Cybercrime
L'attacco alla Volvo e il caso Renault
Il settore automobilistico è nel pieno di una rivoluzione tecnologica ad alto rischio. Tra le peggiori minacce ci sono gli attacchi informatici, ancor più pericolosi ora che i costruttori stanno riversando crescenti risorse e attenzioni su nuove soluzioni per l'elettrificazione e la digitalizzazione. L'ultimo caso, di fatto ascrivibile al moderno spionaggio industriale, riguarda la Volvo.
Attacco a Göteborg. La Casa svedese ha diffuso un "avviso di violazione della sicurezza informatica da parte di terzi" dopo aver riscontrato un accesso illegale a uno dei suoi archivi digitali e il furto di una "quantità limitata di proprietà intellettuali nel campo della ricerca e sviluppo". L'attacco, comunque, non ha avuto conseguenze sulla sicurezza delle auto o sui dati personali, ma è l'ultimo esempio di quanto gravi possano diventare gli hackeraggi soprattutto per chi, come la Volvo, ha deciso di accelerare le strategie per la mobilità elettrica e abbandonare le endotermiche.
Un settore sotto minaccia. La questione diventa ancor più importante considerando gli sforzi intrapresi dal settore sul fronte della digitalizzazione e ancor di più della connettività. Già oggi, il cybercrime rappresenta una seria minaccia per le auto del futuro, sempre più dipendenti da sistemi informatici e sempre più simili a computer e smartphone, e, di conseguenza, sempre più vulnerabili a intrusioni di hacker e malintenzionati. Negli ultimi mesi sono stati riscontrati vari casi di attività illegali che hanno portato dei pirati informatici a prendere il controllo di veicoli Tesla o Mercedes. Il rischio non riguarda solo il veicolo in sé, ma anche l'intera azienda, perché attraverso le infrastrutture di connessione, l'intrusore potrebbe arrivare fino al cuore delle attività manifatturiere.
Il caso Renault. Emblematico l'esempio della Honda, costretta l'anno scorso a fermare i suoi stabilimenti in Europa e Giappone a causa di un ransomware (un virus legato a un riscatto). In ogni caso, lo spionaggio industriale e il furto di brevetti hanno più volte funestato il settore auto. La Tesla ha accusato la Rivian di violazione di segreti aziendali ed è stata a sua volta oggetto di analoghe accuse da parte della Nikola, mentre per anni Uber e Google si sono scontrate nel campo dei brevetti per la guida autonoma. Tuttavia, il caso forse più famoso ha coinvolto, tra il 2010 e il 2011, la Renault, all'epoca guidata da Carlos Ghosn e tra le prime Case a investire massicce risorse sulla mobilità elettrica. Alla fine la spy story si concluse con un nulla di fatto: in sostanza, le indagini della magistratura stabilirono l'insusisténza di qualsiasi reato addebitato a tre dirigenti (tra l'altro, la vendita di informazioni segrete a fantomatiche controparti cinesi), tra cui l'allora direttore generale Patrick Pelata e, al contrario, l'esistenza di un caso montato ad arte. Insomma, si sarebbe trattato di una semplice truffa, in grado, però, di alzare l'attenzione sull'importanza di proteggere segreti industriali sempre più vitali.