Giusy Versace ha 33 anni, un sorriso solare e profondi occhi neri. Dietro lo sguardo dolce, però, nasconde una grinta da leone. La sua vita si divide in un "prima" e un "dopo". Prima era come tante ragazze della sua età: un bel lavoro nel campo della moda (suo padre, Alfredo, è cugino di Donatella e Gianni Versace), tanti interessi, viaggi in giro per il mondo. Fino al 22 agosto 2005. Quel giorno sta percorrendo da sola la Salerno-Reggio Calabria, quando all'improvviso si scatena un temporale: la strada si allaga, l'auto perde aderenza e va a sbattere contro il guard-rail che sfonda l'abitacolo e le trancia entrambe le gambe. Di quei terribili momenti ricorda tutto. "Mi sono aggrappata alla vita - racconta - mentre cercavo il cellulare per chiamare aiuto, pregavo e pensavo ai miei genitori". Da quel momento, per lei cambia tutto e inizia il "dopo". "Quando mi sono svegliata, all'ospedale, sapevo di non avere più le gambe, ma ero felice di essere viva", ricorda. Appena ristabilita, comincia la riabilitazione, al centro Inail di Vigorso di Budrio (BO). "È stata dura, ci ho messo un anno e mezzo - spiega - a riprendere a camminare. Mi hanno aiutato l'elasticità muscolare e l'equilibrio che avevo grazie ai tanti anni di danza classica. Ci ho messo tanto anche perché sono una perfezionista: volevo camminare bene, non come un robot". E infatti oggi Giusy ha un portamento molto naturale.
Di nuovo al volante. "Appena ci sono riuscita, ho voluto prendere di nuovo la patente. L'auto è sinonimo di libertà: non averla e dipendere dagli altri era il vero handicap. Così mentre ero a Budrio per la riabilitazione, ho cominciato a fare pratica". Le propongono i comandi di acceleratore e freno al volante: "Ma io le gambe le avevo, seppur artificiali, così ho provato a guidare azionando con la protesi l'acceleratore a pedale e il freno con la leva sullo sterzo. Ricordo ancora l'emozione di stringere il volante, l'inquietudine che mi ha preso ripensando all'incidente, che però ho subito scacciato. All'inizio è stato difficile, perché non sapevo dosare bene i comandi". Giusy non molla e acquista sempre maggiore sensibilità, così decide di acquistare una Mercedes Classe B con cambio automatico, la fa adattare con la leva del freno al volante e prende la patente B speciale. "La prima volta all'esame mi hanno bocciata", ricorda, "non per l'uso dei comandi: ho sbagliato ad affrontare una rotonda. La seconda, però, è andata bene. Ora sono così abituata a muovere le protesi che non uso nemmeno più la leva del freno: schiaccio direttamente il pedale, a cui è collegata con un cavo. Il freno al volante lo uso solo per situazioni di emergenza".
Lo scooter e il kart. Giusy non si ferma qui: prende anche la patente per guidare lo scooter. "È molto pratico in città: certo, devo stare attenta quando appoggio i piedi, perché se ci sono pietrisco, sabbia o acqua posso scivolare". Partecipa anche a una gara di kart. "Ho sempre amato le corse: mettermi alla prova in pista è stato importante", racconta. "Il team del centro Inail ne aveva organizzata una a Imola: mi sono divertita tantissimo".
Voglia di correre. L'altra grande sfida, per Giusy, è stata iniziare a correre. "In tanti mi hanno detto che non ce l'avrei fatta. Non si dovrebbe mai fare: lo sport per chi vive una disabilità è un fattore di riscatto, una grande terapia. Io ho voluto a tutti i costi correre per tornare a sentire il vento nei capelli". Da buona perfezionista, si fa seguire da un preparatore, Andrea Giannini, che le insegna la tecnica giusta, si fa fare le protesi da corsa di carbonio in un centro di Enna (la Roga), si allena e diventa la prima donna a correre con un'amputazione bilaterale. "La prima gara è stata un'emozione fortissima", ricorda. Giusy va veloce: vince il titolo italiano nel 2010, lo mantiene nel 2011, stabilendo anche un record europeo, tagliando i 100 metri in 16" e 18 centesimi. Si riconferma campionessa italiana nel 2012 abbassando di nuovo il record europeo a 15" e 50 centesimi. "Ora l'obiettivo è andare alla Paralimpiadi, a Londra. Mi sono qualificata, però, poi ho avuto un infortunio che mi ha tenuta ferma due mesi. A giugno si deciderà quali atleti italiani vi prenderanno parte. Ho deciso di cercare di raggiungere questa meta, perché ho capito che può essere un segnale forte, un esempio per tanti".
Aiutare gli altri. Per promuovere lo sport tra i disabili Giusy ha anche fondato una onlus, Disabili No Limits, che si occupa di fornire ausili per praticare sport a chi ne ha più bisogno. "Per un disabile avere protesi da corsa è un lusso: l'Asl non le passa e sono costose. Invece, dovrebbero essere un diritto". Così, per finanziare l'associazione lei organizza le Happy Run, mini-maratone che servono a sensibilizzare il pubblico e a donare protesi. "Far del bene fa bene", dice sorridendo. "In questo modo io ho trasformato quel brutto incidente in qualcosa di buono, per me e per gli altri".
Laura Confalonieri
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