Gruppo FCA - Tutti i piani industriali dell'era Marchionne
Si parte a luglio 2004. Marchionne, dopo un breve periodo da membro del Cda della Fiat, ne diventa amministratore delegato il 1° giugno 2004. Non è un car guy, un esperto di auto, ed è quasi sconosciuto al grande pubblico, ma ha l'esperienza giusta per le necessità della Fiat avendo ristrutturato multinazionali come la Sgs, società di certificazione controllata dalla famiglia Agnelli. Già un mese dopo presenta un piano per rimettere in carreggiata il gruppo e dopo pochi mesi sorprende tutti convincendo la General Motors a sborsare 2 miliardi di dollari per non rilevare il controllo della Fiat Auto Holding. Con queste risorse e altri capitali raccolti con le cessioni di asset non automobilistici, il manager può presentare il suo primo vero piano industriale, di durata triennale.
Primo piano nel 2005. La Fiat promette investimenti per 18 miliardi di euro, 10 dei quali per il settore auto, e il pieno utilizzo della forza lavoro italiana, nonché il lancio di 20 nuove vetture e il restyling di 23 modelli esistenti: la nuova 500, una Suv, una berlina media per la Lancia e un'ammiraglia per l'Alfa Romeo sono solo alcune delle carte che vuole giocare. A Mirafiori vengono destinate la Grande Punto, la Punto, le monovolume e le vetture alto di gamma; a Melfi la produzione principale della Grande Punto, a Cassino la Croma, la Stilo e una futura vettura media; a Pomigliano vengono confermate le Alfa 147, 159 (berlina e SW) e GT; a Termini Imerese la Lancia Ypsilon. Non tutte le promesse vengono rispettate, ma il Lingotto riesce a uscire dalla peggiore crisi della sua storia e Marchionne decide di aggiornare il piano ancora prima di completarlo.
Il secondo a fine 2006. Già nel novembre del 2006 viene presentato un nuovo programma per i successivi tre anni. Si prevedono investimenti per 16 miliardi e la produzione di 2,8 milioni di auto con 23 nuovi modelli e 23 restyling: tra queste, le Fiat Idea e Bravo. Nel 2008, però, scoppia la grande crisi scatenata dal crack della Lehman Brothers e il mondo dell'auto assiste al fallimento della GM e della Chrysler. Cambia tutto e la Fiat deve adeguarsi alla recessione globale.
Una nuova strategia nel 2009. L’azienda risponde nel gennaio del 2009 con l'alleanza proprio con la Chrysler, salvata da Washington. L'avventura americana parte con un piano industriale caratterizzato da forti sinergie con la nuova consociata americana ma di durata solo biennale, per il 2010 e il 2011. Al centro ci sono 8 miliardi di investimenti, la previsione di ridurre la capacità produttiva anche con la chiusura di stabilimenti come quello siciliano di Termini Imerese dal 2011, 17 nuovi modelli e 13 restyling, tra cui molti condivisi con il nuovo alleato Usa, come le Lancia Thema e Voyager e la Fiat Freemont.
Progetto Fabbrica Italia. Nel 2010 spunta un nuovo aggiornamento strategico, con una collaborazione sempre più forte con la Chrysler. L'obiettivo, illustrato nel Progetto Fabbrica Italia, è arrivare nel 2014 a produrre 6 milioni di veicoli, di cui 1,4 milioni negli stabilimenti del nostro Paese. Per il gruppo Fiat si prevede quasi il raddoppio delle vendite, da 2 a 3,8 milioni di auto, di cui 2,2 milioni per il brand omonimo. Si punta forte sull'Alfa Romeo con il lancio, tra l'altro, della nuova Giulia, della 4C e di una Suv per arrivare a vendere 500 mila vetture, ma anche sulla Lancia con le nuove Ypsilon, Flavia, Thema e Grand Voyager. Sul piatto vengono messi 20 miliardi d’investimenti per 34 nuovi modelli e 17 restyling. Il piano salta dopo poco meno di due anni a causa del crollo della domanda in tutta Europa, con il mercato italiano tornato ai livelli degli anni 70.
Nel 2012 un aggiornamento. Alla fine del 2012 arriva il momento di un nuovo piano, con la decisione di imboccare la strada verso le fasce alte del mercato. Prevede 38 modelli (17 nuovi) in arrivo entro il 2016, di cui 19 destinati a sostenere la sopravvivenza degli impianti italiani, un forte impegno su Alfa Romeo con otto modelli, su Maserati con sei, su Jeep con le prime produzioni europee, mentre la Lancia è destinata progressivamente a perdere importanza. Il gruppo prepara il lancio delle Fiat 500L e 500X, della Jeep Renegade e della tanto attesa Alfa Romeo Giulia.
A Detroit inizia una nuova storia. Tempo due anni e arriva un nuovo aggiornamento in virtù anche di un'accelerazione impressa all'iter di integrazione con Chrysler e della separazione delle attività non automobilistiche di Cnh Global e Fiat Industrial. Tra la fine del 2013 e l'inizio del 2014, soddisfatte le clausole dell'accordo di alleanza siglato con l'allora presidente Usa, Barack Obama, si procede con la fusione tra la Fiat e la Chrysler e la successiva nascita del nuovo gruppo Fiat Group Automobiles. Nel maggio del 2014, presso la sede della ormai ex Chrysler, ad Auburn Hills, Marchionne presenta il primo piano industriale della FCA. Per il quinquennio fino al 2018 si prevedono investimenti per 55 miliardi di euro, di cui 5 destinati all'Alfa Romeo per il lancio di otto modelli tra cui le attuali Giulia e Stelvio, e focus sulla Maserati con le berline Quattroporte e Ghibli e la Suv Levante e ancor di più sulla Jeep per arrivare a vendere 7 milioni di auto, a fronte dei 4,4 milioni dell'anno prima.
L'ultimo aggiornamento. Dopo due anni, Marchionne annuncia una revisione del piano per tener conto dell'ennesima operazione straordinaria, lo scorporo della Ferrari con la contestuale quotazione in Borsa. Nell'aggiornamento spiccano l'addio al target sulle vendite, con la sola eccezione della Jeep, sempre più al centro delle strategie di espansione globali, e il rinvio di due anni dei programmi di rilancio dell'Alfa Romeo.
Il 1° giugno Sergio Marchionne ha presentato il suo ultimo piano industriale da timoniere del gruppo FCA. L'era del manager è iniziata nel 2004, quando l'azienda ancora si chiamava Fiat ed era sull'orlo dell'abisso finanziario. Abbiamo ricostruito i 14 anni della sua gestione attraverso la sequenza dei business plan che ha presentato. Piani strategici più volte rivisti con aggiornamenti, revisioni, promesse disattese e obiettivi corretti anche in seguito alle dinamiche economiche globali che nel corso della sua amministrazione sono state tra le più complesse che l'industria automotive si sia trovata ad affrontare.