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Alpine
Al volante della A110 Première Edition

Carlo Di Giusto
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"Caro Babbo Natale, quest’anno sotto l’albero vorrei trovare un’Alpine A110: sono stato molto bravo e me la merito"... Scherzi a parte, anche volendo, se ne riparla a fine 2018, perché le prime 1.955 macchine, le Première Edition sarebbero, sono andate nei primi cinque giorni di prevendita. Così, a scatola chiusa, senza neanche sentire il parere di chi l’ha guidata. Tipo noi. Ci sono bastati quanti? Tre, forse quattro chilometri per innamorarcene. Certo, quelli della mia età che l’Alpine l’hanno avuta da piccoli (scala 1:24, della Polistil, blu Francia), sono in qualche modo “predisposti” e oggi, al cospetto della nuova A110 è un po’ come tornare bambini. In effetti, il divertimento è quello, è cambiata solo la dimensione del giocattolo. Ora, a scanso di equivoci, non ho nessuna intenzione di definire “giocattolo” quest’Alpine A110: anzi, è una macchina maledettamente seria, da prendere sul serio e progettata seriamente, con la competenza di chi le auto sportive le sa fare. Lo capisci alla prima curva, al primo angolo di sterzo, al primo tocco sul pedale del freno. E se non fosse chiaro abbastanza, alla prima volta che affondi il pedale del gas.

Lo sterzo è precisissimo, rapido, sensibile: infila il muso della macchina con chirurgica accuratezza, consentendo al guidatore di seguire la traiettoria impostata con tolleranze bassissime. Anche gli altri comandi sono dello stesso tenore: il pedale del freno ha una modulabilità eccellente e sembra dosare la forza frenante un bar alla volta. Ce lo mostra l’apposito indicatore sul cruscotto digitale, che offre una panoramica completa sulle attività in background dell’A110: percentuale di apertura della farfalla, pressione di sovralimentazione, finanche coppia e potenza istantanea. Oltre a giri e velocità, entrambi valori che salgono in un crescendo entusiasmante, assecondati da una trasmissione puntuale, istantanea e raccordata, quasi senza interruzioni di coppia motrice.

L’Alpine non è un’auto estrema, non lo è neppure in un ipotetico, possibile, utilizzo quotidiano: le sospensioni a doppio triangolo, coadiuvate da un corpo vettura leggero (1.103 kg) assorbono bene le asperità e, guidandola sulle strade sconnesse del sud della Francia, si ha la netta percezione di stare su un’automobile compatta e tutt’altro che rigida. Di sicuro, questa è una macchina curata, anche nell’abitacolo, che non è per niente angusto (a differenza della sua antenata storica), impreziosito dai bellissimi e comodi sedili Sabelt. Il confort, anche acustico, è di alto livello, pure a velocità autostradali.

Magari si dovrà imparare a ridurre le dimensioni del proprio bagaglio, ma i sacrifici finiscono qui, anche se i vani sono due, uno davanti e uno, più piccolo, dietro. Piuttosto, in modalità Sport, s’apprezza il sound del quattro cilindri di derivazione Espace: il motore è potente, vivacissimo, cattivo al punto giusto e accoppiato a una trasmissione che snocciola le marce, sette, come un rosario, con una velocità che non diresti. Magie del fine tuning. Tanto che ci siamo dimenticati di approfondire il tema dell’impianto Hi-Fi firmato Focal. Andrà sicuramente bene anche quello, possiamo fidarci.