Tre nuovi modelli nell’arco dei prossimi tre anni, con un’offensiva di prodotto che prima d’ora non s’era mai vista: le ambizioni della Dacia non smettono di crescere. E anzi, all’ombra del piano industriale Renaulution, hanno trovato terreno fertile per espandersi ulteriormente. Dando forza e consistenza a un marchio nato con il solo scopo di offrire un’alternativa a basso prezzo rispetto ai modelli della nave madre Renault, ma oggi – e ancor più in futuro – in grado di esprimere una personalità sempre più spiccata e indipendente.

Un modello senza predecessori. Il primo passo della Dacia nell’era Renaulution, in particolare, sarà di quelli cruciali, perché porterà la Casa rumena in un segmento finora totalmente inesplorato: quello delle Suv di taglia media, a cavallo tra i segmenti C e D. Dove imperversano, per capirci, autentici blockbuster, tipo Volkswagen Tiguan e simili.

Novità imminenti. A rendere raggiungibile questo obiettivo senza precedenti sarà un modello fortemente ispirato alla concept Bigster, che proprio alla presentazione del piano industriale Renaulution lo scorso gennaio aveva fatto la sua comparsa. Ebbene, da quel prototipo scaturirà un’autentica sorellona della Duster, che dovrebbe essere presentata in versione di serie fra un paio d'anni, verosimilmente.

Fedele alla filosofia Dacia. La Bigster il suo nome di battesimo se lo meriterà non solo per le dimensioni, ma soprattutto per le ambizioni, i contenuti e il potenziale in termini di redditività. Tratti che metterà insieme senza tuttavia tradire lo spirito che accomuna gli altri modelli del marchio: l’accessibilità dei listini e la semplicità della ricetta di base che ha reso la Dacia una risposta quasi scontata per un grosso pezzo di pubblico che bada al sodo. E che nell’auto vede prima di tutto la risposta a un bisogno di mobilità privata a prezzi ragionevoli.

Userà la piattaforma Cmf-B. Ora, delineata la silhouette di massima del veicolo, possiamo cambiare ottica e mettere a fuoco qualche dettaglio in più del progetto Bigster. Il primo da portare all’attenzione è l'architettura: la “Suvvona” della Dacia nascerà sulla piattaforma Cmf-B di Renault-Nissan, una sorta di tuttofare transcontinentale impiegata indistintamente sulle ultime serie di Clio e Captur, così come sulla Juke, e che è approdata alla corte del marchio rumeno (suggellandone il passaggio all’era delle architetture modulari) con la nuova Sandero, che ha fatto il suo debutto nel 2021.

Il passo? 2,7-2,8 metri. Ma è proprio con la Bigster che questa specie di elastico tecnologico verrà portato alle estreme conseguenze. Un po’ come la Mercedes GLB, dall’alto dei suoi 4,63 metri di lunghezza, rappresenta l’ultimo stadio della piattaforma a motore trasversale Mfa II, così la Suv dell’Est dimostrerà una volta in più tutta la flessibilità dell’architettura franco-nipponica (e lunga vita all’Alleanza, ci verrebbe da aggiungere): la lunghezza rifletterà quella della concept (dunque sarà in zona 4,60 metri) e il passo, secondo le nostre informazioni, si dovrebbe attestare dalle parti dei 2,75. Alla faccia della piattaforma per le utilitarie…

Partirà sotto quota 25 mila euro. La scelta di puntare sulla Cmf-B, del resto, è essenziale per garantire che la Bigster sia in grado di rispettare uno degli addentellati chiave della sua narrazione: quello, come dicevamo in apertura, di battere la concorrenza all’interno dei segmenti in cui opera, con un bell’undercut in termini di prezzo. Ci spieghiamo meglio: se il ramo francese dell’Alleanza le avesse riservato l’accesso alla piattaforma Cmf-C/D (quella di Nissan Qashqai e Renault Kadjar), più evoluta non solo da un punto di vista di soluzioni telaistiche e sospensive, ma anche di architettura elettronica e sistemi di assistenza alla guida, la Bigster non avrebbe potuto “fare la Dacia”. Cadendo prima di tutto in contraddizione con la missione del marchio e mancando di parecchio l’obiettivo fissato in termini di prezzo d’accesso alla gamma. Che pare sia stato fissato da Denis Le Vot, ad del nuovo raggruppamento Dacia-Lada, nella forbice dei 20-25 mila euro.

Sette posti? Più no che sì. Ma come si svilupperà la gamma a partire dal gradino d’ingresso? Da un punto di vista di possibili varianti di carrozzeria è ancora presto per dare certezze: per quanto la tipologia di veicolo si presti a una derivata “XL”, che del resto sarebbe anche in linea con lo spirito pragmatico e utilitaristico del marchio, non possiamo darne per scontato l’arrivo. Nell’offerta della Dacia, del resto, esiste già un modello a sette posti su tre file di sedili, la nuova monovolume Jogger: difficile immaginare sovrapposizioni di sorta, dunque.

Le unità termiche. Per quanto riguarda la gamma motori, invece, il quadro dovrebbe delinearsi come segue: l’offerta della Bigster potrebbe trovare l’entry level nell'1.0 tre cilindri turbobenzina, declinato nelle varianti standard da 90 CV e bifuel con alimentazione Gpl da 100. Un gradino più in alto troverà invece spazio l’1.3 quattro cilindri turbobenzina, frutto del progetto comune tra Renault-Nissan e Daimler e capace di 130 CV. Difficile dare certezze sulla presenza dell’1.5 dCi a gasolio: nessuno ha menzionato il diesel in associazione a questo modello, ma del resto è un’ipotesi che non è neanche stata esplicitamente esclusa.

Ci sarà anche l’ibrido (sì, ma quale?). La novità più interessante della formazione, però, sarà un’altra: fatto salvo l’episodio della piccola elettrica Spring, che è importata in Europa come Dacia, ma che nasce dalle attività cinesi della casa madre Renault, la Bigster avrà l’onore di inaugurare l’era dell’elettrificazione “nativa” per il marchio rumeno. E lo farà, verosimilmente, con il powertrain ibrido full della Renault Clio, basato su un 1.6 quattro cilindri aspirato e capace di esprimere una potenza di sistema di 140 CV. Esiste anche una seconda ipotesi: quella di adottare l’ibrido plug-in della Captur, basato sulla stessa unità termica e capace di erogare 160 CV. Ma è più costosa e proprio per questo, forse, più remota.

Porte probabilmente chiuse all’elettrico. Quello che, allo stato attuale delle cose, non è previsto, è che la Bigster accolga un’alternativa completamente elettrica dentro il cofano. Non dovrebbe essere lei, insomma, il secondo modello a zero emissioni dopo la Spring. E il perché è presto detto: «Abbiamo proposto una soluzione completamente elettrica con la Spring perché c’è sicuramente un trend in certi segmenti di mercato e perché eravamo in grado di far sì che costasse poco», ci aveva spiegato in una recente chiacchierata Julien Ferry, direttore del progetto Duster. «Ma su altri modelli è una tipologia propulsiva che agli occhi dei nostri clienti non offre ancora un buon rapporto “value for money”. E questo per noi rimarrà una caratteristica centrale dei futuri prodotti». State tranquilli: la Dacia continuerà a fare la Dacia.