Mercato
I nuovi incentivi (bocciati), l'invasione della Cina, l'Europa: a Trento i nodi del futuro
Negli ultimi giorni sono tornati alla ribalta gli incentivi alla rottamazione. Qualcuno potrebbe pensare a una filiera pronta a stappare bottiglie di champagne, ma non è così: le nuove agevolazioni stanno già alimentando i primi timori, come emerso dal convegno "Incrocio pericoloso: il mercato auto tra crisi, scelte e rilancio" che si è tenuto al Festival dell'Economia di Trento. Secondo il direttore generale dell'Unrae, Andrea Cardinali, il nuovo provvedimento è infatti "un coniglio uscito dal cilindro all'improvviso, perché proprio l'anno scorso il ministero delle Imprese aveva decretato l'inutilità dei bonus nell'ottica della promozione del Made in Italy. Quando si tratta di incentivi, non si dovrebbe mai parlare: il governo dovrebbe agire di notte, altrimenti la gente o scappa o aspetta. E ho paura che adesso l'effetto sarà proprio quello dell'attesa".
Le proposte e le alternative. Negativo anche il giudizio di Massimo Artusi, presidente di Federauto, secondo il quale per il mercato italiano non servono gli incentivi, ma una "visione di lungo termine". Soprattutto, bisognerebbe evitare di "non tartassare un settore: mi riferisco all'intervento sui fringe benefit, oppure ai disincentivi all'uso dell'auto", ha detto il manager. Eppure, l'auto è nella maggior parte dei casi è un mezzo che gli italiani sono costretti a usare per spostarsi". Artusi ha citato anche il recente intervento sulle accise, così come il trattamento fiscale sfavorevole rispetto ad altri Paesi europei. Di sicuro, per Federauto "si dovrebbe smettere con le politiche dei bonus, perché gli incentivi non risolvono i problemi alla radice. Suggeriamo, invece, di prendere queste risorse per investirle nel lungo termine, partendo da un diverso trattamento fiscale dell'auto che consenta di allineare l'Italia agli altri Paesi".
I cinesi hanno deciso di invaderci. Il convegno è servito anche per affrontare temi di natura industriale. Per esempio, la nostro direttore Gian Luca Pellegrini è stato chiesto un parere sulle aggressive strategie dei cinesi. "Abbiamo alzato le barriere contro il nemico sbagliato", è stata la risposta. "Ci siamo concentrati sull'elettrico alzando i dazi, ma i cinesi sono furbi, veloci, scaltri, hanno capito che l'elettrico non supera il 15% e hanno messo mirino l'altro 85% del mercato, che noi europei abbiamo deciso di abbandonare. I cinesi stanno arrivando a una velocità impressionante. Al contrario di giapponesi e coreani, stanno ricevendo un forte sostegno dal loro governo: BYD ha ricevuto oltre 4 miliardi di dollari. Il tema è che i cinesi hanno deciso di invaderci", ha proseguito Pellegrini, che ha poi ampliato il discorso sulla mobilità elettrica, evidenziando diverse problematiche: dagli incentivi ("Non è sostenibile un business che si basa sul sostegno pubblico") ai costi di gestione ("In Italia ricaricare un'elettrica alle colonnine pubbliche costa come fare il pieno a una Porsche 911"), fino ai listini elevati. Sul fronte dei costi alla colonnina, Cardinali ha anche sollevato un ulteriore problema: "La ricarica costa non solo per l'energia, ma anche per l'assenza di concorrenza. Nel mondo delle colonnine, la concorrenza è ancora da inventare: il 62% sta in mano a due operatori di Stato (Eni ed Enel, ndr)".
Elettrico, Europa e parco circolante. La questione dell'elettrico è, ovviamente, legata alle politiche dell'Unione europea. Fabrizia Vigo, responsabile relazioni istituzionali dell'Anfia, è stata interpellata sul Piano d'Azione della Commissione: "Si è aperto un dialogo importante con l'industria dell'auto", ha detto Vigo, "ma l'approccio più pragmatico chiesto dalla filiera pare inascoltato: è stato imposto ai costruttori un diktat senza tener conto della necessità di costruire un'ecosistema e della domanda dei consumatori. Oggi i dati ci dicono che ci sono problemi di infrastutture, costi, accessibilità. Inoltre, l'approccio della regolamentazione sulla filiera industriale ha mostrato tutti i suoi limiti. Al momento, l'auspicio è che si possa mantenere il target della decarbonizzazione, aggiustando però il tiro". A tal proposito, Artusi ha messo all'indice il metodo di calcolo delle emissioni "imposto dalla Commissione e limitato al tubo di scarico", ribadendo che "deve essere il mercato a scegliere come arrivare alla metà: decarbonizzare è un obiettivo condivisibile, un principio corretto, ma non significa solo elettrificare. Bisogna usare tutte le tecnologie disponibili, a maggior ragione se l'energia proviene sempre di più dai carburanti fossili. Attenzione a non fare un autogol". Del resto, non è solo l'Europa la causa dell'attuale situazione. Pellegrini ha ancora una volta evidenziato come all'interno del settore "siano state sbagliate le previsioni, sottovalutate le implicazioni industriali, sopravvalutate le stime di mercato: la Commissione ha perseguito uno scoppio oggettivamente macchiato di ideologia e l'industria ha sbagliato le previsioni". Infine, il direttore di Quattroruote è tornato sulla situazione del nostro mercato, sottolineando come il "vero fenomeno sia l'usato: questo significa che la gente non ha i soldi per comprare". Ancora più preoccupante è che metà dei passaggi riguardino auto di 10 anni: "Vuol dire che il consumatore italiano dà via macchine vecchissime per auto vecchie", ha concluso Pellegrini. "Questo è il tema: dobbiamo affrontare prima questo problema, altrimenti non raggiungeremo gli obiettivi di decarbonizzazione".