Quattroruote di aprile
Il buco nero delle multe
Soldi che servono a comprare le divise dei vigili, a sgombrare la neve e a pagare gli straordinari. Che vengono utilizzati per retribuire gli incentivi (a fare più multe?) e i premi di produttività. Per non parlare dell’Irap, l’imposta regionale sulle attività produttive, della previdenza integrativa degli agenti, delle bollette telefoniche e chi più ne ha più ne metta. È quanto emerge dall’inchiesta “Il buco nero delle multe”, pubblicata sul numero di aprile di Quattroruote, un viaggio nelle pieghe delle delibere di spesa dei proventi delle contravvenzioni di alcune importanti città italiane.
Solo in 18 ci hanno risposto. In realtà l’inchiesta ha coinvolto tutti i comuni capoluogo di provincia della Penisola. Ai quali la redazione di Quattroruote ha chiesto la relazione che tutti gli anni ogni amministrazione deve (dovrebbe) inviare ai ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture su come viene utilizzato il 50% dei proventi che la legge vincola a precise voci di spesa (segnaletica, attività di controllo, manutenzione stradale eccetera). Ebbene, solo 18 comuni su 110 hanno risposto alle nostre domande. Una buona metà ha replicato in maniera interlocutoria, il resto non ha dato alcun cenno di vita.
Più di 7.500 comuni inadempienti. Normale in un Paese in cui lo scorso anno appena 44 comuni capoluogo su 110 hanno inviato la relazione ai due ministeri, in cui complessivamente nel 2014 lo hanno fatto appena 438 enti locali (comuni e province) su 8.167, poco più di uno su venti. Insomma, l’opacità su come vengono spesi i soldi dei cittadini, anche quelli che dovrebbero essere utilizzati esclusivamente per la sicurezza stradale, è totale.
E il decreto attuativo è ancora bloccato. Anche perché, va ricordato, gli enti locali sono stati spalleggiati, in questa battaglia di retroguardia, dalla loro associazione, l’Anci, secondo cui la mancanza di norme sulle modalità di trasmissione dei dati farebbe automaticamente venire meno l’obbligo di farlo. Non è vero, ovviamente, però ogni pretesto è buono per voltarsi dall’altra parte, nascondere la testa sotto la sabbia, infischiarsene dei cittadini che chiedono trasparenza. Nel frattempo il decreto interministeriale che prima o poi dovrebbe spazzare il campo da qualsiasi alibi è ancora fermo, da un paio d’anni, alla conferenza stato-città. Chissà perché. Potete leggere l'inchiesta completa con numeri, norme e dettagli sul numero di aprile di Quattroruote.
Mario Rossi