Ferrari
Buon compleanno F40!
Il 21 luglio del 1987 veniva presentata presso il Centro Civico di Maranello – attuale sede del museo del Cavallino, dove il bolide è esposto al pubblico – la Ferrari F40. La vettura, nata per celebrare il 40° anniversario della Casa, fu l’ultima tenuta a battesimo dal Drake in persona.
I materiali e i numeri. Un’auto da pista, senza alcuna concessione al confort, ma omologata per l'uso stradale. Di fatto, il bolide emiliano, rispettoso della tradizione e al contempo estremamente innovativo, fu a tutti gli effetti la prima hypercar Ferrari. Per la prima volta fecero comparsa su un’auto di Maranello materiali come il kevlar, le resine aeronautiche e la fibra di vetro. Al lancio costava 372.600.000 lire (circa 192.430 euro, poco più del prezzo d’ingresso di una moderna California T: 189.700 euro) e raggiungeva i 324 km/h di velocità massima che le valsero, a lungo, il titolo di vettura stradale più veloce al mondo.
Il motore. Sotto al cofano c'era il poderoso V8 di 3.0 litri, sovralimentato da due turbo (una tecnologia, quella sovralimentata, che la Casa abbandonerà fino al 2014, quando venne avviata la produzione della citata California T), il cui sviluppo venne supervisionato da Ermanno Bonfiglioli, all’epoca Responsabile Progetti Speciali di Maranello: “Era il giugno del 1986 quando iniziammo la progettazione di quel motore siglato F 120 A", ha raccontato Bonfiglioli. "L’8 cilindri biturbo da 478 CV era una derivazione dalla 288 GTO Evoluzione, ma una serie di contenuti innovativi fecero della F40 la prima Ferrari stradale a superare i 320 km/h. Estrema attenzione venne dedicata al peso, con un ampio utilizzo del magnesio: per esempio coppa dell’olio, coperchi teste, collettori di aspirazione, campana del cambio erano di questo materiale che costava cinque volte la lega di alluminio e che non è stato poi più utilizzato in tale misura nelle vetture di serie successive. Un piccolo esempio della straordinarietà di questo bolide”.
Il design. Nel progetto venne coinvolto anche Leonardo Fioravanti, all’epoca designer Pininfarina e artefice dello stile della 288 GTO. Quando il Drake lo invitò a Fiorano a testare la “Evoluzione”, versione da pista (mai entrata in produzione) della sua GTO, gli rivelò la sua volontà di ripartire da quel progetto per dare alla luce un nuovo bolide da strada. "Quando chiese il mio giudizio su questo prototipo sperimentale non nascosi il mio entusiasmo di pilota amatoriale per l’accelerazione dei suoi 650 CV", racconta Fioravanti. "Fu allora che il Drake espresse il desiderio di produrre una 'vera Ferrari', partendo dalla ‘Evoluzione’. Sapevamo entrambi che sarebbe stata la sua ultima automobile, così ci impegnammo alacremente sul lavoro. L’aereodinamica fu oggetto di un’approfondita ricerca nella Galleria del Vento, per ottenere i coefficienti adatti alla Ferrari stradale più potente di sempre. Lo stile è all’altezza delle sue prestazioni: il cofano basso con uno sbalzo ridottissimo, le prese d’aria NACA e l’alettone posteriore, che la matita del mio collega Aldo Brovarone volle ad angolo retto, l’hanno resa celebre. Ed è così che il design, forse la ragione principale del suo successo, trasmette immediatamente l’eccezionalità dei contenuti tecnici di questa vettura: velocità, leggerezza, prestazionalità”.
I test. I collaudi della vettura richiesero un lavoro arduo e meticoloso: “La guidabilità dei primi muletti era scarsa. Per domare la potenza del motore e renderla compatibile con un uso stradale, sottoponemmo a innumerevoli test ogni aspetto della vettura: dai turbocompressori all’impianto frenante, dagli ammortizzatori ai pneumatici", ha sottolineato Dario Benuzzi, collaudatore con una lunghissima esperienza in Ferrari. "Il risultato fu un eccellente carico aereodinamico e un’elevata stabilità anche a velocità estreme. Fondamentali, a tal fine, furono il telaio tubolare d’acciaio con pannelli di rinforzo in kevlar, in grado di garantire una rigidezza torsionale tre volte superiore alle altre vetture del periodo, e un’inedita carrozzeria principalmente di materiali compositi che ne hanno ridotto il peso a soli 1.100 kg. Nacque così la vettura che volevamo, con poche concessioni al confort e senza compromessi: priva di servosterzo, servofreno e dispositivi elettronici, necessita di un elevato impegno pilota, ma lo ripaga generosamente con un’esperienza di guida unica. La precisione della sterzata, la tenuta stradale, la potenza dei freni e l’intensità dell’accelerazione raggiunsero livelli allora ineguagliati per un’auto stradale”.