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Economia circolare
Quel "fluff" ancora tutto da sfruttare

Redazione Online
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Economia circolare - Quel "fluff" ancora tutto da sfruttare

Le auto non sono fatte di solo metallo. Dopo la demolizione dei veicoli fuori uso, i recuperatori di rifiuti si trovano a dover gestire tra il 15 e il 25% di materiali misti che non possono essere avviati a fornaci e fonderie. Parliamo di spugne, tessuti, cavi, vetro e inerti, ma anche di plastiche, guarnizioni, gomme, frammenti di pneumatici privati dei componenti metallici e di tutti quei metalli non separabili dalle parti plastiche del veicolo. Insomma, un'intera galassia chiamata light shredder waste (o Asr, Automotive shredder residue), anche se la definizione che si è affermata a livello internazionale, adottata pure in ambito ufficiale, è "car fluff" o, più semplicemente, "fluff", ovvero "lanugine". Tanti scarti che, nell'ottica dell'economia circolare, possono diventare risorse. Anche di pregio. «Parliamo di una frazione di rifiuto di certo non scontata da gestire», spiega Marco Ferracin di Safe, l’hub italiano delle economie circolari, «non a caso la quasi totalità del fluff che risulta dalle operazioni di frantumazione dei veicoli rottamati viene portata in discarica». Il problema è che l'Europa impone che il 95% di ogni veicolo fuori uso sia riutilizzato e recuperato: da qui la necessità di trovare una via per il fluff, pena l'impossibilità di raggiungere l'obiettivo. Ma come farlo? «Il ministero dell’Ambiente ha più volte suggerito di sfruttarne il buon potere calorifico per avviarlo al recupero energetico: sotto questo profilo le performance sono già state testate con successo sia in impianti dedicati sia in cementifici e non esistono ostacoli tecnici per percorrere questa strada», spiega l'esperto.

Tutto risolto, quindi? In realtà no. «La proposta di nuovo regolamento UE sul trattamento dei veicoli fuori uso, che è attualmente in fase di trilogo, pone l’obiettivo di riciclare almeno il 30% della plastica contenuta nei veicoli e ciò implica che il fluff, almeno in parte, non possa essere avviato a recupero energetico, ma vada riciclato», prosegue Ferracin. «Servirà quindi ripensare l’intero ciclo di produzione e trattamento di questi rifiuti per far sì che i materiali mescolati nel fluff inizino a essere separati a monte». Proprio per questo il nuovo regolamento richiede che lo smontaggio delle componenti automobilistiche diventi più facile e disciplina le modalità di separazione e triturazione negli impianti che trattano i rifiuti». E, come dicevamo, il fluff è una risorsa molto interessante a livello economico. Alcuni impianti, grazie a separatori magnetici, riescono già a recuperarne la parte metallica destinando il resto alla produzione di carburanti alternativi e materiali da costruzione, senza contare che sono in corso sperimentazioni per usarlo come pavimentazione o come copertura per le discariche. E poi c’è il tessile. «I tessuti compongono una parte significativa del fluff», nota l'esperto: «Il regolamento UE sull’ecodesign richiede una certa percentuale di contenuto riciclato nei prodotti tessili e ciò farà presto schizzare in alto la domanda di queste materie secondarie. A ciò aggiungiamo che gli obiettivi di recupero legati all’imminente responsabilità estesa del produttore del tessile metteranno in moto soluzioni di riciclaggio a tutto campo». Così l’automotive si troverà al centro di un altro percorso virtuoso.


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