Tecnica
Ibride plug-in: tutto quello che c'è da sapere per essere sul pezzo
I modelli ibridi plug-in popolano sempre di più i listini delle Case. Il motivo è semplice: grazie alla doppia motorizzazione termica ed elettrica e alla batteria ricaricabile con la spina consentono di percorrere qualche decina di chilometri a corrente. Ciò si traduce in un basso livello di emissioni omologate di anidride carbonica, che consente di bilanciare quello delle vetture tradizionali e abbassare la media su cui, in caso di superamento dei limiti imposti dall'Unione europea, i costruttori devono pagare pesanti sanzioni.
Non è tutto oro ciò che luccica. Alle basse emissioni corrisponde anche un ridotto consumo omologato di benzina (o più raramente di gasolio), dell’ordine di 1-2 litri/100 km. Valori irraggiungibili dalle auto normali e tali da far gola a molti, disposti a sobbarcarsi l’extracosto delle plug-in nella prospettiva di risparmiare parecchio dal benzinaio. Si rischia però di restare delusi: il consumo nell’uso quotidiano può risultare ben più alto, soprattutto nei lunghi viaggi in autostrada.
Questione di omologazione. Ciò dipende dal fatto che l’omologazione delle ibride ricaricabili comprende diverse prove. Il primo test, secondo la procedura Wltp, si svolge con la batteria carica e viene condotto fino a quando questa non si scarica. In ciascun ciclo l’apporto del motore termico aumenta e vengono misurate le emissioni di CO2 (e quindi il consumo). Il test viene quindi ripetuto con l’accumulatore completamente scarico e il solo motore a combustione in funzione. Tutto ciò consente di rilevare anche l’autonomia in modalità elettrica, che è determinante ai fini del consumo espresso in litri/100 km. Se, per esempio, una vettura è in grado di percorrere 50 km a batteria e ha un consumo da scarica di 5 litri/100 km, il dato omologato sarà di 2,5 l/100 km, perché si calcola che i primi 50 vengano fatti a batteria e i successivi a benzina.
Quando convengono. Di fatto, la convenienza delle ibride plug-in dipende da come vengono utilizzate. Se i percorsi quotidiani sono all’interno dell’autonomia elettrica e si ricarica la batteria tutte le notti si avranno i minori costi di esercizio. Viceversa, nei lunghi viaggi in autostrada, l’apporto dell’elettrico si diluisce e la spesa per il carburante sarà simile a quella di una vettura convenzionale di pari caratteristiche, anche perché nella marcia a velocità pressoché costante l’effetto della rigenerazione dell’energia in decelerazione è assai ridotto.
I costi delle ricariche. A ciò va aggiunto il costo dell’energia elettrica: se si dispone di un garage collegato al contatore domestico la si può pagare anche meno di 20 centesimi al chilowattora, mentre in caso di allacciamento dedicato all’auto il contratto di fornitura è meno vantaggioso e può addirittura capitare di spendere più che alle colonnine di ricarica pubbliche, con un sensibile incremento dei costi per 100 km, il parametro da noi scelto per rappresentare la spesa viva per il combustibile o l’energia elettrica.