Alfa Romeo Alfasud. Sud non è propriamente una città, né - in senso stretto - un luogo. Ma fu un modo simpatico che l’Alfa Romeo utilizzò per battezzare, nel 1971, la sua prima auto costruita nello stabilimento meridionale di Pomigliano d’Arco.
Alfa Romeo Brera. Neppure questa è in senso stretto una località, ma una zona del centro di Milano, città in cui l’Alfa nacque nel 1910. La Casa del Biscione ha sempre avuto una certa abilità nel pescare dalla cartina geografica in modo non banale.
Alfa Romeo Milano. Vi starete già chiedendo: "E questa che cosa sarebbe? Non è mica la Giulietta?" Certo che lo è. Solo che per qualche tempo all’Alfa volevano chiamarla Milano. E nel novembre 2009 la prima foto ufficiale venne rilasciata con questo nome. Circolò per alcune ore, dopo di che (dicono) Marchionne cambiò idea e ripescò il nome shakesperiano con cui la conosciamo.
Alfa Romeo MiTo. È evidente, MiTo non è una città. Infatti, sono due: Milano e Torino, in omaggio al luogo in cui l’Alfa è nata (Milano) e a quello in cui ha la sede (cioè la Fiat, quindi Torino).
Alfa Romeo Montreal. Qui l’omaggio è alla città, sede dell’Esposizione Universale del 1967, dove venne presentato il prototipo da cui, tre anni dopo, nacque la vettura di produzione, con pianale di derivazione Giulia/1750 e motore 33.
Bentley Mulsanne. Mulsanne è un comune della Loira, in Francia, all’interno del quale si snoda il circuito de La Sarthe, quello della 24 Ore di Le Mans, di cui la Bentley vinse sei edizioni.
Bianchi S9 Viareggio. Andiamo molto indietro nel tempo: l’antenata dell’Autobianchi (fino a prima della Seconda guerra mondiale costruiva modelli che oggi definiremmo premium) associava alle sigle che identificavano i suoi modelli a nomi di località di villeggiatura che distinguevano le versioni. Questa era la Viareggio, ma c’erano anche la Dolomiti e la Riccione.
Chevrolet Malibu. Passata sostanzialmente inosservata, in Italia, prima del ritiro del marchio dall’Europa nella generazione che vedete nell'immagine, la mid-size americana esiste dal 1964 e rende onore a una cittadina della West Coast, nella contea di Los Angeles.
Ferrari California. Quella che trovate nella foto è l’attuale, in versione T, cioè scoperta; il nome California altro non fa che ripescare un mito Ferrari vissuto a cavallo degli anni 50 e 60 sulla base della serie 250. Che piaceva molto agli americani con un pingue conto in banca.
Fiat Siena. Nella sua esecuzione originaria stava alla Palio (alias progetto 178) come la Duna alla Uno: era la sua versione a tre volumi. Un genere di carrozzeria non apprezzato, in Europa occidentale, sulle segmento B. Infatti, non è mai stata commercializzata in Italia.
Ford Anglia Torino. Giovanni Michelotti ristilizzò (per il mercato italiano) l’Anglia “normale”, celebre per il lunotto invertito, con forme più ortodosse. La costruiva la carrozzeria Osi, con sede nel capoluogo piemontese: ecco spiegato il perché del secondo nome.
Ford Capri. Negli anni 60 la Ford europea amava molto l’Italia: l’indimenticata coupé costruita in tre serie fino al 1986 citava l’isola del golfo di Napoli, ma anche un precedente omonimo modello della Lincoln (marchio yankee della galassia Ford).
Ford Cortina. Il modello che da noi precedette la Taunus traeva ispirazione dal centro di vacanze invernali delle Dolomiti, che negli anni 60 (la vettura è infatti del 1962) iniziava a diventare di gran moda anche oltre i confini nazionali.
Ford Gran Torino. Ci hanno fatto anche un film, nel 2008, diretto e interpretato da Clint Eastwood. La coupé, seguito della precedente Torino, visse una luminosa carriera negli Stati Uniti dal 1972 al 1976.
Ford Granada. La Spagna è una delle fonti di ispirazione più ricorrenti nel naming. Negli anni 70 anche la Ford vi fece ricorso ribattezzando la sua ammiraglia come il capoluogo dell’omonima provincia andalusa.
Innocenti Elba. Tra il 1994 e il 1997 il marchio di Lambrate era diventato il brand low cost della Fiat: rimarcava modelli anzianotti a prezzi interessanti. La Elba era la versione station della Duna, ristilizzata, migliorata e dotata anche di un motore 1.5 che la Duna non montava.
Kia Sorento. Sì, siamo d’accordo: c’è una “R” in meno del necessario. Ma l’ispirazione al centro della costiera napoletana è innegabile per la Suv di successo della coreana Kia.
Lancia Aprilia. Tra le lettere greche (Kappa, Theta) e le strade consolari (Appia, Flaminia) ci fu un periodo, negli anni 30, in cui le Lancia traevano nome da città italiane. Aprilia, per esempio, in provincia di Latina. L’auto, l’ultima della gestione di Vincenzo Lancia, è del 1937.
Lancia Ardea. La sorella minore dell’Aprilia (1939-1953) ne riprendeva anche l’ispirazione nominale: è l’ennesima cittadina laziale, oggi compresa nella città metropolitana di Roma.
Lotus Europa. Sicuramente ha entusiasmato gli europeisti più convinti questa Lotus del 1966, replicata (nel senso del nome) quarant’anni più tardi. Non considerando la Ferrari Superamerica, è l’unico caso di auto che ricava il proprio nome da un continente.
Maserati Mexico. Uno dei pochi esempi in cui è una nazione a suggerire il battesimo di una vettura. La grossa coupé Maserati venne costruita dal 1966 al 1972 in 482 esemplari.
Opel Ascona. Tipico caso in cui la vettura ha numeri ben più altisonanti della località: la berlina Opel, prodotta in tre serie dal 1970 al 1988, è stata replicata in quasi quattro milioni di esemplari. Ascona, piccolo centro svizzero del Canton Ticino sulle rive del Lago Maggiore, ha poco più di 5.000 abitanti.
Opel Monterey. Monterey, cittadina californiana di circa 30 mila abitanti, ha ispirato questa sister car: la 4x4 Opel prodotta dal 1992 al 1999, e pressoché sconosciuta in Italia, era infatti un badge engineering della Isuzu Bighorn.
Opel Monza. L’originaria coupé anni 70, versione sportiva della berlina Senator, omaggia la città dell’autodromo lombardo. Stessa denominazione per la modernissima concept svelata a settembre 2013 al Salone di Francoforte, nella foto.
Opel Sintra. Ennesimo “suggerimento” in arrivo dalla penisola iberica. Dal Portogallo, però, stavolta (siamo nel distretto di Lisbona), per la prima grossa e poco diffusa monovolume della Opel, che precedette la Zafira.
Rolls-Royce Camargue. Oltre che una zona pittoresca della Provenza, la Camargue è stata un’automobile: una coupé Rolls-Royce dallo stile molto diverso rispetto ai modelli inglesi dell’epoca: ne fecero appena 531 pezzi tra il 1975 e il 1986.
Rolls-Royce Corniche. La famosa strada della Costa Azzurra, teatro anche di numerosi film, è “diventata”, automobilisticamente parlando, la versione cabriolet della Silver Shadow: nella prima generazione venne prodotta per un quarto di secolo, dal 1971 al 1996.
Seat Arosa. Credevate che tutte le Seat fossero “intitolate” a città spagnole? Sbagliato: il clone della Volkswagen Lupo trae infatti il suo nome da una celebre stazione sciistica svizzera del Cantone dei Grigioni.
Seat Ateca. Qui sì, invece, che inizia la serie degli omaggi della Seat al proprio territorio: Ateca è un piccolo paese di 2.000 anime nella comunità di Aragona, cento chilometri circa a Sud Ovest di Saragozza.
Seat Ibiza. Nessuna delle due ha bisogno di presentazioni: il modello del segmento B, primo presentato dopo il divorzio dalla Fiat, è sulla breccia dal 1984; l’isola mediterranea è uno dei paradisi indiscussi della movida.
Seat Marbella. La seconda serie della Panda spagnola (questo, in fondo, era la Marbella, prodotta dal 1986 al 1998 in quasi 600 mila esemplari) deve il suo nome all’omonimo comune andaluso.
Seat Toledo. Piazzata esattamente al centro della Spagna, questa città ha dato il nome a quattro generazioni di berline medie a partire dal 1991. Ma molto prima (negli anni 1970-1976) Toledo fu anche il nome di una Triumph.
SsangYong Tivoli. La località dell’entroterra romano ha trovato enorme visibilità internazionale con il lancio, nel 2015, della Suv compatta coreana che conferma quanto, per le Case dell’Est, il Bel Paese sia una fonte d’ispirazione ricorrente.
L'ultimo esempio è quello della Ferrari, che per l'erede della California T ha scelto il nome Portofino. Ma c'è anche il caso, forse il più noto, della Seat, che ha dato il nome a moltissimi dei propri modelli prendendolo in prestito da città spagnole. E chi non ricorda l'Alfa Romeo Montreal, la Ford Gran Torino o la Opel Monza? Insomma, tra le mille facce del naming (arte complicata che coinvolge interessi e professionalità a non finire) c’è anche questo aspetto: quello delle auto che ricavano (o ricavavano) la propria denominazione dalla geografia: più spesso da centri urbani, ma a volte anche da catene montuose, nazioni, località. Ecco un po’ di esempi di toponomastica applicata alle macchine. Ne ricordate altri? Fatevi sotto…