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Auto elettriche
Il Made in Italy "alla spina" secondo Stellantis

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Auto elettriche - Il Made in Italy "alla spina" secondo Stellantis

Tanto inchiostro è stato versato sul ritardo dell’allora gruppo FCA in tema di elettrico. Un ritardo tale da far pronosticare alle Cassandre di turno la messa fuori gioco del costruttore italo-americano nella gara verso l’automobile “pulita”. Poi, con la nascita del gruppo Stellantis, i marchi italiani più la Jeep (lasciamo da parte quelli che si vendono soltanto Oltreoceano) si sono trovati improvvisamente di nuovo in corsa, grazie alla disponibilità di almeno un pianale già predisposto sin dall’inizio per la trazione elettrica.

L’importanza della e-Cmp. Stiamo parlando della variante a batteria dell’architettura Cmp, battezzata senza troppi slanci di fantasia e-Cmp, che ha dato già origine alle Peugeot e-208 ed e-2008, alla DS3 E-Tense e alle Opel Corsa-e e Mokka-e. Su quella stessa piattaforma nel 2023 nasceranno tre crossover compatte con i marchi Alfa, Fiat e Jeep (le ultime due sono destinate a sostituire 500X e Renegade), che verranno assemblate nell’impianto polacco di Tychy e costituiranno i primi prodotti figli delle sinergie con l’ex gruppo PSA. Sembra già molto, rispetto al punto da cui si partiva. Il punto di partenza, infatti, erano al massimo alcuni studi per adeguare alla propulsione puramente elettrica il pianale Compact Wide (quello della Compass, per intenderci). Studi che, quando si è profilato all’orizzonte l’accordo con i francesi, per ovvie ragioni sono stati abbandonati. Ora, peraltro, le cose hanno preso un’ulteriore e improvvisa accelerazione, che fa apparire quasi obsolete le prospettive legate alla Common Modular Platform.

Nuove piattaforme in arrivo. A luglio, infatti, il costruttore euro-americano ha annunciato quattro nuove piattaforme, tutte elettriche native (ossia progettate fin dal principio per la sola propulsione elettrica). Un passo oltre la e-Cmp, che nasce invece come pianale multienergia, cioè progettato per supportare sia motorizzazioni a combustione interna (benzina e diesel), sia powertrain a batteria. Questi inediti pianali sono concepiti per coprire l’intero spettro della produzione del gruppo Stellantis: dalle citycar alle ammiraglie, fino ai grandi truck americani a marchio Ram. Questi ultimi avranno un pianale dedicato, l’unico a non avere la scocca portante, bensì il telaio separato (non per nulla la piattaforma si chiama Frame). Le altre tre sono denominate semplicemente Small, Medium e Large. La prima, con pacchi batteria che andranno da 37 a 82 kWh e percorrenze fino 500 km, prenderà il posto proprio della e-Cmp, supportando veicoli fino a 4 metri e 25 centimetri di lunghezza. Insomma, le eventuali eredi del terzetto Alfa-Fiat-Jeep che abbiamo menzionato sopra – ovviamente siamo proiettati nel 2030 – nasceranno come modelli “electric-only” su questa piattaforma.

Il futuro delle fabbriche italiane. Assai prima vedremo dei prodotti basati sulla seconda architettura a batteria, la Medium, sulla quale verranno costruite vetture lunghe fino a 5 metri: per il 2024, infatti, sono a calendario quattro nuove Ev, che prenderanno vita nella fabbrica di Melfi. Da quelle linee oggi escono le Fiat 500X e le Jeep Renegade, le cui eredi tuttavia - lo abbiamo detto prima - nasceranno in Polonia (le versioni endotermiche sfrutteranno il pianale Cmp, mentre quelle a batteria saranno basate sulla variante e-Cmp). Dunque l’impianto lucano si avvia a una totale ristrutturazione per diventare uno stabilimento interamente dedicato all’assemblaggio di modelli elettrici. Quali saranno queste vetture è presto per dirlo, per ora si sa soltanto che rappresenteranno ciascuna un marchio. Tempo tre anni, poi, e il marchio Abarth metterà a listino modelli esclusivamente a batteria. Il 2023 e il 2024, insomma, saranno due anni piuttosto cruciali nel cammino dei marchi ex-FCA verso il full electric. Sono date da segnare sul calendario. E già che ci siete, segnatevi pure, un po’ genericamente, la seconda metà del decennio, quando in Italia inizieremo a produrre “in casa” pure le batterie: l’impianto di Termoli, infatti, sarà trasformato in una gigafactory. Che nemesi storica per uno stabilimento di motori.