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Industria e Finanza

Walter de Silva
L'elogio della semplicità

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Alfa Romeo Nuvola Concept

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Alfa Romeo 156

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Alfa Romeo 156

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Alfa Romeo 147

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Alfa Romeo 147

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Alfa Romeo 166

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Alfa Romeo 166

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Seat Tango Concept

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Seat Tango Concept

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Seat Salsa Concept

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Seat Salsa Concept

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Seat Leon

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Seat Leon

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Seat Altea

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Seat Altea

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Seat Toledo

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Seat Toledo

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Audi Nuvolari quattro Concept

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Audi Nuvolari quattro Concept

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Audi A6

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Audi A6

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Audi Q7

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Audi Q7

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Audi A5

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Audi A5

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Lamborghini Miura Concept

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Lamborghini Miura Concept

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Volkswagen up!

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Volkswagen up!

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Volkswagen Golf

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Volkswagen Golf

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Volkswagen Passat

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Volkswagen Passat

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Walter de Silva

“Con tutte quelle linee – disse una volta de Silva parlando di un’auto della concorrenza – di macchine ce ne potrei fare almeno quattro”. Una frase che riassume bene il de Silva designer e il de Silva uomo. Pulito e lineare nel suo stile quanto schietto e tagliente nel linguaggio. I giri di parole non li ha mai amati, è sempre stato uno di quei lombardi concreti che dicono pane al pane. Così le sue auto: pochi tratti di matita per definire modelli che magari non ti fanno girare la testa subito, ma che hanno la straordinaria dote di non invecchiare mai.

Basta guardare la 156, l’Alfa che nel 1997 risollevò (purtroppo solo temporaneamente) i destini del Biscione. Una macchina attuale ancora oggi, moderna, incisiva nella sua semplicità. Con lo scudetto al centro della calandra che, dopo anni di oblio, ritornava protagonista. E con una colta citazione della Giulietta del 1955, la “fidanzata d’Italia”, della quale la 156 riprendeva la linea sulla fiancata. Un rimando sottile, ma estremamente eloquente per gli osservatori più attenti. Nessun cedimento al rétro, piuttosto il recupero filologico delle radici del marchio. Soltanto due volte de Silva si è arreso alla tentazione di replicare un’icona, con la Miura concept del 2006 e con la Beetle del 2011. Più riuscita la seconda della prima, secondo noi. Ma entrambe un po’ troppo condizionate dal modello originario.

Lo stilista italiano il meglio di sé lo ha sempre dato nelle auto originali. Come l’Audi A5, che prima del suo arrivo a Ingolstadt non esisteva. Lui stesso l’ha definita “l’auto più bella che ho disegnato”. Se lo sia o no, è questione d’opinioni. È un fatto invece che, come già l’Alfa 156, riprende motivi estetici della tradizione della casa tedesca - come i parafanghi bombati sia anteriori che posteriori a sottolineare la trazione integrale quattro, marchio di fabbrica Audi - ma li reinterpreta in modo così sottile e leggero da non farli mai apparire come una citazione didascalica, scolastica, pedante. È su queste cose, o anche su queste cose, che si misura la grandezza di un designer. La grandezza di de Silva la si misura anche sulla capacità di trattare come una superficie unica e ininterrotta la fiancata di quasi cinque metri della prima Q7, senza bisogno di motivi grafici che ne spezzino la continuità. O quella di giocare con le forme della up! (si racconta che sia stata disegnata in un viaggio aereo dagli Stati Uniti in tempo reale, mentre Winterkorn argomentava sull’opportunità o meno di fare una citycar di quelle dimensioni) con allusioni ai prodotti consumer più di moda.

Al Gruppo Volkswagen de Silva era approdato nel 1999, dopo un divorzio burrascoso dall’Alfa per divergenze con l’allora amministratore delegato della Fiat, Paolo Cantarella, sullo sviluppo dei futuri modelli del marchio milanese. L’opportunità di levare le tende gli venne offerta dalla Seat. De Silva se ne andò, lasciando un pezzo di cuore (o forse tutto) a Milano, a quell’Alfa il cui Centro Stile aveva guidato per dieci anni. E un po’ di Alfa la iniettò nella Seat, con le forme organiche, sinuose delle prime concept Tango e Salsa e la fanaleria posteriore della Ibiza che richiamava motivi estetici in voga dalle parti di Arese. Nel 2002 alla responsabilità del marchio spagnolo si aggiunse quella di Audi e Lamborghini. Il lavoro sui quattro anelli si concretizzò nel 2003 con la concept Nuvolari, la prima a esibire il single frame, cioè una calandra unica, alta e massiccia, che richiamava il frontale delle Auto Union degli anni Trenta.

Il single frame, migrato lo stesso anno sul frontale della A6, diventerà la firma stilistica delle Audi fino ai giorni nostri. Oggi è in fase di profonda revisione. Dopo 13 anni, all’Audi inizia ad andare un po’ stretto. Anche a de Silva la sua poltrona – che dal 2007 era quella di responsabile del design di tutto il Gruppo – cominciava a risultare scomoda. La riorganizzazione del gruppo in quattro divisioni molto più autonome, seguita allo scandalo del dieselgate, la svuota un po’ di funzioni e di senso. De Silva il decisionista non ha esitato, come già fece con l’Alfa, ad alzarsi e a prendere la porta. Chissà se avrà lasciato un pezzo di cuore a Wolfsburg?

Roberto Lo Vecchio