Quando sull'Honda Jazz spalanchi le porte posteriori (è il caso di dirlo, visto l'angolo di apertura quasi da record), ti rendi conto che in quattro metri di carrozzeria ci possono stare davvero tante cose.
In vendita da fine settembre. Merito, certo, dei Magic Seats di serie, derivati da altri modelli della Casa, che si possono reclinare in un colpo solo in avanti, oppure hanno le sedute alzabili in verticale e bloccabili: in quest'ultimo caso si rendono disponibili due pozzetti molto generosi sul fondo vettura, anche per colli extra. C'è pure la possibilità di reclinare all'indietro lo schienale anteriore, così le soluzioni di carico, a bordo della Jazz di terza generazione, aumentano ancora di più. Con un bagagliaio che, da solo, può contenere già - il dato è dichiarato - ben 354 litri. Merito anche e soprattutto di un pianale che prevede il posizionamento del serbatoio del carburante davanti, sotto ai sedili, liberando così tanto margine nella porzione posteriore, pure per i passeggeri (noi siamo riusciti quasi a distendere le gambe, con il sedile anteriore regolato sulla statura media). Non che la Jazz sia solo modularità, intendiamoci, però il fattore spazio, qui, assume un ruolo strategico, pensando anche al fatto che si parla di una vettura del segmento B. Che nelle concessionarie italiane arriverà a fine settembre, con una sola motorizzazione 1.3 i-VTEC benzina da 102 cavalli, tre allestimenti (Trend, Comfort ed Elegance), e prezzi di listino a partire da 14.600 euro.
Comodi e "sostenuti". Al volante della Jazz si sta un po' rialzati e, tutto sommato, non ci vuole molto per sistemarsi. Lo schienale si muove a scatti, è vero, però il piantone si regola anche in profondità e la cintura di sicurezza in altezza. Il sedile sostiene bene soprattutto a livello dei fianchi, e sembra poco affaticante in ottica lungo viaggio: si guida con ginocchia abbastanza piegate e volante un po' inclinato. La strumentazione, a tre elementi, ha il tachimetro grande al centro e una leggibilità abbastanza buona. Semmai, anche sulla Jazz il volante risulta un po' troppo affollato di tasti, e dall'utilizzo non sempre intuitivo. Al centro, il bel monitor touchscreen da 7 pollici dell'Honda Connect, un po' inclinato, che offre una bella grafica, una mappa che scorre e si lascia gestire in modo rapido ed efficace; non sempre tempestive, invece, le indicazioni del navigatore. Numerose, sul nostro esemplare (Elegance), le prese multimediali: una USB, una 12V e, addirittura, una HDMI (video) sotto la console, un'altra USB e 12V nel cassetto portaoggetti sul tunnel. Le plastiche della plancia sono rigide, ma gradevoli; la parte destra è rivestita invece di finta pelle. Qualche "indecisione" di finitura nella zona del padiglione.
Bel cambio, motore aspirato. La frizione non è pesante e il cambio manuale a sei marce si manovra, come da tradizione, in modo preciso e gradevole, con innesti piuttosto corti (in alternativa c'è un Cvt, a 1.350 euro). L'1.3 aspirato è molto fluido e regolare, non presenta vibrazioni, consente di marciare a bassa velocità in quarta-quinta: manca però in prontezza. Quando ci si trova in salita o si chiede tutto, non può mostrare la reattività né lo "spessore" di un piccolo turbo dell'ultima generazione. Se si vuole marciare spediti, dunque, si è costretti a spremere i giri, quantomeno a superare i 5.000, quando il quattro cilindri a iniezione indiretta esprime 123 Nm di coppia. Facendo sentire la propria voce. In ogni caso la marcia è abbastanza vivace, tanto che la Honda dichiara lo 0-100 in 11,2 secondi. Bisogna però ritararsi su un ritmo regolare, "scorrevole", più adatto al temperamento della Jazz. Rispetto alla serie precedente, ora la vettura è diventata un po' più precisa nel comportamento (lo sterzo è più diretto), con un assetto corposo, di sostanza, che non risulta comunque fastidioso sui fondi irregolari. Emerge una gradevole sensazione di compattezza della vettura, cui si affianca la positiva risposta dei freni. In autostrada si marcia a 130 in sesta sui 3.500 giri, con qualche fruscio aerodinamico e il motore che un po' si fa sentire.
Da Francoforte, Andrea Stassano
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