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Puma
Dune buggy, ma non solo - GALLERY

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Puma - Dune buggy, ma non solo - GALLERY

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La Puma Gatto Spider utilizzata nel film “Altrimenti ci arrabbiamo” (1974), con Bud Spencer e Terence Hill. Negli Anni 70 e 80 sono stati diversi i product placement fra la piccola Casa automobilistica e il cinema italiano.

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Non solo dune buggy: la Puma produceva anche vetture sportive dal design estremo, con carrozzeria in vetroresina, utilizzando il solito pianale del Volkswagen Maggiolino. All’inizio, anche le motorizzazioni erano Volkswagen. In un secondo momento sono stati adottati propulsori Alfa Romeo.​

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Il fuoristrada Puma Ranch. Rispetto agli altri modelli della Casa romana, questo veicolo in stile Wrangler, ma con motore posteriore, adotta un pianale tubolare ideato dalla stessa Puma.​

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La Puma GTV 033 (1984). Dotata di un 4 cilindri boxer di 1.2 litri di origine Alfa Romeo, ha un peso di circa 660 kg. Come altre sportive Puma non passa inosservata: il padiglione, incernierato alla base del vetro, si solleva e ruota in avanti permettendo l’accesso all’abitacolo.​

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La Puma di “Altrimenti ci arrabbiamo”… oggi: un collezionista l’ha restaurata. ​

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Le Puma a un raduno organizzato qualche tempo fa a Monterotondo. Con portiere ad ali di gabbiano o con padiglione incernierato alla base del vetro, l’accesso all’abitacolo non passa mai inosservato.​

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La prima serie della Puma GTV presente nel film “Mani di velluto” del 1979, con Adriano Celentano e Eleonora Giorgi. ​

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Altre immagini della Puma GTV O33. La carrozzeria è da vera sportiva: è alta solo 110 cm, meno dell’Alfa Romeo 4C (118 cm).​

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La Puma GT (1973), qui con livrea bianca. È la versione sportiva della Puma, a sua volta evoluzione della Gatto Spider (1968), visibile nella foto in colore blu.​

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Una Puma GTV e una Boxer 90, entrambe con carrozzeria rossa.​

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Altri scatti della Puma Ranch. La fuoristrada è apparsa in diverse pellicole: “Bomber” (1982), con Bud Spencer e Jerry Calà, “Sing Sing” (1983), con Adriano Celentano, “Questo e quello” (1983) con Renato Pozzetto e Nino Manfredi.​

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Un’altra immagine del raduno di Monterotondo. Ogni esemplare Puma è diverso dagli altri, viste le numerose personalizzazioni a cui sono stati sottoposti i veicoli. La GTV gialla della foto, per esempio, ha i fanali a scomparsa e un piccolo trilobo in stile Alfa Romeo. ​

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La Puma Boxer 90 in un’immagine tratta dalle brochure di vendita, come quelle che seguono.​

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Il kit base di montaggio della Puma Boxer 90 costava 5.800.000 lire + Iva, al quale era necessario aggiungere un secondo kit (con portiere, plancia, cruscotto ecc) al prezzo di 3.400.000 lire +Iva L’assemblaggio fai da te aveva un tempo di esecuzione medio, secondo la Casa, non superiore alle 200 ore.​

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In versione preassemblata, la Puma Boxer 90 costava circa 32 milioni di lire, escluse Iva e messa in strada.​

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Già assemblata, la Boxer 90 era disponibile nei colori rosso, nero e grigio. Il bianco era invece il colore base del kit.​

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La Boxer 90 monta un motore boxer di 1.5 litri da 105 CV di origine Alfa Romeo.

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Secondo la Casa, la Boxer 90 era in grado di superare i 200 km/h, con un’accelerazione da 0-100 km/h in 7,5 secondi. ​

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La caratteristica apertura di una Puma GTV. Vista l’altezza raggiunta ad abitacolo aperto, è necessario prestare attenzione negli ambienti chiusi.​

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L’apertura della Puma GTV vista da un’altra angolazione. A sinistra, un’altra GTV in colore rosso. ​

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Un’altra immagine del film “Altrimenti ci arrabbiamo” con Bud Spencer. ​

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Ancora una foto del raduno Puma di Monterotondo. ​

In una delle più celebri pellicole con il mitico Bud Spencer -  “Altrimenti ci arrabbiamo!” del 1974 - l’attore napoletano, scomparso il 27 giugno, e l’inseparabile Terence Hill si contendono lo stesso premio in una gara di motocross. Non è un premio qualsiasi: è una dune buggy, veicolo adatto a spostarsi sulla sabbia. Per la precisione, è una Gatto Spider, il modello più noto della Puma, Casa automobilistica romana specializzata in kit car, veicoli venduti in scatola di montaggio. Come tutte le dune buggy, la cui produzione affiorò un po’ in tutto il mondo tra gli Anni 60 e 70, la "spiaggina" del cinema venne concepita utilizzando il pianale del vecchio VW Maggiolino. L’intuizione di produrre questo genere di vetture e di affidarsi al cinema per la promozione delle stesse (la presenza di veicoli Puma nelle pellicole italiane sarà una costante in tutta la vita dell’azienda) è dell’imprenditore Adriano Gatto, ex pilota di autocross.

Spiaggina mon amour. A dire il vero, furono diversi i produttori di queste spiaggine nella nostra penisola, dalla bolognese Autozodiaco che per la produzione si avvalse in un primo momento delle officine Giannini di Roma, alla ATL di Mandello del Lario, passando per la Momo Helvetia di Rozzano, nei pressi della redazione di Quattroruote. Ma tra tutte le spiaggine italiche, la Gatto Spider ha rappresentato la definitiva consacrazione del mito dune buggy nel nostro Paese. Per la Puma, fu solo il primo di una serie di modelli tutti con carrozzeria di vetroresina e pianale del VW Maggiolino. Se alla spiaggina seguirono le evoluzioni Puma e Puma GT, alle dune buggy si affiancarono una serie di modelli dal design estremo, da vera supercar, e prezzi accessibili, venduti in scatola di montaggio o preassemblati, secondo le esigenze del cliente: la Puma GTV (1979), dal caratteristico padiglione incernierato alla base del vetro che, sollevandosi e ruotando, consentiva l’accesso all’abitacolo e le sue evoluzioni GTV-033 (1984) e GTV-033s (1985); la Boxer 90 (1991), dalle caratteristiche portiere ad ali di gabbiano, ispirate alla Mercedes SL.

Off-road in kit. Faceva parte della gamma Puma persino una piccola fuoristrada, la Ranch, nelle forme ispirata alla più famosa Jeep Wrangler. Era dotata di un pianale tubolare appositamente ideato dalla Puma (caso unico per l’azienda romana, che ha sempre fatto largo uso del pianale Maggiolino) e motore posteriore. L’ultimo modello prodotto (un esemplare unico) è stato la Puma 248 (1993), evoluzione della Boxer 90. Il prototipo venne distrutto in un incendio che colpì lo stabilimento romano. Quest’episodio e la burocrazia sempre più restrittiva nei confronti delle kit-car e, in generale, dei piccoli costruttori, segnarono il declino della casa automobilistica che chiuse i battenti nel 1993. Secondo un censimento operato dal Puma Club Italia, sono circa 150 gli esemplari di vetture Puma presenti in Italia. Da non confondere con la Ford Puma, piccola sportiva prodotta a Colonia dal 1997 al 2001 e destinata al mercato europeo. Per chiamarla così la Casa americana ha acquistato il marchio dalla famiglia Gatto.

Alessandro Mirra