Cerca

Industria e Finanza

Stellantis
Chiacchiera Italia

Redazione Online
1 / 2

Stellantis - Chiacchiera Italia

2 / 2

Stellantis - Chiacchiera Italia

Stellantis finisce sotto il fuoco dei politici italiani, sia di maggioranza che di opposizione. Le bordate sono arrivate prima da Carlo Calenda, segretario di Azione non nuovo a pesanti attacchi nei confronti del gruppo automobilistico, e poi dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Per quanto su posizioni politiche divergenti, i due hanno espresso un concetto condiviso: Stellantis sta abbandonando l'Italia e l'industria automobilistica nazionale. La risposta dell'azienda non s'è fatta attendere, con l'amministratore delegato Carlos Tavares che ha risposto a muso duro alla politica.

Gli strali del premier. Ieri sera, durante la trasmissione "Quarta Repubblica", Meloni è stata invitata a commentare un articolo di Repubblica, dal titolo "L'Italia in vendita", fortemente critico sul piano delle privatizzazioni del governo. "Bello tutto - ha replicato il presidente - , ma che questa accusa arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi, che hanno trasferito all’estero sede fiscale e legale, hanno messo in vendita sui siti immobiliari le sedi delle nostre storiche aziende italiane... Non so se il titolo fosse un’autobiografia, ma le lezioni di tutela dell'italianità da questi pulpiti anche no", ha aggiunto Meloni senza mai citare la famiglia Agnelli, maggiore azionista di Stellantis e proprietaria della testata romana.

Calenda: spostano gli investimenti in Marocco. L'attacco di Meloni è stato anticipato da quello, di analoga portata, di Calenda. Intervistato dal Messaggero, l'ex ministro ha parlato di Stellantis come di una "storia allucinante" e ha accusato il presidente John Elkann di non aver mantenuto la promessa su impianti e occupazione in Italia: "Come abbiamo visto con la brutta fine della fabbrica Magneti Marelli a Crevalcore, queste assicurazioni non valgono nulla. Ma questo non è che il principio. La morale è l'irresponsabilità di un capitalismo che usa l'Italia a proprio piacimento". Inoltre, Calenda ha parlato di desertificazione delle fabbrica italiane, a partire da Mirafiori, e di un gruppo che sta privilegiando i suoi siti francesi rispetto a quelli italiani. "Di italiano la ex Fiat non ha più nulla. L'Italia è diventata per loro un mercato qualunque e chiedono ai governi soldi e incentivi, per mantenere quel minimo di presenza a cui sono arrivati", ha continuato il segretario di Azione, affermando poi di essere "in possesso di una lettera che Stellantis ha inviato ai fornitori italiani, decantando le opportunità di spostare gli investimenti in Marocco. Oltre alla lettera, hanno inviato un depliant del governo marocchino che esalta le facilitazioni per l'industria dell'automotive in quel Paese. La fuga dall'Italia continua sempre di più".

La lettera incriminata. A pubblicare la missiva è stato Il Foglio, secondo cui il gruppo ha invitato i fornitori italiani a una due giorni d’incontri a Rabat tenutasi a novembre. Stellantis ha presentato le sue attività in Marocco, anche tramite una visita dell'impianto di Kenitra, e organizzato degli abboccamenti tra i partecipanti e suoi dirigenti. Inoltre, la lettera sarebbe corredata di una brochure del governo locale in cui vengono illustrati i fondamentali dell'economia marocchina, il peso dell'industria automobilistica con il relativo contributo di Renault e Stellantis e le agevolazioni a sostegno delle aziende interessate a investire nel paese nordafricano. In sostanza, per la testata Stellantis avrebbe invitato i suoi fornitori italiani a trasferirsi in Marocco per approfittare dei costi bassi e beneficiare di eventuali commesse. 

Tavares: rispettate i nostri dipendenti italiani. Come detto, l'azienda ha replicato agli attacchi per il tramite del suo amministratore delegato Carlos Tavares, in visita nella fabbrica abruzzese di Atessa, dove è partita la produzione della nuova generazione di furgoni di grandi dimensioni (Fiat Ducato, Peugeot Boxer, Citroën Jumper, Opel/Vauxhall Movano e Toyota Proace Max). "Abbiamo più di 40 mila dipendenti in Italia che lavorano molto duramente per adattare l'azienda alla nuova realtà decisa dai politici. Questa realtà sta mettendo le nostre aziende in una posizione che richiede una trasformazione profonda e rapida. La prima cosa che chiedo è avere rispetto. Non credo che i dipendenti italiani abbiano apprezzato questi commenti, non penso che sia corretto nei loro confronti", ha detto il top manager, escludendo conseguenze per il Tavolo Stellantis: "Il dialogo con il governo italiano andrà avanti, non c'è nessuna demagogia. Il dialogo è permanente, le discussioni sono continue. Siamo desiderosi di proteggere i nostri stabilimenti italiani".

Atessa, Melfi e Mirafiori. Tavares ha quindi confermato l'impegno nel campo dei veicoli commerciali leggeri e in particolare nel sito di Atessa ("continuerà a svolgere un ruolo centrale nel nostro piano strategico, il suo futuro è radioso", anche se servono infrastutture migliori e un costo dell'energia più basso) e ha commentato le indiscrezioni sullo stop a uno dei modelli destinati alla non lontana fabbrica lucana: "Il futuro di Melfi non è a rischio, a prescindere dai prodotti che faremo". Quanto a Mirafiori, il manager è stato abbastanza caustico. "Ringrazio il governo per gli incentivi in vigore da oggi. Ma il confronto è durato nove mesi e gli incentivi per l'elettrico servono per Mirafiori dove si produce la 500. Il risultato è che abbiamo perso quote di mercato e produzione. L'Italia è fra i Paesi che investono meno nell'elettrico: abbiamo la capacità per produrre 1 milione di auto all'anno in Italia, ma abbiamo bisogno degli incentivi per i Bev", ha aggiunto, esprimendo infine ottimismo sulla capacità di affrontare il nuovo produttore che il governo intende portare in Italia: "Se il governo vuole portare un altro produttore siamo pronti a lottare, ma bisogna pensare anche alle conseguenze di questa lotta. Noi vogliamo proteggere gli stabilimenti italiani, siamo pronti a competere. I nostri dipendenti sono pronti a lottare, poi vedremo se sarà stata una scelta buona, una decisione positiva per l'Italia. Se la competizione sarà molto dura bisognerà guardare alle conseguenze".