FCA-PSA
Perché questo matrimonio è meno complicato
A cinque mesi di distanza dalle fallite nozze con Renault, FCA ci riprova. Stesso scenario, la Francia. Ma nuovo partner, PSA. Del resto, di un possibile merger tra Fiat Chrysler e Peugeot Citroën si era vociferato ancor prima del tentativo con la Losanga, a dimostrazione che l’integrazione dal punto di vista industriale ci sta eccome. Il progetto FCA-Renault si è poi schiantato a causa dei problemi di governance legati all’alleanza con la Nissan, ma soprattutto delle impossibili condizioni imposte dal governo francese, azionista della Régie, che ha di fatto boicottato l’operazione con un atteggiamento ondivago giudicato presto inaccettabile da John Elkann. E allora, perché questo tentativo dovrebbe avere miglior sorte, dal momento che anche in questo caso c’è di mezzo Parigi che ha una partecipazione in PSA, più o meno analoga a quella che detiene in Renault? Ci sono almeno cinque buone ragioni che spingono le due Case verso l’altare.
1. La proposta di matrimonio viene da PSA e non da FCA, come nel caso di Renault. Un dettaglio affatto banale per lo sciovinismo dei francesi, che si pongono come “conquistatori”, pur a fronte di una fusione tra pari. In aggiunta pare improbabile che l’offerta di fusione non sia stata condivisa con l’Eliseo che è rappresentato nel cda del gruppo auto.
2. Nel capitale di PSA ci sono tre soci alla pari, ognuno con una quota del 14%: la famiglia Peugeot, lo Stato francese e i cinesi della Dongfeng. La presenza dei Peugeot rende più simile, al netto della presenza statale, la composizione azionaria delle due società. Inoltre, i rapporti tra i Peugeot e gli Agnelli-Elkann sono ottimi e consolidati da tempo: insomma, le due famiglie sono determinate a chiudere il deal.
3. La Dongfeng ha manifestato l’intenzione di cedere le quote e portare a casa una significativa plusvalenza. Mediante lo scambio azionario con FCA, PSA assorbirebbe in modo quasi indolore la perdita di un azionista rilevante che si appresta a riversare “carta”, alias azioni, sul mercato.
4. La governance sembra più semplice ed è di fatto già delineata con Elkann presidente e Carlos Tavares, l’ultimo dei big manager dell’auto ancora in sella dopo l’uscita di scena per vari motivi di Martin Winterkorn, Sergio Marchionne, Dieter Zetsche e Carlos Ghosn, nel ruolo di ceo. Nel merger Renault, infatti, se era chiaro il ruolo di Elkann come chairman, sarebbe diventato problematico individuare un capo azienda targato Francia dallo standing adatto a guidare un gruppo così articolato. Inoltre, il matrimonio FCA-PSA non deve fare i conti con una fidanzata come Nissan e con un’alleanza dai contorni molto complicati (PSA ha integrato Opel in modo classico e senza equilibrismi)
5. La logica industriale del merger è molto forte soprattutto per la ferma intenzione di Tavares di riportare il marchio Peugeot negli Stati Uniti dopo 28 anni di assenza; FCA, che ha una componente Usa sempre più imponente, è la sposa ideale. Dal canto suo, Fiat Chrysler acquisisce (come avrebbe fatto anche con Renault) il know-how, le piattaforme e l’esperienza di PSA sul fronte dell’elettrificazione.