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Mini
L’inglesina rinata sotto le mani della BMW nel 2001 è stata un grande successo e sul mercato dell’usato si possono trovare occasioni molto interessanti, adatte anche ai neopatentati. La prima serie è stata prodotta fino al 2007, con un leggero restyling nel 2004, anno in cui all’1.6 benzina da 90 CV (115 per la versione Cooper), si affianca la One D, con un turbodiesel 1.4 da 75 CV di origine Toyota. La seconda generazione si allunga un pochino (da 363 a 370 cm) per via dei nuovi paraurti in regola con le norme sui crash test dei pedoni, che costringono a un restyling di tutto il frontale. Cambiano anche i motori, grazie a nuovi accordi con PSA e Ford. Sulla One arriva l’1.4 Valvetronic da 95 CV, mentre la D ha un 1.6 da 109 CV. La terza serie è quella attuale, arrivata nel 2014 e dunque ben presente anche sul mercato di seconda mano. Ancora più lunga (382 cm), privilegia il confort rispetto al feeling di guida, che era stato il biglietto da visita delle prime Mini, non solo quelle più sportive. Debuttano i tre cilindri e arriva anche la cinque porte, più adatta alle famiglie con bambini. I prezzi sono estremamente vari: si parte da circa 3.000 euro per le più “anziane”, ma comunque ben tenute e sotto i 100.000 km di percorrenza , per salire con le più “fresche” e in particolare con le versioni particolari, fino ad arrivare alle John Cooper Works. Molto ricercate le versioni cabrio e la Clubman della prima serie.
MINI CABRIO
Quando si parla di Mini Cabrio occorre fare prima di tutto un passo indietro nella storia del modello. Questo appellativo è stato infatti utilizzato una prima volta nel 1993 per quella generazione di Mini prodotta ancora dal Gruppo Rover e che raccoglieva l’eredità dell’originaria auto progettata da Alec Issigonis. Sviluppata sulla base della versione Cooper dell’epoca, aveva una linea un po’ appesantita da vistose appendici aerodinamiche. La sua diffusione tra gli annunci è tuttavia minima. La maggior parte delle inserzioni riguarda infatti le Mini Cabrio costruite dopo l’ingresso del marchio nell’orbita BMW. Di questa vettura si sono avvicendate in listino tre generazioni, che hanno seguito l’evoluzione della sorella due volumi. Nel corso del tempo la Mini Cabrio è cresciuta nelle dimensioni e si è fatta più ricca e raffinata, con un equipaggiamento più completo e tecnologico. Il salto più grande è stato compiuto nel passaggio dalla seconda alla terza serie. Nell’occasione l’auto ha messo su 10 cm in lunghezza, per un totale di 382 cm, e 4,4 cm in larghezza. La variazione ha garantito un incremento dello spazio interno per i quattro occupanti e del volume del bagagliaio, che comunque rimane abbastanza piccolo. A fare da denominatore comune a tutte le Mini Cabrio c’è una classica capote in tela. Tra le sue peculiarità c’è la funzione tetto scorrevole, che permette di scoprire solo i posti anteriori.
I MOTORI
Nella sua lunga storia, la Mini Cabrio è stata proposta con un vasto assortimento di motorizzazioni, sia a benzina sia a gasolio. Parlando delle prime, si va da tranquille unità aspirate, riservate di norma agli allestimenti One e Cooper, ad altre turbo più performanti, destinate alle Cooper S. Meritano invece una citazione a parte gli allestimenti JCW, o John Cooper Works che dir si voglia, dotati di kit di elaborazione specifici, che fanno emergere l’anima sportiva del modello. Le Mini Cabrio turbodiesel sono arrivate solo in un secondo tempo. Hanno però incontrato un discreto successo prima di uscire definitivamente di scena, tanto che non sono poi così rare di seconda mano. Tra loro, gli esemplari più recenti montano un tre cilindri 1.5 o un quattro cilindri 2.0, con cambio manuale oppure automatico. Alcuni motori hanno anche il cambio a doppia frizione Dct a sette marce. Tutte le Mini Cabrio di ogni epoca sono a trazione anteriore.
PRO E CONTRO
Uno tra i pregi principali della Mini Cabrio è il confort di marcia, con una notevole silenziosità finché si resta nei limiti autostradali e una buona capacità di assorbire le asperità della strada. Proprio la comodità rende questa scoperta adatta anche un impiego quotidiano in qualsiasi stagione e su ogni genere di percorso. La taratura turistica dell’assetto va tuttavia un po’ a scapito del tipico go-kart feeling Mini. Il pilota siede sempre piuttosto in basso, vicino al suolo, ma avverte un rollio più elevato del solito. Ciò non inficia comunque la sicurezza di marcia, con i controlli elettronici che tengono a bada ogni reazione. Anche lo sterzo appare un po’ sottotono e nella guida sportiva non dispiacerebbe avere una maggiore sensibilità. Promosso infine l'impianto frenante, che garantisce spazi d'arresto contenuti in ogni condizione.
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MINI CABRIO
Quando si parla di Mini Cabrio occorre fare prima di tutto un passo indietro nella storia del modello. Questo appellativo è stato infatti utilizzato una prima volta nel 1993 per quella generazione di Mini prodotta ancora dal Gruppo Rover e che raccoglieva l’eredità dell’originaria auto progettata da Alec Issigonis. Sviluppata sulla base della versione Cooper dell’epoca, aveva una linea un po’ appesantita da vistose appendici aerodinamiche. La sua diffusione tra gli annunci è tuttavia minima. La maggior parte delle inserzioni riguarda infatti le Mini Cabrio costruite dopo l’ingresso del marchio nell’orbita BMW. Di questa vettura si sono avvicendate in listino tre generazioni, che hanno seguito l’evoluzione della sorella due volumi. Nel corso del tempo la Mini Cabrio è cresciuta nelle dimensioni e si è fatta più ricca e raffinata, con un equipaggiamento più completo e tecnologico. Il salto più grande è stato compiuto nel passaggio dalla seconda alla terza serie. Nell’occasione l’auto ha messo su 10 cm in lunghezza, per un totale di 382 cm, e 4,4 cm in larghezza. La variazione ha garantito un incremento dello spazio interno per i quattro occupanti e del volume del bagagliaio, che comunque rimane abbastanza piccolo. A fare da denominatore comune a tutte le Mini Cabrio c’è una classica capote in tela. Tra le sue peculiarità c’è la funzione tetto scorrevole, che permette di scoprire solo i posti anteriori.
I MOTORI
Nella sua lunga storia, la Mini Cabrio è stata proposta con un vasto assortimento di motorizzazioni, sia a benzina sia a gasolio. Parlando delle prime, si va da tranquille unità aspirate, riservate di norma agli allestimenti One e Cooper, ad altre turbo più performanti, destinate alle Cooper S. Meritano invece una citazione a parte gli allestimenti JCW, o John Cooper Works che dir si voglia, dotati di kit di elaborazione specifici, che fanno emergere l’anima sportiva del modello. Le Mini Cabrio turbodiesel sono arrivate solo in un secondo tempo. Hanno però incontrato un discreto successo prima di uscire definitivamente di scena, tanto che non sono poi così rare di seconda mano. Tra loro, gli esemplari più recenti montano un tre cilindri 1.5 o un quattro cilindri 2.0, con cambio manuale oppure automatico. Alcuni motori hanno anche il cambio a doppia frizione Dct a sette marce. Tutte le Mini Cabrio di ogni epoca sono a trazione anteriore.
PRO E CONTRO
Uno tra i pregi principali della Mini Cabrio è il confort di marcia, con una notevole silenziosità finché si resta nei limiti autostradali e una buona capacità di assorbire le asperità della strada. Proprio la comodità rende questa scoperta adatta anche un impiego quotidiano in qualsiasi stagione e su ogni genere di percorso. La taratura turistica dell’assetto va tuttavia un po’ a scapito del tipico go-kart feeling Mini. Il pilota siede sempre piuttosto in basso, vicino al suolo, ma avverte un rollio più elevato del solito. Ciò non inficia comunque la sicurezza di marcia, con i controlli elettronici che tengono a bada ogni reazione. Anche lo sterzo appare un po’ sottotono e nella guida sportiva non dispiacerebbe avere una maggiore sensibilità. Promosso infine l'impianto frenante, che garantisce spazi d'arresto contenuti in ogni condizione.
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