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Polar Bear Day
Una giornata da orso

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Polar Bear Day - Una giornata da orso

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Polar Bear Day - Una giornata da orso

Non c'è momento migliore per raccontare la storia dell’orso, visto che tutto il mondo oggi celebra proprio l'International Polar Bear Day. Ma cos'hanno in comune il più grande carnivoro del pianeta e un motorista qualsiasi? Tutto. A cominciare dal destino. Perché se non è una novità che all'orso polare sia cominciata a mancare la terra - ops, il ghiaccio - sotto i piedi, è vero che al petrolhead sta capitando più o meno la stessa cosa.

Quando il testimonial è lui. I due mondi, quello del mammifero polare e quello dei motori, sono apparentemente lontani anni luce. Eppure, cominciarono a frequentarsi già all'inizio del secolo scorso quando, il gigante bianco, re incontrastato del Nord e signore assoluto dei ghiacci, divenne suo malgrado l'icona prescelta di una serie di prodotti destinati alle allora neonate automobili. Dai pneumatici Gillette al Polaroil, passando per il più noto Essolube e l'avvento dell’aria condizionata sulle macchine GM. Per non parlare delle mascotte, le statuette che ornavano i radiatori delle macchine anteguerra, e dei folti colletti in pelo polare dei loro chauffeur. Nonostante qualche strascico contemporaneo (tipo la pubblicità della Volkswagen Touareg e del suo volante riscaldato), è solo per colpa dell'emergenza climatica che si è tornati ad abbinare i destini dei due mammiferi a rischio. Il fatto è che mentre l'impallinato di pistoni mi è nuovo all'emergenza, l’orso polare ha una giornata tutta sua già dal 2011, per richiamare l’attenzione sulla sua situazione e su quella del suo habitat, che si sta squagliando come neve al sole. E ha senso: secondo Polar Bear International,tra il 1987 e il 2017, gli orsi nella baia di Hudson, in Canada, sono già diminuiti del 30%.

La posta in gioco. Visto che le strade dell'evoluzione sono infinite, come dimostrano i pesci preistorici che per scampare alla catastrofe si trasformarono in anfibi, forse nessuno si sorprenderebbe a vedere un orso di bianco vestito adattarsi a diventare un grizzly qualsiasi. Ma la questione è un’altra: perché se qualcuno venisse a dirti, a te abituato a venir servito e riverito da stuoli di pinguini, che da domani la pacchia è finita, incluso il correr dietro alle foche, magari non saresti proprio contento della tua nuova vita. Se poi sapessi che il pallino del tuo futuro ce l’ha quell’altra bestia là, l’unico animale capace di uccidere i suoi simili a fine di lucro, non ti sentiresti proprio rassicurato. Per non parlare del fatto che i cortei di "abbasso qui” e “abbasso là" sono fatti dagli stessi che alternano picchi di “dagli al nemico di turno” (petrolhead compreso), a crisi di shopping compulsivo di zollette in confezioni da uno, imbucate in Cina e consegnate col corriere delle 10 per il caffè di metà mattina. Per non parlare di quel credo sociale che è la moda, a cui quelle altre bestie di cui sopra si affidano con fede piena, perché i dogmi non si capiscono, si seguono: dal basta calze d’inverno (che poi è ovvio che ti scappa la mano sul riscaldamento), alle scarpe tassellate da sbarco, perché là fuori è pur sempre una giungla. Giorno dopo giorno. Stagione dopo stagione. Insomma, è una ruota che gira. Anzi no, una roulette. Russa. Un gioco d’azzardo collettivo dove i veri bari non sono mai quelli che sembrano. Per questo il piatto piange e l’orso bianco pure. Speriamo solo che il dodo non sia tratto (e no, ogni riferimento al re degli estinti, non è puramente casuale).