Grandi opere
Quando l’auto ispira l’architettura - GALLERY
Il Lingotto (Italia). Progettato dall’architetto Giacomo Mattè Trucco, lo stabilimento Fiat del Lingotto (in piena cintura urbana, a Torino) viene inaugurato nel 1923. È una fabbrica a ciclo completo, in cui cioè il prodotto-automobile viene costruito, in un’unica sede, in tutte le sue componenti. Compresa, ed è ciò che rende quest’opera unica al mondo, una pista di prova sul tetto lunga mezzo chilometro per lato, con due sopraelevate, accessibile tramite rampe elicoidali alle estremità nord e sud dell’edificio, alto cinque piani. Dismesso nel 1982 (il primo Fiorino e la prima Delta furono gli ultimi modelli costruiti qui), è stato rapidamente riconvertito in centro multifunzionale: galleria commerciale, centro congressi, alberghi, cinema eccetera. Chi alloggia all’NH Hotel ricavato al suo interno può, tramite ascensori riservati, accedere al tetto per ammirare Torino dall’alto o fare jogging. Tranne in questo periodo in cui le due curve sono interessate da un cantiere di restauro.
Il Lingotto (Italia). Progettato dall’architetto Giacomo Mattè Trucco, lo stabilimento Fiat del Lingotto (in piena cintura urbana, a Torino) viene inaugurato nel 1923. È una fabbrica a ciclo completo, in cui cioè il prodotto-automobile viene costruito, in un’unica sede, in tutte le sue componenti. Compresa, ed è ciò che rende quest’opera unica al mondo, una pista di prova sul tetto lunga mezzo chilometro per lato, con due sopraelevate, accessibile tramite rampe elicoidali alle estremità nord e sud dell’edificio, alto cinque piani. Dismesso nel 1982 (il primo Fiorino e la prima Delta furono gli ultimi modelli costruiti qui), è stato rapidamente riconvertito in centro multifunzionale: galleria commerciale, centro congressi, alberghi, cinema eccetera. Chi alloggia all’NH Hotel ricavato al suo interno può, tramite ascensori riservati, accedere al tetto per ammirare Torino dall’alto o fare jogging. Tranne in questo periodo in cui le due curve sono interessate da un cantiere di restauro.
Il Lingotto (Italia). Progettato dall’architetto Giacomo Mattè Trucco, lo stabilimento Fiat del Lingotto (in piena cintura urbana, a Torino) viene inaugurato nel 1923. È una fabbrica a ciclo completo, in cui cioè il prodotto-automobile viene costruito, in un’unica sede, in tutte le sue componenti. Compresa, ed è ciò che rende quest’opera unica al mondo, una pista di prova sul tetto lunga mezzo chilometro per lato, con due sopraelevate, accessibile tramite rampe elicoidali alle estremità nord e sud dell’edificio, alto cinque piani. Dismesso nel 1982 (il primo Fiorino e la prima Delta furono gli ultimi modelli costruiti qui), è stato rapidamente riconvertito in centro multifunzionale: galleria commerciale, centro congressi, alberghi, cinema eccetera. Chi alloggia all’NH Hotel ricavato al suo interno può, tramite ascensori riservati, accedere al tetto per ammirare Torino dall’alto o fare jogging. Tranne in questo periodo in cui le due curve sono interessate da un cantiere di restauro.
Il Lingotto (Italia). Progettato dall’architetto Giacomo Mattè Trucco, lo stabilimento Fiat del Lingotto (in piena cintura urbana, a Torino) viene inaugurato nel 1923. È una fabbrica a ciclo completo, in cui cioè il prodotto-automobile viene costruito, in un’unica sede, in tutte le sue componenti. Compresa, ed è ciò che rende quest’opera unica al mondo, una pista di prova sul tetto lunga mezzo chilometro per lato, con due sopraelevate, accessibile tramite rampe elicoidali alle estremità nord e sud dell’edificio, alto cinque piani. Dismesso nel 1982 (il primo Fiorino e la prima Delta furono gli ultimi modelli costruiti qui), è stato rapidamente riconvertito in centro multifunzionale: galleria commerciale, centro congressi, alberghi, cinema eccetera. Chi alloggia all’NH Hotel ricavato al suo interno può, tramite ascensori riservati, accedere al tetto per ammirare Torino dall’alto o fare jogging. Tranne in questo periodo in cui le due curve sono interessate da un cantiere di restauro.
L’île Seguin (Francia). A differenza del Lingotto, questo ex stabilimento Renault (attivo dal 1929 al 27 marzo 1992: fu una Supercinque l’ultima vettura che vi venne assemblata) oggi non esiste più: è stato demolito tra il 2004 e il 2005, anche a causa delle forti concentrazioni di amianto. Peccato, perché non bastasse l’idea di occupare interamente un’isola della Senna, alle porte di Parigi, con una fabbrica di automobili (al tempo era la più grande di tutta la Francia e arrivò a contare 30 mila dipendenti) questo era un Lingotto… alla rovescia: la pista di prova era infatti sotterranea. Diventata simbolo non solo dell’efficienza industriale del Paese ma anche delle lotte operaie, e in particolare del ‘68, l’île Seguin è oggi al centro di una serie di progetti di riqualificazione.
L’île Seguin (Francia). A differenza del Lingotto, questo ex stabilimento Renault (attivo dal 1929 al 27 marzo 1992: fu una Supercinque l’ultima vettura che vi venne assemblata) oggi non esiste più: è stato demolito tra il 2004 e il 2005, anche a causa delle forti concentrazioni di amianto. Peccato, perché non bastasse l’idea di occupare interamente un’isola della Senna, alle porte di Parigi, con una fabbrica di automobili (al tempo era la più grande di tutta la Francia e arrivò a contare 30 mila dipendenti) questo era un Lingotto… alla rovescia: la pista di prova era infatti sotterranea. Diventata simbolo non solo dell’efficienza industriale del Paese ma anche delle lotte operaie, e in particolare del ‘68, l’île Seguin è oggi al centro di una serie di progetti di riqualificazione.
L’île Seguin (Francia). A differenza del Lingotto, questo ex stabilimento Renault (attivo dal 1929 al 27 marzo 1992: fu una Supercinque l’ultima vettura che vi venne assemblata) oggi non esiste più: è stato demolito tra il 2004 e il 2005, anche a causa delle forti concentrazioni di amianto. Peccato, perché non bastasse l’idea di occupare interamente un’isola della Senna, alle porte di Parigi, con una fabbrica di automobili (al tempo era la più grande di tutta la Francia e arrivò a contare 30 mila dipendenti) questo era un Lingotto… alla rovescia: la pista di prova era infatti sotterranea. Diventata simbolo non solo dell’efficienza industriale del Paese ma anche delle lotte operaie, e in particolare del ‘68, l’île Seguin è oggi al centro di una serie di progetti di riqualificazione.
L’île Seguin (Francia). A differenza del Lingotto, questo ex stabilimento Renault (attivo dal 1929 al 27 marzo 1992: fu una Supercinque l’ultima vettura che vi venne assemblata) oggi non esiste più: è stato demolito tra il 2004 e il 2005, anche a causa delle forti concentrazioni di amianto. Peccato, perché non bastasse l’idea di occupare interamente un’isola della Senna, alle porte di Parigi, con una fabbrica di automobili (al tempo era la più grande di tutta la Francia e arrivò a contare 30 mila dipendenti) questo era un Lingotto… alla rovescia: la pista di prova era infatti sotterranea. Diventata simbolo non solo dell’efficienza industriale del Paese ma anche delle lotte operaie, e in particolare del ‘68, l’île Seguin è oggi al centro di una serie di progetti di riqualificazione.
L’île Seguin (Francia). A differenza del Lingotto, questo ex stabilimento Renault (attivo dal 1929 al 27 marzo 1992: fu una Supercinque l’ultima vettura che vi venne assemblata) oggi non esiste più: è stato demolito tra il 2004 e il 2005, anche a causa delle forti concentrazioni di amianto. Peccato, perché non bastasse l’idea di occupare interamente un’isola della Senna, alle porte di Parigi, con una fabbrica di automobili (al tempo era la più grande di tutta la Francia e arrivò a contare 30 mila dipendenti) questo era un Lingotto… alla rovescia: la pista di prova era infatti sotterranea. Diventata simbolo non solo dell’efficienza industriale del Paese ma anche delle lotte operaie, e in particolare del ‘68, l’île Seguin è oggi al centro di una serie di progetti di riqualificazione.
La fabbrica di vetro (Germania). Uno dei sogni di Ferdinand Piëch nei suoi anni di presidenza Volkswagen era non solo di avere un’ammiraglia con il marchio della capogruppo (la Phaeton), ma di costruirla in una fabbrica unica al mondo: fu inaugurata l’11 dicembre 2001 a Dresda, capitale della Sassonia, a un tiro di schioppo dal confine con la Repubblica Ceca. Più che una fabbrica classicamente intesa, la Glaeserne Manufaktur era un centro di assemblaggio a vista lindo, silenzioso e ordinatissimo in cui arrivavano pezzi preparati in altre sedi produttive. L’opera, spettacolare, è stata usata spesso per concerti, esposizioni e altri eventi non strettamente correlati al mondo dell’auto. Lo scorso 18 marzo, dopo poco più di 84 mila esemplari costruiti in 14 anni, è uscita di produzione l'ultima Phaeton. E nel giro di tre sole settimane (altro record) la grande struttura trasparente è stata riconvertita in un centro espositivo che racconta il futuro della Volkswagen e della mobilità. Ci sono anche, nella “nuova” fabbrica di Dresda, atelier per la personalizzazione, un museo, una galleria d'arte, due punti di ristoro e un negozio di merchandising.
La fabbrica di vetro (Germania). Uno dei sogni di Ferdinand Piëch nei suoi anni di presidenza Volkswagen era non solo di avere un’ammiraglia con il marchio della capogruppo (la Phaeton), ma di costruirla in una fabbrica unica al mondo: fu inaugurata l’11 dicembre 2001 a Dresda, capitale della Sassonia, a un tiro di schioppo dal confine con la Repubblica Ceca. Più che una fabbrica classicamente intesa, la Glaeserne Manufaktur era un centro di assemblaggio a vista lindo, silenzioso e ordinatissimo in cui arrivavano pezzi preparati in altre sedi produttive. L’opera, spettacolare, è stata usata spesso per concerti, esposizioni e altri eventi non strettamente correlati al mondo dell’auto. Lo scorso 18 marzo, dopo poco più di 84 mila esemplari costruiti in 14 anni, è uscita di produzione l'ultima Phaeton. E nel giro di tre sole settimane (altro record) la grande struttura trasparente è stata riconvertita in un centro espositivo che racconta il futuro della Volkswagen e della mobilità. Ci sono anche, nella “nuova” fabbrica di Dresda, atelier per la personalizzazione, un museo, una galleria d'arte, due punti di ristoro e un negozio di merchandising.
La fabbrica di vetro (Germania). Uno dei sogni di Ferdinand Piëch nei suoi anni di presidenza Volkswagen era non solo di avere un’ammiraglia con il marchio della capogruppo (la Phaeton), ma di costruirla in una fabbrica unica al mondo: fu inaugurata l’11 dicembre 2001 a Dresda, capitale della Sassonia, a un tiro di schioppo dal confine con la Repubblica Ceca. Più che una fabbrica classicamente intesa, la Glaeserne Manufaktur era un centro di assemblaggio a vista lindo, silenzioso e ordinatissimo in cui arrivavano pezzi preparati in altre sedi produttive. L’opera, spettacolare, è stata usata spesso per concerti, esposizioni e altri eventi non strettamente correlati al mondo dell’auto. Lo scorso 18 marzo, dopo poco più di 84 mila esemplari costruiti in 14 anni, è uscita di produzione l'ultima Phaeton. E nel giro di tre sole settimane (altro record) la grande struttura trasparente è stata riconvertita in un centro espositivo che racconta il futuro della Volkswagen e della mobilità. Ci sono anche, nella “nuova” fabbrica di Dresda, atelier per la personalizzazione, un museo, una galleria d'arte, due punti di ristoro e un negozio di merchandising.
Il viadotto di Millau (Francia). Se vi trovate a passare per la regione francese del Midi-Pyrénées, fate in modo di fare una tappa qui, perché ne vale la pena: misurato dalla base dei pilastri alla sommità del pilone è, con i suoi 341 metri di altezza, più alto della Tour Eiffel e appena 40 metri più basso dell’Empire State Building. Il secondo dei sette pilastri su cui poggia, alto 245 metri e largo 27 metri alla base e 10 alla sommità, è in assoluto il più elevato elemento di questo genere al mondo. Lungo 343 metri e largo 32, questo ponte strallato in cemento armato e acciaio è stato inaugurato nel dicembre 2004. Attraversa la valle del fiume Tarn sull’autostrada A75 e comporta un pedaggio di 7,80 euro, che diventa di 9,80 dal 15 giugno al 15 settembre. La spettacolarità dell’opera ha giustificato la creazione di uno spazio espositivo, visitabile tutti i giorni, alla base del ponte e all’interno del pilastro P2.
Il viadotto di Millau (Francia). Se vi trovate a passare per la regione francese del Midi-Pyrénées, fate in modo di fare una tappa qui, perché ne vale la pena: misurato dalla base dei pilastri alla sommità del pilone è, con i suoi 341 metri di altezza, più alto della Tour Eiffel e appena 40 metri più basso dell’Empire State Building. Il secondo dei sette pilastri su cui poggia, alto 245 metri e largo 27 metri alla base e 10 alla sommità, è in assoluto in più elevato elemento di questo genere al mondo. Lungo 343 metri e largo 32, questo ponte strallato in cemento armato e acciaio è stato inaugurato nel dicembre 2004. Attraversa la valle del fiume Tarn sull’autostrada A75 e comporta un pedaggio di 7,80 euro, che diventa di 9,80 dal 15 giugno al 15 settembre. La spettacolarità dell’opera ha giustificato la creazione di uno spazio espositivo, visitabile tutti i giorni, alla base del ponte e all’interno del pilastro P2.
Il viadotto di Millau (Francia). Se vi trovate a passare per la regione francese del Midi-Pyrénées, fate in modo di fare una tappa qui, perché ne vale la pena: misurato dalla base dei pilastri alla sommità del pilone è, con i suoi 341 metri di altezza, più alto della Tour Eiffel e appena 40 metri più basso dell’Empire State Building. Il secondo dei sette pilastri su cui poggia, alto 245 metri e largo 27 metri alla base e 10 alla sommità, è in assoluto il più elevato elemento di questo genere al mondo. Lungo 343 metri e largo 32, questo ponte strallato in cemento armato e acciaio è stato inaugurato nel dicembre 2004. Attraversa la valle del fiume Tarn sull’autostrada A75 e comporta un pedaggio di 7,80 euro, che diventa di 9,80 dal 15 giugno al 15 settembre. La spettacolarità dell’opera ha giustificato la creazione di uno spazio espositivo, visitabile tutti i giorni, alla base del ponte e all’interno del pilastro P2.
Il viadotto di Millau (Francia). Se vi trovate a passare per la regione francese del Midi-Pyrénées, fate in modo di fare una tappa qui, perché ne vale la pena: misurato dalla base dei pilastri alla sommità del pilone è, con i suoi 341 metri di altezza, più alto della Tour Eiffel e appena 40 metri più basso dell’Empire State Building. Il secondo dei sette pilastri su cui poggia, alto 245 metri e largo 27 metri alla base e 10 alla sommità, è in assoluto il più elevato elemento di questo genere al mondo. Lungo 343 metri e largo 32, questo ponte strallato in cemento armato e acciaio è stato inaugurato nel dicembre 2004. Attraversa la valle del fiume Tarn sull’autostrada A75 e comporta un pedaggio di 7,80 euro, che diventa di 9,80 dal 15 giugno al 15 settembre. La spettacolarità dell’opera ha giustificato la creazione di uno spazio espositivo, visitabile tutti i giorni, alla base del ponte e all’interno del pilastro P2.
Il traforo del San Gottardo (Svizzera). Manca di poco i 17 km di lunghezza, esattamente 16 km e 918 metri, ed è il più lungo tra i vari tunnel che “bucano" le Alpi disseminati tra Italia, Francia e Svizzera. Interamente ricavato in territorio elvetico, sull’autostrada A2 (la Basilea-Chiasso) il San Gottardo, inaugurato nel 1980, fa anche da confine tra la Svizzera italiana (Airolo, nel Canton Ticino) e quella tedesca (Göschenen, nel Canton Uri). Essendo a tutti gli effetti una galleria autostradale, non comporta il pagamento di alcun pedaggio giacché il prezzo è compreso nei 40 franchi (36 euro) della “vignette”, valida 14 mesi su tutte le arterie autostradali del Paese. Anche per questa ragione rappresenta un’utile alternativa ad altre e più onerose gallerie di confine quali il Monte Bianco o il San Bernardo, che spesso sono anche gravate da code di chilometri agli ingressi. Altra differenza, qui il limite è di 80 km/h invece di 70. Esiste un progetto per realizzare una seconda "canna" nel prossimo decennio.
Il traforo del San Gottardo (Svizzera). Manca di poco i 17 km di lunghezza, esattamente 16 km e 918 metri, ed è il più lungo tra i vari tunnel che “bucano" le Alpi disseminati tra Italia, Francia e Svizzera. Interamente ricavato in territorio elvetico, sull’autostrada A2 (la Basilea-Chiasso) il San Gottardo, inaugurato nel 1980, fa anche da confine tra la Svizzera italiana (Airolo, nel Canton Ticino) e quella tedesca (Göschenen, nel Canton Uri). Essendo a tutti gli effetti una galleria autostradale, non comporta il pagamento di alcun pedaggio giacché il prezzo è compreso nei 40 franchi (36 euro) della “vignette”, valida 14 mesi su tutte le arterie autostradali del Paese. Anche per questa ragione rappresenta un’utile alternativa ad altre e più onerose gallerie di confine quali il Monte Bianco o il San Bernardo, che spesso sono anche gravate da code di chilometri agli ingressi. Altra differenza, qui il limite è di 80 km/h invece di 70. Esiste un progetto per realizzare una seconda "canna" nel prossimo decennio.
Il traforo del San Gottardo (Svizzera). Manca di poco i 17 km di lunghezza, esattamente 16 km e 918 metri, ed è il più lungo tra i vari tunnel che “bucano" le Alpi disseminati tra Italia, Francia e Svizzera. Interamente ricavato in territorio elvetico, sull’autostrada A2 (la Basilea-Chiasso) il San Gottardo, inaugurato nel 1980, fa anche da confine tra la Svizzera italiana (Airolo, nel Canton Ticino) e quella tedesca (Göschenen, nel Canton Uri). Essendo a tutti gli effetti una galleria autostradale, non comporta il pagamento di alcun pedaggio giacché il prezzo è compreso nei 40 franchi (36 euro) della “vignette”, valida 14 mesi su tutte le arterie autostradali del Paese. Anche per questa ragione rappresenta un’utile alternativa ad altre e più onerose gallerie di confine quali il Monte Bianco o il San Bernardo, che spesso sono anche gravate da code di chilometri agli ingressi. Altra differenza, qui il limite è di 80 km/h invece di 70. Esiste un progetto per realizzare una seconda "canna" nel prossimo decennio.
Il tunnel della Manica (Francia/Gran Bretagna). Il cosiddetto Eurotunnel (per la precisione, infatti, Eurotunnel è il nome della società che lo gestisce, mentre il treno si chiama Shuttle) collega dal 1994 la Francia alla Gran Bretagna passando sotto il Canale della Manica. È evidentemente un tunnel ferroviario, ma ha ugualmente a che vedere con l’automobile visto che, oltre che a trasportare passeggeri come un convoglio normalissimo, il treno serve anche per caricare la propria auto su un vagone e percorrere i 50,45 chilometri che separano Coquelles, sul continente, da Folkestone, sull’isola, in appena 35 minuti, più un tempo compreso tra i 30 minuti e le due ore necessario per fare check-in. La miriade di tariffe parte da 32 euro a tratta. Resta l’unica possibilità di viaggiare in macchina (sia pure indirettamente, senza guidarla) sotto il livello del mare. Dalla Francia, imboccarlo è facile: si viaggia sull’autostrada A16 e si esce all’uscita 42. Facendo attenzione, una volta arrivati dall'altra parte, alla guida a sinistra.
Il tunnel della Manica (Francia/Gran Bretagna). Il cosiddetto Eurotunnel (per la precisione, infatti, Eurotunnel è il nome della società che lo gestisce, mentre il treno si chiama Shuttle) collega dal 1994 la Francia alla Gran Bretagna passando sotto il Canale della Manica. È evidentemente un tunnel ferroviario, ma ha ugualmente a che vedere con l’automobile visto che, oltre che a trasportare passeggeri come un convoglio normalissimo, il treno serve anche per caricare la propria auto su un vagone e percorrere i 50,45 chilometri che separano Coquelles, sul continente, da Folkestone, sull’isola, in appena 35 minuti, più un tempo compreso tra i 30 minuti e le due ore necessario per fare check-in. La miriade di tariffe parte da 32 euro a tratta. Resta l’unica possibilità di viaggiare in macchina (sia pure indirettamente, senza guidarla) sotto il livello del mare. Dalla Francia, imboccarlo è facile: si viaggia sull’autostrada A16 e si esce all’uscita 42. Facendo attenzione, una volta arrivati dall'altra parte, alla guida a sinistra.
Il Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna (Svizzera). Probabilmente non è il museo dell’automobile più completo, né il più tematico, tanto meno il più conosciuto. Eppure il Verkehrshaus, alias Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna (città a circa 250 km da Milano che da sola meriterebbe una visita), è l’unico al mondo così interattivo. La parte dedicata alle auto (specificazione d’obbligo: qui infatti si tratta anche di treni, aerei, moto e di tutto quanto fa trasporto) è contenuta in una gigantesca scaffalatura alta due piani. E già questo è a suo modo uno spettacolo, vedere macchine sistemate come fossero dei libri. Ma il bello è che, grazie a un sistema di touch screen interattivi, l’Autoteatro (così si chiama) permette ai visitatori di scegliere un’auto: a quel punto il dispositivo robotizzato preleva la preferita dalla scansia, la posa davanti a voi su una piattaforma girevole mentre una voce fuori campo, con l’aiuto di alcuni monitor, ne illustra le caratteristiche. Il biglietto costa 30 franchi, circa 27 euro.
Il Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna (Svizzera). Probabilmente non è il museo dell’automobile più completo, né il più tematico, tanto meno il più conosciuto. Eppure il Verkehrshaus, alias Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna (città a circa 250 km da Milano che da sola meriterebbe una visita), è l’unico al mondo così interattivo. La parte dedicata alle auto (specificazione d’obbligo: qui infatti si tratta anche di treni, aerei, moto e di tutto quanto fa trasporto) è contenuta in una gigantesca scaffalatura alta due piani. E già questo è a suo modo uno spettacolo, vedere macchine sistemate come fossero dei libri. Ma il bello è che, grazie a un sistema di touch screen interattivi, l’Autoteatro (così si chiama) permette ai visitatori di scegliere un’auto: a quel punto il dispositivo robotizzato preleva la preferita dalla scansia, la posa davanti a voi su una piattaforma girevole mentre una voce fuori campo, con l’aiuto di alcuni monitor, ne illustra le caratteristiche. Il biglietto costa 30 franchi, circa 27 euro.
Il Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna (Svizzera). Probabilmente non è il museo dell’automobile più completo, né il più tematico, tanto meno il più conosciuto. Eppure il Verkehrshaus, alias Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna (città a circa 250 km da Milano che da sola meriterebbe una visita), è l’unico al mondo così interattivo. La parte dedicata alle auto (specificazione d’obbligo: qui infatti si tratta anche di treni, aerei, moto e di tutto quanto fa trasporto) è contenuta in una gigantesca scaffalatura alta due piani. E già questo è a suo modo uno spettacolo, vedere macchine sistemate come fossero dei libri. Ma il bello è che, grazie a un sistema di touch screen interattivi, l’Autoteatro (così si chiama) permette ai visitatori di scegliere un’auto: a quel punto il dispositivo robotizzato preleva la preferita dalla scansia, la posa davanti a voi su una piattaforma girevole mentre una voce fuori campo, con l’aiuto di alcuni monitor, ne illustra le caratteristiche. Il biglietto costa 30 franchi, circa 27 euro.
Il Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna (Svizzera). Probabilmente non è il museo dell’automobile più completo, né il più tematico, tanto meno il più conosciuto. Eppure il Verkehrshaus, alias Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna (città a circa 250 km da Milano che da sola meriterebbe una visita), è l’unico al mondo così interattivo. La parte dedicata alle auto (specificazione d’obbligo: qui infatti si tratta anche di treni, aerei, moto e di tutto quanto fa trasporto) è contenuta in una gigantesca scaffalatura alta due piani. E già questo è a suo modo uno spettacolo, vedere macchine sistemate come fossero dei libri. Ma il bello è che, grazie a un sistema di touch screen interattivi, l’Autoteatro (così si chiama) permette ai visitatori di scegliere un’auto: a quel punto il dispositivo robotizzato preleva la preferita dalla scansia, la posa davanti a voi su una piattaforma girevole mentre una voce fuori campo, con l’aiuto di alcuni monitor, ne illustra le caratteristiche. Il biglietto costa 30 franchi, circa 27 euro.
Il Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna (Svizzera). Probabilmente non è il museo dell’automobile più completo, né il più tematico, tanto meno il più conosciuto. Eppure il Verkehrshaus, alias Museo Svizzero dei Trasporti di Lucerna (città a circa 250 km da Milano che da sola meriterebbe una visita), è l’unico al mondo così interattivo. La parte dedicata alle auto (specificazione d’obbligo: qui infatti si tratta anche di treni, aerei, moto e di tutto quanto fa trasporto) è contenuta in una gigantesca scaffalatura alta due piani. E già questo è a suo modo uno spettacolo, vedere macchine sistemate come fossero dei libri. Ma il bello è che, grazie a un sistema di touch screen interattivi, l’Autoteatro (così si chiama) permette ai visitatori di scegliere un’auto: a quel punto il dispositivo robotizzato preleva la preferita dalla scansia, la posa davanti a voi su una piattaforma girevole mentre una voce fuori campo, con l’aiuto di alcuni monitor, ne illustra le caratteristiche. Il biglietto costa 30 franchi, circa 27 euro.
Il traforo di Lærdal (Norvegia). Non è che sia proprio a portata di mano, ma se capitate in Norvegia, andateci: avrete la soddisfazione di avere posato le ruote nel tunnel stradale più lungo del mondo. Con i suoi 24,509 km, il Lærdal è infatti lungo una volta e mezzo il San Gottardo, cui ha scippato il record. Recentissimo (è stato inaugurato nel novembre 2000) e gratuito, si trova sulla tratta Oslo-Bergen della strada E16 ed è l’ennesimo esempio di traforo a una canna sola, quindi con doppio senso di marcia. Prima che lo costruissero, l’unico modo di collegare gli estremi del tracciato d’inverno era muoversi in traghetto. A parte la lunghezza, c’è un’altra caratteristica che lo rende unico: il fatto che è composto di quattro tunnel tradizionali separati da tre caverne. Tre antri con la roccia della montagna lasciata a vista che hanno il compito di interrompere la monotonia prevenendo colpi di sonno e, quindi, incidenti. Anche il trattamento dell’aria, con rimozione del biossido di azoto, è particolarmente innovativo.
Il traforo di Lærdal (Norvegia). Non è che sia proprio a portata di mano, ma se capitate in Norvegia, andateci: avrete la soddisfazione di avere posato le ruote nel tunnel stradale più lungo del mondo. Con i suoi 24,509 km, il Lærdal è infatti lungo una volta e mezzo il San Gottardo, cui ha scippato il record. Recentissimo (è stato inaugurato nel novembre 2000) e gratuito, si trova sulla tratta Oslo-Bergen della strada E16 ed è l’ennesimo esempio di traforo a una canna sola, quindi con doppio senso di marcia. Prima che lo costruissero, l’unico modo di collegare gli estremi del tracciato d’inverno era muoversi in traghetto. A parte la lunghezza, c’è un’altra caratteristica che lo rende unico: il fatto che è composto di quattro tunnel tradizionali separati da tre caverne. Tre antri con la roccia della montagna lasciata a vista che hanno il compito di interrompere la monotonia prevenendo colpi di sonno e, quindi, incidenti. Anche il trattamento dell’aria, con rimozione del biossido di azoto, è particolarmente innovativo.
Il traforo di Lærdal (Norvegia). Non è che sia proprio a portata di mano, ma se capitate in Norvegia, andateci: avrete la soddisfazione di avere posato le ruote nel tunnel stradale più lungo del mondo. Con i suoi 24,509 km, il Lærdal è infatti lungo una volta e mezzo il San Gottardo, cui ha scippato il record. Recentissimo (è stato inaugurato nel novembre 2000) e gratuito, si trova sulla tratta Oslo-Bergen della strada E16 ed è l’ennesimo esempio di traforo a una canna sola, quindi con doppio senso di marcia. Prima che lo costruissero, l’unico modo di collegare gli estremi del tracciato d’inverno era muoversi in traghetto. A parte la lunghezza, c’è un’altra caratteristica che lo rende unico: il fatto che è composto di quattro tunnel tradizionali separati da tre caverne. Tre antri con la roccia della montagna lasciata a vista che hanno il compito di interrompere la monotonia prevenendo colpi di sonno e, quindi, incidenti. Anche il trattamento dell’aria, con rimozione del biossido di azoto, è particolarmente innovativo.
Il traforo di Lærdal (Norvegia). Non è che sia proprio a portata di mano, ma se capitate in Norvegia, andateci: avrete la soddisfazione di avere posato le ruote nel tunnel stradale più lungo del mondo. Con i suoi 24,509 km, il Lærdal è infatti lungo una volta e mezzo il San Gottardo, cui ha scippato il record. Recentissimo (è stato inaugurato nel novembre 2000) e gratuito, si trova sulla tratta Oslo-Bergen della strada E16 ed è l’ennesimo esempio di traforo a una canna sola, quindi con doppio senso di marcia. Prima che lo costruissero, l’unico modo di collegare gli estremi del tracciato d’inverno era muoversi in traghetto. A parte la lunghezza, c’è un’altra caratteristica che lo rende unico: il fatto che è composto di quattro tunnel tradizionali separati da tre caverne. Tre antri con la roccia della montagna lasciata a vista che hanno il compito di interrompere la monotonia prevenendo colpi di sonno e, quindi, incidenti. Anche il trattamento dell’aria, con rimozione del biossido di azoto, è particolarmente innovativo.
Il ponte di Tsingtao (Cina). Se il traforo norvegese è un po’ scomodo da raggiungere, per arrivare al ponte della baia di Tsingtao dovete mettere in conto di traversare tutta l’Asia, Cina compresa, nel cui territorio quest’opera si trova: è all’estremità est del Paese, nel punto in cui si affaccia verso la penisola coreana. Il viaggio è massacrante, ma la soddisfazione sarà enorme perché sarete arrivati sul ponte più lungo del mondo: 41,580 chilometri. Giusto per darvi un’idea, quello di Brooklyn non arriva ai due... Aperto nel 2011, è stato costruito in soli quattro anni. Unisce la città di Tsingtao con l'isola Huangdao. Sostenuto da qualcosa come 5.200 pilastri, ha tre corsie per ogni senso di marcia e un pedaggio di 50 yuan, poco più di cinque euro. Viene percorso ogni giorno da non meno di 30mila automobili. Ma presto perderà il primato: un altro ponte che collegherà Hong Kong a Macao, oramai pronto, sarà infatti lungo 48 km.
Il ponte di Tsingtao (Cina). Se il traforo norvegese è un po’ scomodo da raggiungere, per arrivare al ponte della baia di Tsingtao dovete mettere in conto di traversare tutta l’Asia, Cina compresa, nel cui territorio quest’opera si trova: è all’estremità est del Paese, nel punto in cui si affaccia verso la penisola coreana. Il viaggio è massacrante, ma la soddisfazione sarà enorme perché sarete arrivati sul ponte più lungo del mondo: 41,580 chilometri. Giusto per darvi un’idea, quello di Brooklyn non arriva ai due... Aperto nel 2011, è stato costruito in soli quattro anni. Unisce la città di Tsingtao con l'isola Huangdao. Sostenuto da qualcosa come 5.200 pilastri, ha tre corsie per ogni senso di marcia e un pedaggio di 50 yuan, poco più di cinque euro. Viene percorso ogni giorno da non meno di 30mila automobili. Ma presto perderà il primato: un altro ponte che collegherà Hong Kong a Macao, oramai pronto, sarà infatti lungo 48 km.
Il Nürburgring (Germania). Meta di pellegrinaggi di chiunque abbia anche un solo vago interesse per l’automobile e il motorsport, il Nürburgring resta l’autodromo più lungo del mondo, con i 20,832 km del Nordschleife, che pure sono stati ridotti rispetto ai 22,835 degli inizi, quando il Gesamtstrecke, unione del Nordschleife e del Südschleife, arrivava a determinare un unico tracciato di 28,265 km. Rispetto alla media delle piste da competizione, che non sono lontane dai cinque km, sono cifre di tutto rispetto, come impressionante è il numero delle curve: ben 98. Non più usato per la F.1, il Nordschleife resta a tutt'oggi ancora attivo per la 24 ore del Nürburgring, la Superbike e altre gare. Tra le sue unicità, quella di essere accessibile al pubblico nelle giornate non dedicate a gare o test privati.
Il Nürburgring (Germania). Meta di pellegrinaggi di chiunque abbia anche un solo vago interesse per l’automobile e il motorsport, il Nürburgring resta l’autodromo più lungo del mondo, con i 20,832 km del Nordschleife, che pure sono stati ridotti rispetto ai 22,835 degli inizi, quando il Gesamtstrecke, unione del Nordschleife e del Südschleife, arrivava a determinare un unico tracciato di 28,265 km. Rispetto alla media delle piste da competizione, che non sono lontane dai cinque km, sono cifre di tutto rispetto, come impressionante è il numero delle curve: ben 98. Non più usato per la F.1, il Nordschleife resta a tutt'oggi ancora attivo per la 24 ore del Nürburgring, la Superbike e altre gare. Tra le sue unicità, quella di essere accessibile al pubblico nelle giornate non dedicate a gare o test privati.
La Panamericana (America). Se voleste percorrerla per intero guidando per 16 ore al giorno (concediamone otto al sonno e ai pasti), a una media del tutto teorica di 90 km/h, vi ci vorrebbero 18 giorni filati: la Panamericana è infatti la strada più lunga del mondo, visto che collega l’Alaska, nell’estremo nord americano, al Cile, lungo la costa Pacifica. La sua lunghezza, 25.750 km, equivale alla percorrenza che un automobilista italiano copre mediamente in due anni e mezzo. Più che un’unica autostrada, è un sistema integrato e transnazionale di strade la cui costruzione iniziò nel lontano 1923. A parte un “buco” di una novantina di chilometri tra Panama e Colombia, in una zona tropicale, è un unico ancorché non uniforme nastro d’asfalto che non è consigliabile percorrere in qualsiasi mese dell’anno: nella stagione delle piogge, in certi tratti, diventa rischioso. E non è escluso che si possano incontrare criminali, più o meno organizzati…
La Panamericana (America). Se voleste percorrerla per intero guidando per 16 ore al giorno (concediamone otto al sonno e ai pasti), a una media del tutto teorica di 90 km/h, vi ci vorrebbero 18 giorni filati: la Panamericana è infatti la strada più lunga del mondo, visto che collega l’Alaska, nell’estremo nord americano, al Cile, lungo la costa Pacifica. La sua lunghezza, 25.750 km, equivale alla percorrenza che un automobilista italiano copre mediamente in due anni e mezzo. Più che un’unica autostrada, è un sistema integrato e transnazionale di strade la cui costruzione iniziò nel lontano 1923. A parte un “buco” di una novantina di chilometri tra Panama e Colombia, in una zona tropicale, è un unico ancorché non uniforme nastro d’asfalto che non è consigliabile percorrere in qualsiasi mese dell’anno: nella stagione delle piogge, in certi tratti, diventa rischioso. E non è escluso che si possano incontrare criminali, più o meno organizzati…
La Panamericana (America). Se voleste percorrerla per intero guidando per 16 ore al giorno (concediamone otto al sonno e ai pasti), a una media del tutto teorica di 90 km/h, vi ci vorrebbero 18 giorni filati: la Panamericana è infatti la strada più lunga del mondo, visto che collega l’Alaska, nell’estremo nord americano, al Cile, lungo la costa Pacifica. La sua lunghezza, 25.750 km, equivale alla percorrenza che un automobilista italiano copre mediamente in due anni e mezzo. Più che un’unica autostrada, è un sistema integrato e transnazionale di strade la cui costruzione iniziò nel lontano 1923. A parte un “buco” di una novantina di chilometri tra Panama e Colombia, in una zona tropicale, è un unico ancorché non uniforme nastro d’asfalto che non è consigliabile percorrere in qualsiasi mese dell’anno: nella stagione delle piogge, in certi tratti, diventa rischioso. E non è escluso che si possano incontrare criminali, più o meno organizzati…
Il mondo dell’auto e quello dell’ingegneria civile e dell'architettura s'incontrano spesso, per ragioni che sarebbe persino lapalissiano approfondire: è un fatto che strutture e infrastrutture siano necessarie per costruire, ospitare, far viaggiare automobili, come anche altri mezzi di trasporto su gomma. Solo che a volte questi incontri sono particolarmente felici e generano opere che, oltre a essere molto imponenti, sono grandiose come visione e talora anche straordinariamente originali. Ne abbiamo selezionate una decina, che rispondono all’insieme di queste caratteristiche, invitandovi a un piccolo giro del mondo per immagini che dal Sudamerica arriva fino alla Cina, indugiando non a caso sulla vecchia Europa: è qui che è nata l’automobile ed è qui che tuttora conosce uno sviluppo senza precedenti. Evidentemente, vista la sostanziale mancanza di confini (geografici e mentali) che abbiamo lasciato alla trattazione, non abbiamo la pretesa di essere esaustivi: quella che troverete nella galleria fotografica è semplicemente una dimostrazione di come l’automobile - anche in modo indiretto - aiuti il mondo, lungo il corso della storia, a essere più bello.
Marco Visani