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Jaguar
Abbiamo guidato la Suv elettrica della Casa inglese

Alessio Viola
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I-Pace, una terza Suv Jaguar. Che con le altre due, però, c’entra molto poco. Qui la lettera iniziale del nome ha una valenza particolare, peculiare, per certi versi unica. E in qualche modo accostabile a quella “i” che, dalle parti di Cupertino, ha trasformato lo smartphone da oggetto per nerd a realtà così totalizzante che probabilmente è proprio ciò che state utilizzando per leggere queste righe. Non è questione di dimensioni, posizionamento e dotazioni. Stavolta le differenze con le sorelle sono a dir poco dirompenti e portano appunto a un salto totale: la I-Pace è una Suv elettrica. Non ibrida, non elettrificata: full electric. Sì, come una Tesla, perché, quando parli di auto a elettroni, c'è poco da fare: il riferimento a Elon Musk e alle sue creature prima o poi arriva. Qui c’è lo stesso desiderio di unire istanze green e tutto quello che serve per intrigare chi sta al volante. Una performance Suv, come la definiscono a Gaydon.

Elettroni liberaspazio. La linea è sexy, persino provocante. Molti tratti la fanno somigliare a una concept, a partire dallo schema con cabina avanzata, figlio innanzitutto della natura full electric della I-Pace. Il cofano lungo è un fil rouge che unisce le Jaguar attraverso i millenni, ma qui avrebbe avuto poco senso, visto che il motore, inteso classicamente, non c'è. Dettaglio rilevante non solo dal punto di vista della guida, perché l'assenza di bielle, pistoni e tutto ciò che siamo abituati a immaginare in un cofano ha permesso di liberare spazio per passeggeri e bagagli: davanti si sta proprio bene e anche chi siede dietro non ha problemi né davanti alle gambe né sopra la testa. Pure i bagagli viaggiano con agio: la Jaguar dichiara una capienza di addirittura 656 litri. Magari saranno un po' ottimistici, come capita con i numeri dichiarati dalle Case, ma lo spazio, in ogni caso, non manca. Al di là delle misure, a bordo si respira un'aria hi-tech temperata con quel modo di essere che è irrinunciabile quando al centro del volante c’è un giaguaro. Non si arriva al minimalismo di una Tesla, ma va bene così, ché sembrare imitatori non va mai bene. Tantomeno quando alle spalle hai una tradizione che va reinterpretata, non ignorata. E allora sì a due schermi sulla console, ma con l'aggiunta di un paio di manopole fisiche, uno schema inaugurato dalla Range Rover Velar.

Giocosa e divertente. Secondo i dati di omologazione, con un pieno di elettroni la I-Pace è in grado di percorrere 480 chilometri. Un punto di partenza interessante, tanto più che è ottenuto secondo i moderni standard Wltp, decisamente più veritieri rispetto ai precedenti Nedc. Per un pieno all'80%, la Casa dichiara 40 minuti con una colonnina da 100 kW, che salgono a poco più di un'ora e venti nel caso di una 50 kW. A casa, invece, con una wallbox da 7 kW, si sale a una decina di ore (e a 12 ore e 36 minuti per una carica completa). La dinamica di guida è coinvolgente. La prontezza dello sterzo e un assetto ben frenato rendono la I-Pace divertente ed efficace, con qualche limite soltanto sotto il profilo del confort, soprattutto quando è dotata di cerchi da 22 pollici. Considerazioni positive che rimangono vere anche nel momento in cui si comincia a guidare con un certo impegno, perché è soltanto quando si comincia a giocare con i limiti che la I-Pace fatica a nascondere la sua massa. Niente di grave, ma è comunque qualcosa con cui, a quel punto, bisogna fare i conti.

Due in uno. Alla Jaguar hanno scelto la soluzione che ormai va per la maggiore e l’hanno battezzato single pedal driving: come dire che si fa tutto o quasi con il solo acceleratore. Quando lo si rilascia, infatti, la I-Pace non si limita a rallentare: a quel punto, infatti, la rigenerazione è talmente evidente da diventare una vera e propria frenata. È spettabile su due livelli e, se si guida in maniera minimamente accorta e previdente, finisce che il pedale del freno non lo si usa mai. Qualcosa che, di recente, è stato adottato anche dalla seconda generazione della Nissan Leaf, ma che già si era visto sulle Tesla e sulla BMW i. Ed è proprio qui, tra Silicon Valley e Baviera, che bisogna cercare somiglianze, punti di contatto e affinità. Inutile fermarsi troppo sulla singola caratteristica, cercare analogie e paragoni troppo stringenti sulla tenuta di strada, sulla stabilità o sulle qualità dello sterzo. Ciò che conta è il feeling generale e il fatto che la I-Pace si impegna a dimostrare che i confini tra il vecchio e il nuovo, tra pistoni ed elettroni, tra tradizione e innovazione sono molto più sottili di quanto si è portati a immaginare. A tratti sembrano quasi proteiformi, e questa è la dimostrazione più bella è incontrovertibile che l'unico vero steccato, invalicabile, è tra automobili divertenti e automobili noiose.