Lamborghini
Camber attivo: abbiamo provato il futuro del Toro - VIDEO
Pur facendo mente locale, non mi sovviene nessun’altra innovazione che, in tempi recenti, abbia avuto una tale influenza sulla dinamica di marcia di una vettura. Ci si avvicinano il torque vectoring, oppure le ruote posteriori sterzanti. Ma quello che si è inventato il reparto R&D della Lamborghini, così a caldo dopo aver provato un prototipo a Nardò, mi pare una roba dal potenziale davvero straordinario.
Facciamo un passo indietro: avete confidenza con i termini campanatura e convergenza? Sono certo di sì, se ne parla come minimo dal gommista durante il cambio stagionale. Sono quelle impercettibili variazioni degli angoli di inclinazione e rotazione della ruota sul suo asse verticale, che determinano l’ottimale appoggio del pneumatico sull’asfalto. E di solito, si tratta di valori di compromesso per far sì che la gomma lavori al meglio sia sul dritto sia fra le curve. Parlo di compromesso perché, in un mondo perfetto, il pneumatico sarebbe in grado di offrire sempre il massimo dell’aderenza soltanto in determinate condizioni: per esempio, se lavorasse a camber neutro durante la marcia longitudinale, cioè perfettamente perpendicolare al suolo per favorire accelerazioni e frenate con la massima impronta a terra; mentre in curva, quando le forze laterali deformano la carcassa, dovrebbe avere un camber negativo, con la ruota inclinata verso l’interno per recuperare parte della superficie d’appoggio. Tuttavia, questo non è possibile e oggi, comunque vengano gestiti gli angoli e al netto dei vari sistemi passivi di recupero del camber, in una situazione o nell’altra il battistrada difficilmente esprime l’intero potenziale del suo grip meccanico, con il risultato della classica coperta corta.
Ecco allora che a Sant’Agata Bolognese hanno tirato fuori dal cilindro un oggetto che promette di risolvere la questione, una sorta di Uovo di Colombo applicato allo chassis: battezzato Active Wheel Carrier, si tratta di un inedito mozzo ruota posteriore attivo formato da due cilindri non coassiali che, attraverso la loro rotazione, possono variare l’inclinazione e la rotazione dell’intero gruppo ruota. Per dare due numeri, il sistema è capace di modificare il camber da +2° a -5° e la convergenza fino a 6,6°, e questo su ognuna delle due ruote posteriori in maniera indipendente, in tempo reale e rapidamente. Il sistema è azionato da un motorino elettrico a 48 volt con batteria dedicata, ma in futuro potrà sfruttare l’impianto di alta tensione a 400 volt delle Phev e Bev. Sviluppato all’80% al simulatore, il Lamborghini Awc deve ancora passare la fase di fine tuning, in vista dell’applicazione sui modelli della futura gamma (entro 12/18 mesi si potrebbe già vedere una prima applicazione), ma ciò che ho avuto modo di provare con le mie mani rappresenta già un concretissimo esempio delle sue potenzialità.
Mi trovo quindi al Nardò Techical Center di fronte a una vecchia conoscenza (vecchia non è offensivo, d’altronde sta per essere pensionata): una Huracán Evo a due ruote motrici che, al di là di una livrea dedicata, non lascia trasparire nulla di diverso dal solito. Piazzale dinamico, centinaia di metri d’asfalto perfettamente piatto a perdita d’occhio, per iniziare a testare la vettura con qualche cambio di corsia ad alta velocità ed evitamenti in curva, con l’Esp rigorosamente off per non avere nessuna interferenza elettronica; puro lavoro di telaio e basta. Parto con il sistema disattivato, quindi una Huracán in configurazione standard che, per la cronaca, viaggia con -1° di camber statico davanti e -1,5° dietro. Bruschi evitamenti a 80 km/h, poi a 100 e 120 orari, la vettura diventa sempre più impegnativa e la concentrazione è elevata per tentare di contrastare l’inevitabile tendenza del retrotreno a sovrasterzare durante gli importanti trasferimenti di carico, con le mani che operano con attenzione sul volante per imprimere il giusto angolo di sterzo e non un pizzico di più.
Un passaggio ai box e gli ingegneri accendono il sistema, attraverso uno di quei pulsanti artigianali di cui ne sono zeppi i muletti da test. Devo fare le stesse manovre, cercando di ripeterle allo stesso identico modo per non alterare la prova. Qui però non si tratta di tirar fuori una sensibilità fuori dalla norma come quando si deve valutare un set di ammortizzatori dalla taratura leggermente diversa; la differenza di comportamento della Huracán appare subito così macroscopica che pare di guidare due vetture che non sono parenti nemmeno alla lontana: ora il retrotreno è granitico, ha un appoggio talmente solido che puoi permetterti di fare le stesse cose usando il volante con meno grazia e attenzione di prima, fiducioso di non finire in testacoda. Questa inedita stabilità del retrotreno crea, di contro, un maggior sottosterzo, quello però che infonde sicurezza e non infastidisce. In futuro, si potrà ovviare a questo adottando magari pneumatici anteriori più larghi, visto che sarebbe controproducente in termini di peso e complessità utilizzare il medesimo sistema anche sull’asse anteriore.
Mi sposto sull’handling, oltre 6 km lungo cui si alternano tratti molto tecnici, curve veloci e pieghe velocissime, quelle dove la confidenza con la vettura conta più di ogni altra cosa. Già alla prima a sinistra, con un ingresso da circa 250 km/h, l’effetto del sistema è devastante e il primo recettore del mio corpo a percepirlo sono… i glutei: belli stretti con il sistema disattivato, molto più rilassati al secondo giro, quando le ruote posteriori lavorano in modo da esprimere il massimo grip laterale. Anche qui, insomma, grande confidenza, perché se prima la sensazione era quella di poggiare su una lama di coltello, con l’Awc in funzione sembra di essere su una vettura con elevatissima deportanza aerodinamica, anche perché va ricordato che il sistema è indipendente sulle due ruote posteriori, le quali si trovano a lavorare una l’opposto dell’altra: quella interna con camber positivo, quella esterna in negativo. Nel misto, poi, ci guadagna la precisione e di conseguenza sale anche la prestazione: secondo i test svolti su varie piste dall’R&D di Sant’Agata, qui a Nardò si guadagnano 2,5 secondi al giro, a Imola ne prendi 2,2 e sulla Nordschleife circa 5; dei delta tempo notevolissimi basati sulla guida di un pilota professionista, ma la forbice può salire nel caso di guidatori con meno esperienza, proprio per l’enorme fiducia aggiuntiva che regala questo sistema.
Le cui potenzialità sono ancora tutte da scoprire e quello che ho avuto modo di provare è soltanto la punta dell’iceberg. Una libertà d’azione tale per i pneumatici apre infatti il campo a futuri scenari che possono esulare dal solo concetto di stabilità provato oggi. Sarà possibile far lavorare il sistema con una filosofia fun to drive, per driftare come mai prima, e paradossalmente anche in funzione della sostenibilità, basti pensare al consumo pneumatici molto più uniforme (visto con i miei occhi le posteriori smontate, da non crederci) oppure per contrastare la resistenza all’avanzamento. E tutto questo, anche nell’ottica di una futura vettura elettrica, è un buon presagio. Perché da una Lamborghini Ev aspettarsi soltanto pure prestazioni rettilinee sarebbe quasi una delusione; mentre un handling fuori dal comune, darebbe effettivamente senso a una Lambo con la spina.