo in pista e vediamo”. E scommetto che Marchionne non vi è stato mai tanto simpatico come dopo aver pronunciato questa affermazione… Torno alla Giulia Quadrifoglio. 
Il motore è il V6 di 2,9 litri di derivazione Ferrari. O meglio: il basamento di alluminio è quello, le testate sono adattate alle nuove esigenze. Produce 600 Nm e porta questa Quadrifoglio fino alla fantastica soglia dei 307 km/h. Spinge molto forte e la sua massima prontezza la raggiungi attivando la modalità di guida Race dal rinnovato ‘manettino’ by Alfa Romeo, il DNA Pro. Curiosamente, più che una ‘modalità di guida’, è il modo per spegnere ogni controllo elettronico su trazione e stabilità; ma è soprattutto il metodo migliore per entrare in contatto col fantastico telaio di questa super Giulia. In inserimento, per esempio, senti perfettamente tutto ciò che accade alle sospensioni anteriori, alle ruote. E in generale al muso.

Attaccata a terra. Il grip è totale, la sensazione di percepire quello che accade, del tutto nuova. Non immaginate, banalmente, che lo sterzo restituisca sensazioni ‘di una volta’, piuttosto è tutto il vostro corpo che, coinvolto dalla posizione di guida e dal baricentro basso, capta tutto. Non c’è ‘fortuna’ in questo risultato, ma trovate: la scatola dello sterzo assistito elettricamente, per esempio, è davanti al motore, non sotto. Questa soluzione tecnica, inedita per una berlina, ha permesso di abbassare la posizione del motore (ricordo, in tutta la gamma): insomma, lo sterzo, oltre a essere iperdiretto e permetterti di giocare fra le curve con movimenti minimi, contribuisce ‘tecnicamente’ al bilanciamento della Giulia che, indipendentemente dalle versioni, è pari fra gli assi. In uscita dalle curve, anche accelerando in modo brusco o anticipato, il posteriore scoda con progressione e grazie al rapporto direttissimo con lo sterzo (due giri, da parte a parte) è possibile gestire il sovrasterzo con piccoli gesti che, vista la reattività del tutto, sembrano più intuitivi che mai. Non t’aspetti davvero una risposta così sincera da ogni singola parte dell’auto. La direzionalità dell’avantreno ricorda quella con cui la 458 ha fatto scuola. Il fine tuning delle sospensioni (non la tecnica, che qui è nettamente superiore), quel modo delicato e preciso di restituire ciò che sta succedendo là sotto, mi ha ricordato certe Lotus. Vorrei parlare con voi, magari sui social di TopGear, di queste sensazioni perché anche se potrebbero sembrare lusinghiere, la Giulia ‘Q’ va davvero così. In Alfa Romeo, dove conoscono benissimo l’asso nella manica dell’auto, punteranno forte sui test drive come strumento di comunicazione; quindi tenetevi aggiornati, guidatela e parliamone. Ho provato a lungo anche le altre tre pozioni di guida del DNA Pro: la All Weather, la Natural e la Dynamic. Tutte piacevoli con quella dedicata alla pioggia conservativa (l’esp interviene ancor prima che s’inneschi un sovra/sottosterzo grazie ai sensori che leggono ciò che accadrà in funzione di angolo sterzo, condizioni dell’asfalto, imbardata ecc; un capolavoro tecnologico) e le altre, via via più ‘permissive’ nel farti giocare fra le curve. Ma ripeto, è in Race che questa Giulia rivela il suo incredibile equilibrio. Divina nei cambi di direzione, agile come un gatto nel trasformare la ‘percorrenza di curva’ in sovrasterzo e una frenata sbagliata in un nuovo momento di divertimento (basta lasciare il gas per sentire l’avantreno riportarsi in traiettoria e sentire le ruote anteriori che tornano ad aderire).

Sobria leggerezza. Ho guidato così tanto da aver finito metà del serbatoio del secondo pieno qui a Balocco e ora mi siedo sul guardrail a osservarla prima di riconsegnarla (Alfa, perché non ci regali una chiave di metallo?). Sto guardando una superberlina italiana capace di schiaffeggiare i sensi con la sua forza e di portarti a ballare tra le curve. Agile e aggraziata, tenace e infinita. Secondo la classica logica dei confronti, le sue nemiche a trazione posteriore sono la M4 e la C63 AMG: auto che mordono il concetto di velocità coi sovradimensionamenti necessari a trasformare l’auto di base in ‘M’ o ‘AMG’ e non con la sobria leggerezza della Giulia, nata per essere supersportiva, indipendentemente dall’allestimento. In effetti, come mi ha confermato poco fa Philippe Krief (il responsabile tecnico dell’Alfa, ex Ferrari) in un incontro ‘a tu per tu’, fonti d’ispirazione per la messa a punto della Giulia sono state auto (pure) estreme come la 458 Speciale… Concetti ‘totali’ dunque che, applicati a una berlina a quattro posti, con tanto di baule, confort nei trasferimenti e tutto quello che una berlina sa fare, sanciscono il ritorno dell’Alfa Romeo nel suo territorio d’elezione, quello di costruttore di berline sportive, di classe. Dopo anni tormentati e d’ingiustizie per la sua stessa storia (oltre che per noi tutti petrolhead) ho visto meccanici, collaudatori e ingegneri finalmente orgogliosi di vestire i panni del Biscione. La morale di oggi, quindi è una sola: bentornata a casa tua, Alfa Romeo.

Marco Pascali - TopGear ITA
(servizio ripreso da TG 103)

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