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Cronaca

Milano
Bici e bike lane, la roulette russa quotidiana

Fabrizio Formenti
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Nella città dei cantieri da anni, e per molti ancora, dalle ore 8 alle 18 circolano molti mezzi pesanti. Ora la giunta sostiene di voler regolamentare la loro presenza su strada. Ma i cantieri insistono.

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Andare a scuola in bici è sano e giusto: dove sono presenti piste ciclabili protette dal resto del traffico.

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Incidenti in agguato a ogni fermata del bus dove, come dice il segnale, la bike lane s’interrompe: a farne le spese sarebbero solo il ciclista e l’autista.

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Di fronte ai giardini Guastalla: tra autista e ciclista occorre affiatamento...

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La cuffia per la musica sulle orecchie non ha consentito a questo ciclista, molto lento anche perché avanti con l’età, di avvertire il clacson del bus. Risultato: dal cantiere dell’università Statale, di fronte al Policlinico, a piazza Vetra, quando il sorpasso è riuscito, ogni tentativo ha costituto un enorme rischio di incidente.

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Centinaia di furgoni, impunemente, usano le bike lane per le operazioni di carico-scarico. E al serafico conducente non resta che osservare i rischi causati ai ciclisti per proseguire la marcia.

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Anche dove c’è una pista ciclabile protetta, il carico-scarico selvaggio genera rischi abnormi: cosa succede se un mezzo svolta a destra e trova una bici in uscita dalla pista?

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Telefonino e taglio contromano dell’incrocio, a ridosso del marciapiede opposto a quello di marcia, per non perdere tempo. Una manovra diffusa anche di fronte alle rotatorie, per evitare di doverle circumnavigare. Così si rischiano i frontali.

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La sicurezza non è mai troppa: casco e catarifrangenti laterali aiutano, e percorrere il marciapiede troppo spesso non è una scelta. Ma, ovviamente, per chi esce da un negozio o da un portone è assai rischioso…

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E adesso? In viale Tunisia angolo corso Buenos Aires basta un attimo di distrazione per entrare in contatto. Sul citato corso, il laboratorio mobilità dolce continua a dare il meglio di sé.

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L’applicazione del “senso unico eccetto bici” in via Brera, caso più unico che raro e, come si capisce dalla linea di arresto, delirante quanto pericoloso, ha portato molti ciclisti a credere che a Milano si possa procedere contromano su ogni strada.

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Pagano, direzione corso Vercelli: dal parcheggio, in diritto di precedenza, esce una bici da corsa che prosegue allo stesso passo, senza il minimo rallentamento. Per chi è al volante, anche un buon tempo di reazione potrebbe non bastare.

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Sempre in zona corso Vercelli, in via Cimarosa c’è questo altro capolavoro ad altissimo rischio: la corsia ciclabile taglia in due il verde della rotatoria e ributta i ciclisti al vivo sulla strada…

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Uno dei tanti incidenti quotidiani: se non interviene l’ambulanza non entrano a far parte di alcuna statistica. Da pochi giorni non si può più sapere nemmeno questo: Regione Lombardia ha chiuso il sito internet dove si dava quotidianamente conto degli interventi di emergenza.

Un equivoco presuppone buona fede; nel caso della bike lane chiamate impropriamente dai politici a ogni inaugurazione - e con vanto - piste ciclabili, invece, sarebbe ora di fare chiarezza. E, soprattutto, di aprire gli occhi. Le centinaia di metri di strisce di vernice pittate a Milano per dare strada alla cosiddetta mobilità dolce - in condivisione scellerata col resto del traffico, anche a contatto di gomito con i mezzi pesanti e quelli del trasporto pubblico - oltre ad avere penalizzato la viabilità come previsto dal progetto originale (dove prima occorrevano 20 minuti per raggiungere la meta ora ne occorrono più di 30), hanno trasformato le strade cittadine in una sorta di videogame atroce e senza regole: stressante e pericolosissimo. Tra modifiche stradali studiate per penalizzare sistematicamente l’automobile, bici e monopattini introdotti a sciami che spuntano da ogni angolo, lasciati liberi di passare col rosso come di prodursi in qualsiasi tipo di manovra irregolare, contromano compresi, e raider del delivery ricattati da un algoritmo che li spinge a commettere infrazioni di ogni tipo per non perdere il lavoro (dal tramonto, il 90% senza luci, e senza che nessuno abbia niente da dire), per il numero di rischi che si corrono, come le cronache e la crescita verticale degli incidenti dimostrano, sarebbe un brutto videogioco da vietare almeno ai minori. Quelli che vediamo impunemente in due sui traballanti monopattini in sharing, per esempio, anche davanti agli occhi di operatori alla sicurezza che voltano la testa dall’altra parte. Nel 2022, a Milano sono stati fatti 1258 controlli tra monopattini e bici: 5 le sanzioni elevate.

Cantieri e vernice. L’annunciata "rivoluzione della mobilità" sotto il Duomo è, a dir poco, un’ipocrisia. In una città costantemente cantierizzata e che per questo mette a contatto di gomito mezzi pesanti e ciclisti dividendoli con una linea impalpabile come quella gialla, che indica una bike lane stabilmente invasa da centinaia di furgoni, quelli che dall’esplosione dell’e-commerce esercitano a cavallo della corsia e occupano tutti gli angoli degli incroci (ancora, senza che nessuno batta ciglio); in una metropoli dove la percentuale di persone che necessitano ogni giorno di mobilità alla voce ciclisti tocca a stento il 4%, checché ne dica la propaganda istituzionale, quanto messo in scena è la peggiore pubblicità che si possa fare per convincere qualcuno ad abbandonare l’auto a favore delle pedivelle, obiettivo dichiarato della giunta in carica e da quella che l’ha preceduta. Per crescere davvero le due ruote necessiterebbero di tracciati in trincea, di percorsi fisicamente separati dal resto del traffico e, se possibile, di sensi unici tangenziali riservati. Accettare di stare a contatto con betoniere e automezzi di varie dimensioni con l’obiettivo di “riprendersi la strada”, scalzando un po’ alla volta il traffico veicolare è pura demagogia. Che qualcosa non funzioni cominciano a capirlo anche i ciclisti, quelli dotati di fisico bestiale e spirito da guerriero, virtù necessarie per partecipare alla sfida proposta a Milano con la formula del “tutti contro tutti”. Roba, l’accettazione della pericolosa promiscuità proposta, da rispedire al mittente, assieme alle contravvenzioni che vengono elevate a entrambe le parti in caso di incidente: quel che occorre per scaricare ogni tipo di responsabilità sempre e solo su chi, suo malgrado, rimane coinvolto. A determinare i sinistri, in molte occasioni sono proprio le deliranti soluzioni adottate. In qualche associazione di ciclisti, presidenti senza paraocchi cominciano a parlarne, ma i nodi creati nel frattempo sono tanti che sembrano aver già consumato il pettine.