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Alfa Romeo
I trentacinque anni della 33 - FOTO GALLERY

Alessandro Mirra
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Alfa Romeo - I trentacinque anni della 33 - FOTO GALLERY

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Nuovo stile. Al debutto nell’estate di 35 anni fa, l’Alfa 33 inaugura il nuovo corso stilistico del Biscione, che segna l’abbandono di linee tese e spigolose. La linea della vettura porta la firma di Ermanno Cressoni, già padre della Giulietta del 1977 e di quello che sarà il suo profondo restyling, la 75. Senza dimenticare alcune Fiat degli anni 90, come la Cinquecento e la coppia Bravo/Brava.

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Due volumi e ½. Lo stile a "mezza coda" ricorda altre vetture dell’epoca come la Volvo 340 e la Ford Escort, con una sua personalità: il raccordo tra l’abitacolo e la coda e l’inclinazione del lunotto la rendono moderna e originale, accentuando la reale compattezza della vettura. Prevalgono le linee convesse.

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Compatta. Nella sua prima generazione, l’auto è lunga 4,015 m, larga 1,612 e alta 1,340. La sua linea compatta e slanciata è ulteriormente "abbassata" dalla fascia nera laterale, come quella della 1.5 Quadrifoglio Oro del primo nostro test dell’Alfa 33, messa alla frusta sul numero di agosto 1983.

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Barocca. Se esternamente la linea appare riuscita, nella prova su strada l'aspetto della plancia, elaborata con numerosi ripiani portaoggetti, è descritto come "un po’ barocco a causa del motivo ricorrente costituto da incavature rotonde od ovali".

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Spaziosa. Nulla da dire quanto all'abitabilità: rispetto alle dimensioni esterne, piuttosto simili a quelle dell’Alfasud che sostituisce, lo spazio per i passeggeri è abbondante. In questa foto e in quella precedente, l’abitacolo della 1.5 Quadrifoglio Oro.

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La meccanica. Lo schema (qui uno spaccato della 1.5 Q.O. del 1983) è molto simile a quello dell’Alfasud, con talune peculiarità, come lo spostamento dei freni in posizione centrale, accanto alle ruote. Quelli posteriori sono a tamburo: una soluzione già vista sull’Alfasud Sprint, ma non sulle altre versioni della progenitrice, dotate di quattro freni a disco.

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Il boxer. Quello a cilindri contrapposti è il motore più caratteristico di questa vettura, che subirà diverse evoluzioni. Si parte da 1.3 litri (1.2 su alcuni mercati), per arrivare a 1.5 e anche a 1.7. L’alimentazione è inizialmente a carburatori, ma in seguito verrà introdotta l’iniezione elettronica.

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Integrale. Quasi da subito, la 33 è disponibile anche in versione 4x4. In pratica, si tratta di una 1.5 Quadrifoglio Oro con un ponte posteriore collegato al cambio tramite un albero di trasmissione in due parti. La trazione integrale si inserisce manualmente con una leva accanto al cambio.

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Familiare. Lo schema a quattro ruote motrici viene sviluppato dalla Pininfarina, allaquale si deve anche il design della versione station wagon, battezzata Alfa 33Giardinetta, anch’essa disponibile anche a trazione integrale, come la versioneimmortalata nella copertina di agosto del 1984. Rispetto alla berlina, è piùlunga di 12 cm, con un terzo finestrino laterale.

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Capiente. Sono inoltre nuovi su questa vettura il paraurti posteriore, i parafanghi e i montanti posteriori, il pianale e il tetto, che termina con un piccolo spoiler. La capacità del bagagliaio va 350 a 1000 litri.

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La versione sportiva. Nel 1986, debutta la 1.7 Quadrifoglio Verde: il motore ha una potenza di 114 CV a 5800 giri e raggiunge una velocità massima di 200 km/h.

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Aggiornamenti. Il 1986, del resto, è un anno di importanti novità per la 33, sottoposta a un aggiornamento di gamma, che coinvolge soprattutto gli interni, ridisegnati, e le denominazioni: il nome della vettura, infatti, perde la parola "Alfa" e da allora diventa semplicemente "33", mentre "Giardinetta" viene sostituito con "Sportwagon".

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In anticipo sui tempi. La 33 Sportwagon costituisce la base di tre vetture laboratorio che in quello stesso periodo l’Alfa Romeo, ormai in orbita Fiat, adopera per sviluppare un powertrain ibrido, che purtroppo non avrà un seguito produttivo.

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Il powertrain. Il solito boxer è affiancato da un motore elettrico asincrono trifase da 16 CV della Ansaldo di Genova. Il CEM (Controllo Elettronico Motore), già visto sull’Alfetta, gestisce in modo integrato iniezione e accensione, rendendo più efficiente il propulsore endotermico.

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Ristilizzata. La vettura si prepara all’ultimo periodo di produzione con un nuovo vestito, pur mantenendo la linea delle origini. Il boxer della 1.7, alla quale è dedicata la copertina di febbraio del 1990, è ora a quattro valvole per cilindro, ed eroga una potenza di 133 CV.

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Ispirata al circuito di Imola. Per mantenere alte le vendite, che al termine della commercializzazione (1995) si attesteranno sul milione di unità, la dotazione si fa più ricca. Inoltre arrivano alcune versioni speciali, come la IE Imola e la Imola 3, rispettivamente a sinistra e a destra nella foto.

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Restyling familiare. Cambia anche la 33 Sportwagon, in linea con la berlina. Rispetto a quest’ultima, tuttavia, la zona posteriore rimane ben più fedele alla generazione precedente.

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Integrale evoluta. Nel 1991, viene introdotta la versione Permanent 4, dotata appunto di trazione integrale permanente, grazie all’applicazione di un giunto viscoso all’albero di trasmissione.

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Distacco rapido. Sulla Permanent 4, comunque, viene mantenuto il giunto elettromagnetico delle precedenti 4x4 per consentire, quando necessario, il distacco rapido della trazione posteriore e l’inserimento dell’Abs.

1983, un anno di importanti novità per l’auto italiana. Della Panda 4x4 e della Fiat Uno abbiamo già parlato. Oggi è il turno dell’Alfa Romeo 33, di cui vi raccontiamo la storia e altre curiosità nella nostra galleria di immagini.

Figlia dell’IRI. Lunga poco più di quattro metri (4,015, la berlina di prima generazione) e prodotta a Pomigliano d’Arco, è stata una delle ultime vetture del Biscione presentate sotto l’egida dell’IRI (Istituto per la ricostruzione industriale). Ma anche la prima a inaugurare il nuovo corso stilistico della Casa, poi impostosi sui modelli successivi, con linee non più tese e meno spigolose dei modelli precedenti. Quest’ultime portavano la firma del geniale Ermanno Cressoni, all’epoca chief designer del marchio, peraltro padre della Giulietta del 1977, nonché della 75, suo “profondo” restyling, che sarebbe arrivata sul mercato un paio d’anni dopo la 33, nel 1985.   

Dopo la Sud. L’auto della nostra rassegna nasceva con uno schema meccanico molto simile a quello della ben collaudata Alfasud, che sostituiva: in particolare, riprendeva dal primo modello nato a Pomigliano il motore a cilindri contrapposti, la trazione anteriore, le sospensioni MacPherson davanti e assale rigido dietro. Ma la geometria delle sospensioni anteriori prevedeva un nuovo montante, con taratura di molle e ammortizzatori più rigida e una diversa progressione. I freni – in posizione centrale sulla progenitrice – trovavano una collocazione più convenzionale, accanto alle ruote.

Anche station e ibrida. La semplicità tecnica della vettura, con motore longitudinale e cambio in linea, poteva prestarsi a innumerevoli varianti. Del resto, quasi fin da subito la vettura venne lanciata sul mercato anche con la trazione integrale. Inizialmente disponibile con carrozzeria berlina, la 33 4x4 era in pratica una 1.5 Quadrifoglio Oro dotata di un ponte posteriore collegato al cambio tramite un albero di trasmissione in due parti. Lo schema a trazione integrale, sviluppato dalla Pininfarina, venne replicato anche sulla familiare, la 33 Giardinetta (poi Sportwagon), anch’essa ideata dall’Atelier torinese. Quando il Biscione era ormai in orbita Fiat, questa station venne utilizzata dai tecnici di Arese come laboratorio per lo sviluppo di un sistema ibrido, ben 35 anni prima che Marchionne annunciasse l’esordio di tale tecnologia sui (futuri) modelli Alfa Romeo…