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Lamborghini Aventador S
In pista con la più "Lambo" di tutte - VIDEO

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L’invito per andare a provare la Lamborghini Aventador S parlava chiaro: “Dare your ego”, come dire, “mettiti alla prova”. E in effetti, per una volta, non c'è esagerazione. Perché la più estrema, sanguigna, spietata delle creatura di Sant'Agata fa proprio questo. E attenzione: ho detto che ti mette alla prova, non in difficoltà. Con una S che è lì per ricordare che qui tutto si è spostato più in alto: prestazioni, limiti, emozioni.

Sterzano tutte. Il merito, in questo senso, è anche di un’altra novità, non meno importante: le quattro ruote sterzanti. È la prima volta che si vedono su una Lamborghini, per lo meno tra i modelli di serie, ché il vero debutto di questa soluzione tecnica, in realtà, è stato sulla folle e irripetibile Centenario, la quale però era un oggetto a tiratura limitata: 40 esemplari chiusi, 40 aperti e stop. Qui invece sono appunto di serie e sono esattamente ciò che serve per rendere meno distanti due universi apparentemente inconciliabili come l'agilità e la stabilità: a bassa velocità le ruote posteriori si muovono in controfase rispetto a quelle davanti e l’auto diventa più agile, perché, in maniera istantanea e magica, è come se il passo diventasse più corto. Alle alte velocità, invece, si muovono nella stessa direzione di quelle anteriori e accade l'esatto opposto: il passo si allunga virtualmente e la stabilità ringrazia. Risultato pratico: l’effetto stabilizzante delle ruote sterzanti permette di trasferire cavalleria al retrotreno con ancora meno riguardo del solito, strappando la Aventador a quei retropensieri non troppo edificanti che si è soliti legare alla trazione.

40... oltre ai soliti 700. Riconoscere i nuovi arrivati in mezzo a quella selva di cavalli che già c'era è faccenda ardua se non impossibile. Dire che hanno modificato il volto di questo motore significherebbe mentire spudoratamente, perché il dodici cilindri spingeva da paura prima e spinge da paura adesso. Più che altro, si sono guadagnati altri 200 giri e ora il limitatore è a quota 8.500. Vette inarrivabili dove possono spingersi solo gli aspirati. Quei pochi che sono rimasti, ahimè. Anche quando cominci ad andare forte davvero, lei continua a essere sincera, schietta: una cosa dice e una cosa fa. Ma questo non vuol dire in automatico che sia anche facile, perché basta già la velocità nelle reazioni che richiede al pilota per non renderla alla portata di tutti. Ogni cavallo si porta a spasso poco più di due chili di peso e, in modalità Sport, ben il 90% della coppia va al retrotreno. Come dire che sarà pure integrale, ma all’atto pratico la guidi come una sana trazione posteriore. Non aveva mai buttato dietro così tanto, la Aventador. Se ora può farlo è anche merito delle ruote dietro sterzanti, che, come dicevo prima, rendono le reazioni meno improvvise e violente. Vera violenza, invece è quella del cambio. Ha un’unica frizione e, per essere veloce come un dual clutch, non può stare troppo a badare alla delicatezza. Non è una questione di confort, ovviamente. È che, in certi momenti, questo dettaglio diventa fastidioso anche per la guida. Ma è proprio in quegli istanti che le emozioni arrivano una via l’altra. Ti ritrovi a fare braccio di ferro con lei, a pregare di non aver ecceduto con l'autostima. E a volte, più volte anzi, hai il sospetto di aver esagerato, perché la Lambo sembra volerti davvero travolgere. In realtà, ti sta solo mostrando la sua natura più intima. L’Aventador non ha la finezza di una Huracán, incarna piuttosto quella schietta brutalità che aveva spinto Ferruccio Lamborghini a scegliere il toro come simbolo per le sue creature. Per domarla serve forza, determinazione, polso fermo. Lei è così. E, soprattutto, non vuole essere nulla di diverso.

Da Valencia, Alessio Viola