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Brigitte Bardot e le auto: una storia d’amore lunga decenni

Federico Fabbri
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Addio BB - Brigitte Bardot e le auto: una storia d’amore lunga decenni

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L’automobile, quasi da sempre, è stata anche un efficace strumento di rappresentazione prima che di semplice mobilità. Brigitte Bardot ne ha attraversato tutte le declinazioni possibili, senza mai irrigidirsi in uno stile o in un’idea precisa. Il suo rapporto con le quattro ruote è sempre stato istintivo, aderente alle fasi della vita più che all’immagine pubblica, ed è forse anche per questo che continua a raccontare molto del suo tempo.

Nel 1958, quando la sua notorietà aveva già superato ogni argine, la Bardot acquistò non lontano da Saint-Tropez la tenuta della Madrague, destinata a diventare il suo vero centro gravitazionale. In quegli anni si muoveva spesso alla guida di una Simca 8 1200 cabriolet, scelta coerente con un contesto urbano ancora raccolto e con un’immagine che, pur già celebre, non aveva ancora assunto dimensioni globali. Accanto a lei, Roger Vadim preferiva una Lancia Aurelia B24, segnando anche sul piano automobilistico due sensibilità diverse. E proprio nel 1958 venne realizzato un altro scatto indimenticabile: quello dove lei, ventitreenne, posa con eleganza sul cofano di una Lancia Flaminia davanti all’Hotel Miramonti, allora il più celebre hotel di Cortina d’Ampezzo.

In virtù della sua fama e non solo, Renault la scelse come volto per il lancio della Floride, spider costruita sulla meccanica della Dauphine e pensata per incarnare un’idea di eleganza leggera, accessibile, moderna. L’operazione ebbe un impatto enorme e, nel caso della Bardot, non rimase confinata alla comunicazione: la Floride divenne realmente la sua auto personale, a conferma di un’identificazione autentica tra prodotto e personaggio, suggellata anche dalla sua presenza sulla copertina di Quattroruote nel maggio 1961.
Con gli anni Settanta e la crescita del suo status di icona, arrivò inevitabilmente anche il lusso assoluto. L’acquisto di una Rolls-Royce Silver Cloud II Mulliner, rilevata da Charles Aznavour, segnò una fase diversa, più distante, più protetta. La utilizzò nella Parigi del XVI arrondissement per un periodo relativamente breve, quasi a confermare che quell’auto rappresentava una parentesi, più che una scelta definitiva.
Molto più duraturo, invece, è stato il suo legame con veicoli semplici e funzionali. Negli anni Ottanta Brigitte Bardot venne più volte immortalata a bordo di una Mini Moke, perfetta per muoversi tra le strade sterrate intorno alla Madrague. Ancora più significativo il rapporto con la Renault 4 Van bianca, diventata l’automobile dei suoi ultimi anni. Un’auto modesta, simbolo della Francia rurale, che la accompagnava nei brevi spostamenti quotidiani tra La Madrague e La Garrigue, la villa dove ospitava i suoi animali. Una passione che non era sfuggita ai media: nell’ottobre 2023, all’età di 89 anni, Bardot venne fotografata da Paris Match mentre guidava proprio quella R4. Le immagini la ritraevano alla guida con i capelli raccolti e grandi occhiali da sole, appena dimessa dall’ospedale.

C’è poi anche un legame più laterale, ma emblematico, con il mondo delle supercar. Brigitte Bardot fu infatti passeggera su una Lamborghini Miura d’eccezione, la celebre “Millechiodi”. Nata nel 1969 come Miura S telaio #4302, blu notte con interni senape, l’auto fu gravemente danneggiata in un incidente prima di essere acquistata da Gianni Sotgiu e Walter Ronchi, già legati alla storia della Miura Jota. Ricostruita secondo una visione personale — interamente rivettata nei punti giusti — la Millechiodi ospitò la Bardot come passeggera quando l’auto apparteneva a Franco Galli, che non a caso affidò il volante anche all’amico François Cevert, allora legato sentimentalmente all’attrice, per garantire personalmente il comfort della bellissima Brigitte.

Dalla Simca alla Floride, dalla Rolls-Royce alla 4L, passando per una Miura irripetibile, la storia di Brigitte Bardot e delle automobili non è mai stata fatta di collezionismo, ma di uso, di contesto, di tempo. Una storia d’amore lunga decenni, conclusasi ieri con la scomparsa della diva francese all’età di 91 anni, e che continua a raccontare molto più di quanto sembri, non solo di lei, ma dell’automobile come specchio della società.

Il legame più inatteso con l’automobile, infine, non nasce da una scelta personale, bensì da un riflesso culturale. Durante la progettazione della prima Ferrari stradale a motore centrale, la sigla BB cominciò a circolare informalmente tra tecnici e designer, come avrebbe raccontato anni dopo Leonardo Fioravanti. Non un omaggio dichiarato, ma il risultato di un’associazione spontanea tra bellezza, desiderio e intensità emotiva. Ufficialmente Berlinetta Boxer, la 512 BB portò comunque con sé quell’acronimo, diventato parte integrante del mito.