Prototipi
Quando la concept diventa auto di serie - FOTO
Alfa Romeo Brera concept (2002; nella foto) e Brera (2005). Tra la concept presentata da Giugiaro nel 2002 e il modello di serie trascorrono quasi quattro anni e parecchie differenze: a parte il motore ipotizzato sul prototipo, un V8 che lascerà spazio a più normali 4, 5 e 6 cilindri, spariscono le porte che si aprono verso l’alto, viene aggiunta una seconda luce laterale, i volumi sono meno raccordati e l’interno è più modesto, riprendendo la stessa plancia della berlina 159. La quale, però, deve proprio alla Brera show car la soluzione, originalissima, dei sei faretti.
Alfa Romeo Brera concept (2002) e Brera (2005; nella foto). Tra la concept presentata da Giugiaro nel 2002 e il modello di serie trascorrono quasi quattro anni e parecchie differenze: a parte il motore ipotizzato sul prototipo, un V8 che lascerà spazio a più normali 4, 5 e 6 cilindri, spariscono le porte che si aprono verso l’alto, viene aggiunta una seconda luce laterale, i volumi sono meno raccordati e l’interno è più modesto, riprendendo la stessa plancia della berlina 159. La quale, però, deve proprio alla Brera show car la soluzione, originalissima, dei sei faretti.
Audi Pikes Peak (2003; nella foto) e Q7 (2005). Ripulita da alcune stravaganze da salone, la Pikes Peak, arrivata due anni prima della Q7, è un modello praticamente “su strada”: su entrambe c’è la soluzione, allora inedita, dei gruppi ottici completamente integrati nel portellone, che abbraccia anche lo spigolo posteriore delle fiancate. Rispetto al prototipo, la Q7 ha qualche fronzolo in meno: cerchi un po’ più piccoli, sottoporta normalizzati, scarichi che non escono dal paraurti, gruppi ottici posteriori senza i giochi di Led e uniformati al family feeling degli altri modelli della gamma.
Audi Pikes Peak (2003) e Q7 (2005; nella foto). Ripulita da alcune stravaganze da salone, la Pikes Peak, arrivata due anni prima della Q7, è un modello praticamente “su strada”: su entrambe c’è la soluzione, allora inedita, dei gruppi ottici completamente integrati nel portellone, che abbraccia anche lo spigolo posteriore delle fiancate. Rispetto al prototipo, la Q7 ha qualche fronzolo in meno: cerchi un po’ più piccoli, sottoporta normalizzati, scarichi che non escono dal paraurti, gruppi ottici posteriori senza i giochi di Led e uniformati al family feeling degli altri modelli della gamma.
Citroën Xanae (1994; nella foto) e Xsara Picasso (1999). Più che la vettura in sé, qui è rimasta l’idea: quella di una monovolume compatta che premia più la convivialità a bordo che lo sfruttamento dello spazio in senso stretto, visto che la linea a uovo non permette un abitacolo a cubo come quello della contemporanea Fiat Multipla. Per il resto, la forme ardite della Xanae, che vista oggi non dimostra affatto i suoi 22 anni, sono state normalizzate sulla prima Picasso. Curiosità nella curiosità: il parabrezza che deborda sul tetto è poi stato ripreso sulle successive C4 Picasso.
Citroën Xanae (1994) e Xsara Picasso (1999; nella foto). Più che la vettura in sé, qui è rimasta l’idea: quella di una monovolume compatta che premia più la convivialità a bordo che lo sfruttamento dello spazio in senso stretto, visto che la linea a uovo non permette un abitacolo a cubo come quello della contemporanea Fiat Multipla. Per il resto, la forme ardite della Xanae, che vista oggi non dimostra affatto i suoi 22 anni, sono state normalizzate sulla prima Picasso. Curiosità nella curiosità: il parabrezza che deborda sul tetto è poi stato ripreso sulle successive C4 Picasso.
Fiat Trepiuno (2004; nella foto) e 500 (2007). Sarebbe stato difficile e inutile mettere le mani su un’auto che era il remake di un successo del passato. Dalla Trepiuno alla 500 sono cambiate solo due cose: il nome e il layout dell’abitacolo, peraltro strettamente collegati tra loro sulla concept, che poteva avere un solo posto posteriore, due o nessuno. Sulla show car di Ginevra 2004 c’era anche una plancia molto meno simile alla 500 degli anni Cinquanta. Quanto invece allo stile esterno, il confronto tra le immagini rende bene l’idea dell'intento conservativo tra concept e vettura di serie.
Fiat Trepiuno (2004) e 500 (2007; nella foto). Sarebbe stato difficile e inutile mettere le mani su un’auto che era il remake di un successo del passato. Dalla Trepiuno alla 500 sono cambiate solo due cose: il nome e il layout dell’abitacolo, peraltro strettamente collegati tra loro sulla concept, che poteva avere un solo posto posteriore, due o nessuno. Sulla show car di Ginevra 2004 c’era anche una plancia molto meno simile alla 500 degli anni Cinquanta. Quanto invece allo stile esterno, il confronto tra le immagini rende bene l’idea dell'intento conservativo tra concept e vettura di serie.
Lancia Dialogos (1998; nella foto) e Thesis (2001). In apparenza si somigliano come due gocce d’acqua. In realtà, tra la Dialogos, frutto dell’estro di Mike Robinson, e la successiva Thesis non c’è una sola linea in comune, fatta salva l’ispirazione allo stile pomposo dell'Aurelia berlina dei primi anni Cinquanta. La concept è più fluida, schiacciata (soprattutto nel volume posteriore) e ha le porte con apertura ad armadio, senza montante centrale, come sulle Lancia del passato. Soluzione che pareva inammissibile per le omologazioni moderne fino a che, poi, è arrivata la Ford B-Max.
Lancia Dialogos (1998) e Thesis (2001; nella foto). In apparenza si somigliano come due gocce d’acqua. In realtà, tra la Dialogos, frutto dell’estro di Mike Robinson, e la successiva Thesis non c’è una sola linea in comune, fatta salva l’ispirazione allo stile pomposo dell'Aurelia berlina dei primi anni Cinquanta. La concept è più fluida, schiacciata (soprattutto nel volume posteriore) e ha le porte con apertura ad armadio, senza montante centrale, come sulle Lancia del passato. Soluzione che pareva inammissibile per le omologazioni moderne fino a che, poi, è arrivata la Ford B-Max.
Mazda Sassou (2005; nella foto) e Mazda 2 (2007). La Mazda 2 serie DY del 2002 aveva una linea quasi da crossover: alta, col lunotto verticale, essenziale. Poco coerente con l’immagine dinamica che la Mazda stava cercando di attribuirsi (e che ora è effettivamente spalmata sull'intera gamma). Bisognava veicolare il messaggio che le cose sarebbero cambiate. La Sassou rinnega il design minimalista della prima 2 e anticipa la 2/DE del 2007. Anche se sulla vettura di serie gli esiti stilistici sono più prudenti (è sparito il portellone avvolgente), le proporzioni tra i volumi sono le stesse.
Mazda Sassou (2005) e Mazda 2 (2007; nella foto). La Mazda 2 serie DY del 2002 aveva una linea quasi da crossover: alta, col lunotto verticale, essenziale. Poco coerente con l’immagine dinamica che la Mazda stava cercando di attribuirsi (e che ora è effettivamente spalmata sull'intera gamma). Bisognava veicolare il messaggio che le cose sarebbero cambiate. La Sassou rinnega il design minimalista della prima 2 e anticipa la 2/DE del 2007. Anche se sulla vettura di serie gli esiti stilistici sono più prudenti (è sparito il portellone avvolgente), le proporzioni tra i volumi sono le stesse.
Mercedes-Benz FCC (1994; nella foto) e Classe A (1997). Se la ricordano in pochi la FCC (Family Car China) del 1994, presentata dalla Mercedes-Benz a Pechino. Fece parlare di sé perché era, dopo la Twingo, la prima piccola monovolume, per di più a cinque porte. Prefigurava ufficialmente un’auto popolare per il nascituro mercato cinese. Toglietele i fanali posteriori accanto al portellone (che oggi la fanno sembrare identica alla Meriva prima serie), inclinate la cintura e aggiungete una terza luce laterale piccola piccola: ecco fatta la prima Classe A, arrivata tre anni più tardi; il muso è già lo stesso.
Mercedes-Benz FCC (1994) e Classe A (1997; nella foto). Se la ricordano in pochi la FCC (Family Car China) del 1994, presentata dalla Mercedes-Benz a Pechino. Fece parlare di sé perché era, dopo la Twingo, la prima piccola monovolume, per di più a cinque porte. Prefigurava ufficialmente un’auto popolare per il nascituro mercato cinese. Toglietele i fanali posteriori accanto al portellone (che oggi la fanno sembrare identica alla Meriva prima serie), inclinate la cintura e aggiungete una terza luce laterale piccola piccola: ecco fatta la prima Classe A, arrivata tre anni più tardi; il muso è già lo stesso.
Porsche Boxster concept (1993; nella foto) e Boxster (1996). È uno di quei casi in cui è stato recuperato praticamente tutto del prototipo, nome compreso. La Boxster sperimentale presentata a gennaio del 1993 al Salone di Detroit aveva, complici le scelte cromatiche, maggiore aderenza alla 550 Spyder degli anni 50. Assonanze stemperate con l’arrivo in produzione della 986, la prima Boxster di serie, tre anni più tardi. Inutile sindacare sulla migliore riuscita dell’una o dell’altra, giacché i gusti sono individuali. Eppure, vista oggi, la Boxster concept appare stilisticamente meno incisiva della vettura di serie.
Porsche Boxster concept (1993) e Boxster (1996; nella foto). È uno di quei casi in cui è stato recuperato praticamente tutto del prototipo, nome compreso. La Boxster sperimentale presentata a gennaio del 1993 al Salone di Detroit aveva, complici le scelte cromatiche, maggiore aderenza alla 550 Spyder degli anni 50. Assonanze stemperate con l’arrivo in produzione della 986, la prima Boxster di serie, tre anni più tardi. Inutile sindacare sulla migliore riuscita dell’una o dell’altra, giacché i gusti sono individuali. Eppure, vista oggi, la Boxster concept appare stilisticamente meno incisiva della vettura di serie.
Skoda Yeti concept (2005; nella foto) e Yeti (2009). I quattro anni che hanno separato il reveal del prototipo e il lancio della vettura definitiva non sono trascorsi sui tavoli da disegno: sulla prima Yeti c’era già tutta la…Yeti, dai fendinebbia tondi (poi eliminati col restyling del 2013) al disegno delle porte, con la lamiera che si insinua tra i cristalli all'altezza del montante centrale. È sparito poco, dello studio di stile: le maniglie posteriori nascoste, i gruppi ottici posteriori verticali e il porta-biciclette estraibile, forse giudicato troppo simile a quello nel frattempo reso disponibile su alcune Opel.
Skoda Yeti concept (2005) e Yeti (2009; nella foto). I quattro anni che hanno separato il reveal del prototipo e il lancio della vettura definitiva non sono trascorsi sui tavoli da disegno: sulla prima Yeti c’era già tutta la…Yeti, dai fendinebbia tondi (poi eliminati col restyling del 2013) al disegno delle porte, con la lamiera che si insinua tra i cristalli all'altezza del montante centrale. È sparito poco, dello studio di stile: le maniglie posteriori nascoste, i gruppi ottici posteriori verticali e il porta-biciclette estraibile, forse giudicato troppo simile a quello nel frattempo reso disponibile su alcune Opel.
MCC Eco Speedster (1995; nella foto) e Smart (1998). La Micro Compact Car Speedster assomiglia a una Smart (che all'inizio non si chiamava ancora fortwo), ma la somiglianza è più una questione di concept, inteso proprio come concetto di automobile (due posti, motore a 3 cilindri posteriore) che di stile in senso stretto. Le proporzioni sono quelle, l’effetto è il medesimo, anche se non c’è un solo elemento, dalle porte alla fanaleria, dai parafanghi al tetto che non sia stato completamente ridisegnato prima del varo della vettura nella sua veste definitiva.
MCC Eco Speedster (1995) e Smart (1998; nella foto). La Micro Compact Car Speedster assomiglia a una Smart (che all'inizio non si chiamava ancora fortwo), ma la somiglianza è più una questione di concept, inteso proprio come concetto di automobile (due posti, motore a 3 cilindri posteriore) che di stile in senso stretto. Le proporzioni sono quelle, l’effetto è il medesimo, anche se non c’è un solo elemento, dalle porte alla fanaleria, dai parafanghi al tetto che non sia stato completamente ridisegnato prima del varo della vettura nella sua veste definitiva.
Toyota C-HR concept (2014; nella foto) e C-HR (2016). Stavolta siamo sulla cronaca: stesso nome e, in sostanza, stessa automobile, giusto con due porte in più. La crossover compatta ha ripreso in pratica tutto della concept che l’aveva annunciata, nel 2014, al Salone di Parigi, neppure un anno e mezzo prima del reveal della versione definitiva, avvenuto a marzo di quest’anno, a Ginevra. In questo caso il time to market è stato funzionale essenzialmente a ottimizzare i processi di industrializzazione di un modello che era già bell'e che pronto, stilisticamente parlando, due anni or sono.
Toyota C-HR concept (2014) e C-HR (2016; nella foto). Stavolta siamo sulla cronaca: stesso nome e, in sostanza, stessa automobile, giusto con due porte in più. La crossover compatta ha ripreso in pratica tutto della concept che l’aveva annunciata, nel 2014, al Salone di Parigi, neppure un anno e mezzo prima del reveal della versione definitiva, avvenuto a marzo di quest’anno, a Ginevra. In questo caso il time to market è stato funzionale essenzialmente a ottimizzare i processi di industrializzazione di un modello che era già bell'e che pronto, stilisticamente parlando, due anni or sono.
Toyota Funtime (1997; nella foto) e Yaris (1999). Due anni separano la presentazione della concept Funtime, svelata al Salone di Francoforte del 1997, e della prima Yaris. Le differenze si limitano a qualche dettaglio grafico nel frontale, nei paracolpi e nei cerchi. Le due vetture sembrano quel che sono: la stessa macchina prima e dopo uno di quei restyling in punta di matita che oggi vanno molto di moda a metà carriera. Assieme alla Funtime venne presentata la Funcargo: stesso ragionamento, applicato a quella che, nel 2000, sarebbe poi diventata la Yaris Verso.
Toyota Funtime (1997) e Yaris (1999; nella foto). Due anni separano la presentazione della concept Funtime, svelata al Salone di Francoforte del 1997, e della prima Yaris. Le differenze si limitano a qualche dettaglio grafico nel frontale, nei paracolpi e nei cerchi. Le due vetture sembrano quel che sono: la stessa macchina prima e dopo uno di quei restyling in punta di matita che oggi vanno molto di moda a metà carriera. Assieme alla Funtime venne presentata la Funcargo: stesso ragionamento, applicato a quella che, nel 2000, sarebbe poi diventata la Yaris Verso.
Volvo SSC (2001; nella foto) e C30 (2006). Piuttosto elevato, il tempo intercorso tra la presentazione al pubblico della Safety Concept Car (SCC) e quello della corrispondente evoluzione industriale, la C30. Ripulita di alcuni eccessi da salone, la macchina è infatti la stessa, compreso il portellone di cristallo senza cornice ispirato alla P1800 ES degli anni 70. Stile a parte, la SCC - come il suo nome imponeva - conteneva una lunga lista di dotazioni di sicurezza che nel frattempo sono state integralmente travasate sull'intera produzione della Casa, compreso il riconoscimento dei pedoni.
Volvo SSC (2001) e C30 (2006; nella foto). Piuttosto elevato, il tempo intercorso tra la presentazione al pubblico della Safety Concept Car (SCC) e quello della corrispondente evoluzione industriale, la C30. Ripulita di alcuni eccessi da salone, la macchina è infatti la stessa, compreso il portellone di cristallo senza cornice ispirato alla P1800 ES degli anni 70. Stile a parte, la SCC - come il suo nome imponeva - conteneva una lunga lista di dotazioni di sicurezza che nel frattempo sono state integralmente travasate sull'intera produzione della Casa, compreso il riconoscimento dei pedoni.
Volvo Concept Estate (2014; nella foto) e V90 (2016). Quello della Estate è un caso di concept car intesa come laboratorio di design per annunciare non esattamente uno specifico modello, ma una serie di soluzioni di stile che sarebbero apparse sull'insieme della gamma. Di shooting brake, cioè incroci tra una coupé e una station wagon a tre porte, la Volvo non ne ha infatti messi in cantiere. Però la calandra a listelli verticali e concavi e i fari col il “martello di Thor” sono elementi oggi comuni a tutta la sua produzione. E il trattamento stilistico della coda ricorda da vicino quello della V90.
Volvo Concept Estate (2014) e V90 (2016; nella foto). Quello della Estate è un caso di concept car intesa come laboratorio di design per annunciare non esattamente uno specifico modello, ma una serie di soluzioni di stile che sarebbero apparse sull'insieme della gamma. Di shooting brake, cioè incroci tra una coupé e una station wagon a tre porte, la Volvo non ne ha infatti messi in cantiere. Però la calandra a listelli verticali e concavi e i fari col il “martello di Thor” sono elementi oggi comuni a tutta la sua produzione. E il trattamento stilistico della coda ricorda da vicino quello della V90.
A volte, i prototipi che le Case presentano duranti i saloni finiscono nel dimenticatoio, come abbiamo scritto nei giorni scorsi. A volte, appunto. Perché la regola è semmai quella opposta: ti mostro che cosa sto preparando - anzi, quel che ho già quasi bell’e pronto - e da lì a poco te lo porto, più o meno modificato, in concessionaria. Magari cambiando il nome (ma non è detto) e qualche dettaglio. Ecco, in una nuova gallery, alcuni esempi di concept diventate poi auto di serie. Come noterete, l’uso prevalente è quello di trasferirle il più possibile inalterate dalle pedane dei motor show ai saloni di vendita. Eppure, anche in questo caso, non mancano le eccezioni.
Marco Visani